Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 26/06/2004, n. 11935
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La cessazione dell'attività lavorativa costituisce - al pari del requisito anagrafico e di quello contributivo - un presupposto necessario per l'insorgenza del diritto alla pensione di anzianità e non un mero requisito di erogabilità della prestazione, sicché soltanto dal momento di tale cessazione è configurabile un diritto (potestativo e imprescrittibile) al pensionamento, la cui attuazione - dopo tale momento - è soggetta al solo assolvimento dell'onere di presentazione della relativa domanda; ne consegue che, con riguardo alla disciplina introdotta dalla legge n. 335 del 1995, le fattispecie nelle quali tale cessazione si sia verificata dopo il 17 agosto 1995 (data di entrata in vigore della legge) sono assoggettate alla nuova normativa e non a quella previgente, anche se più favorevole all'assicurato.
L'art. 3, comma diciannovesimo, della legge n. 335 del 1995, nell'estendere ai regimi originariamente esonerativi (poi trasformati in integrativi, ai sensi del decreto legislativo 20 novembre 1990 n. 357) le norme restrittive in materia pensionistica, relative all'assicurazione generale obbligatoria, e, in particolare, nell'escludere la maturazione anticipata del diritto alla pensione, fa tuttavia salve le disposizioni diverse e più favorevoli della contrattazione collettiva, ma tale salvezza si riferisce soltanto ai contratti collettivi successivi alla data di entrata in vigore della stessa legge n. 335 del 1995, tenuto conto che il legislatore, una volta soppressi i regimi previdenziali esclusivi o esonerativi dell'a.g.o. e trasformati i medesimi in regimi integrativi, intese, in definitiva, stabilizzare il rapporto fra spesa previdenziale e prodotto interno lordo attraverso il ricorso al principio di solidarietà (v. sentenza della Corte costituzionale n. 393 del 2000), e quindi di armonizzazione dei trattamenti, di cui all'art. 38 Cost., attribuendo alle parti sociali la facoltà di derogare alla regolamentazione unica e di ripristinare i regimi di miglior favore solo in esito alla riconsiderazione del predetto rapporto di contabilità pubblica. (Nella specie, in base a tale principio la S.C. ha escluso ogni effetto derogatorio alle norme pattizie contenute nello statuto del fondo pensioni per il personale della Cassa di risparmio di Torino del 1994).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S S - Presidente -
Dott. DE R A - Consigliere -
Dott. T S - Consigliere -
Dott. A G - Consigliere -
Dott. M U - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
G GIAN FELICE, elettivamente domiciliato in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, difeso dall'avvocato E M G, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
FONDO PENSIONI PER IL PERSONALE DELLA CASSA DI RO DI TORINO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA P.LE CLODIO 32, presso lo studio dell'avvocato L C, difeso dall'avvocato P T, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 546/01 della Corte d'Appello di TORINO, depositata il 22/06/01 - R.G.N. 1247/2000;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 23/01/04 dal Consigliere Dott. U M;
udito l'Avvocato GZI;
udito l'Avvocato CBATTINI per T;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE E A che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Torino, riformando la decisione di primo grado, ha respinto la domanda di G Gian Felice intesa al riconoscimento del diritto a percepire dal Fondo pensioni per il personale della Cassa di Risparmio di Torino, al quale il lavoratore era stato iscritto per ventitrè anni e dieci mesi sino alle sue dimissioni in data 24 marzo 1997, la pensione di anzianità ai sensi dell'art. 13, n. 5, dello Statuto di tale Fondo del 26 maggio 1994.
I giudici di appello hanno rilevato che: il G, pur avendo maturato i requisiti per il pensionamento di anzianità, secondo la disciplina del predetto Fondo, in epoca anteriore a quella dell'entrata in vigore della legge 8 agosto 1995 n. 335, aveva tuttavia presentato la relativa domanda in epoca successiva a quest'ultima data, sicché - dovendo trovare applicazione la disciplina dettata dalla predetta legge in materia di requisiti di accesso e di decorrenza dei trattamenti pensionistici - il suo diritto alla pensione era escluso, in base alla specifica previsione dell'art. 3, comma 19, di tale legge, che aveva affermato il divieto di trattamenti pensionistici anticipati a carico dei Fondi "ex esonerativi" (divieto poi ribadito dall'art. 59 della legge n. 449 del 1997);
doveva anche escludersi, ai sensi dell'art. 1, commi 23 e
32, della medesima legge, qualsiasi "salvezza" delle previgenti disposizioni, mentre nessuna efficacia derogatoria poteva riconoscersi nella specie all'accordo collettivo intervenuto in data 27 maggio 1997, poiché esso - a prescindere dalla sua applicabilità in modo retroattivo - non configurava un recupero integrale della precedente disciplina statutaria, prevedendo per l'accesso alla pensione anticipata il possesso di almeno trenta anni di contribuzione al Fondo.
Per la cassazione di tale sentenza il G ricorre deducendo sette motivi di impugnazione, cui il Fondo intimato resiste con controricorso.
Le parti hanno presentato memorie illustrative ex art. 378 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo di ricorso denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 11 delle preleggi nonché vizi di motivazione. Si sostiene che nel caso in esame doveva prescindersi dalla disciplina dettata dalla legge n. 335 del 1995, dovendo trovare esclusiva applicazione le disposizioni dello Statuto del Fondo del 1994, del quale l'accordo collettivo del 27 maggio 1997 e l'art. 51 del successivo statuto del 1998 avevano sancito il "ripristino";
d'altra parte, anche il legislatore era intervenuto a ribadire la salvaguardia dei diritti acquisiti, prevedendo - all'art. 59, comma 54, della legge n. 449 del 1997 - che ai lavoratori cessati dal
servizio prima del 3 novembre 1997 doveva attribuirsi il diritto a pensione anticipata di anzianità secondo la normativa previgente. Si lamenta, altresì, che la soluzione adottata dalla Corte territoriale sia in contrasto con altre decisioni emesse dagli stessi giudici d'appello in controversie di identico contenuto.
Il secondo motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 3, n. 1 lettera n), della legge di delega 23 ottobre 1992 n. 421. Si deduce che tale disposizione - venuta meno solo con l'entrata in vigore dell'art. 59 della legge n. 449 del 1997 - prevede il principio della conservazione del diritto al pensionamento per coloro che hanno maturato l'anzianità contributiva prevista nei singoli ordinamenti, con la conseguenza che il G, avendo già maturato il diritto al pensionamento anticipato in base alle disposizioni dello Statuto del Fondo, non poteva più essere pregiudicato dalle sopravvenute disposizioni della legge n. 335 del 1995 vigenti al momento della cessazione del servizio.
Il terzo motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 503. Si deduce che tale
disposizione, in attuazione della delega contenuta nella legge n. 421 del 1992, fa salve le norme previste dai rispettivi ordinamenti per i
soggetti che alla data del 31 dicembre 1992 hanno maturato i requisiti contributivi prescritti per la pensione anticipata di anzianità a carico delle forme sostitutive ed esclusive del regime generale, con ciò confermandosi il diritto del ricorrente a vedersi applicata la disciplina statutaria del 1994.
Il quarto motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 1, comma 23, della legge n. 335 del 1995. Si sostiene che tale
disposizione garantisce la conservazione del diritto al pensionamento per coloro che alla data di entrata in vigore della stessa legge - cioè al 17 agosto 1995 -abbiano maturato i requisiti contributivi previsti dall'ordinamento previdenziale di appartenenza e si lamenta che tale disposizione non sia stata adeguatamente valorizzata dalla Corte territoriale, che non ne avrebbe colto la autonoma operatività rispetto alla disciplina dettata dai successivi commi. Il quinto motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 1, comma 25, della legge n. 335 del 1995. Si lamenta con esso che la
Corte territoriale abbia ritenuto immediatamente applicabile la nuova disciplina ai lavoratori iscritti ai fondi "ex esonerativi" e si sostiene che, invece, i nuovi requisiti di accesso alla pensione debbano entrare in vigore "a regime" solo dopo l'esaurimento della fase transitoria.
Il sesto motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 3, comma 19, della legge n. 335 del 1995. Si sostiene che tale
disposizione abbia esteso ai regimi aziendali integrativi "ex esonerativi" la disciplina di "sanatoria" di cui al precedente comma 23, lamentandosi che i giudici d'appello abbiano invece escluso tale estensione finendo per ritenere inapplicabile ai lavoratori provenienti da tali regimi anche la disciplina transitoria;
e si rileva come la persistenza di trattamenti pensionistici anticipati sia dimostrata dalla successiva sospensione di tali trattamenti per effetto del decreto legge 3 novembre 1997 n. 375. Il settimo motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 59, comma 54, della legge n. 447 del 1997. Si rileva come tale
disposizione abbia previsto esplicitamente la sospensione dal 3 novembre 1997 all'1 gennaio 1998 dei