Cass. pen., sez. V trib., sentenza 24/03/2022, n. 10669

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V trib., sentenza 24/03/2022, n. 10669
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 10669
Data del deposito : 24 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MOLINARO EZIO nato a SAN DANIELE DEL FRIULI il 14/05/1972 avverso la sentenza del 24/02/2020 della CORTE APPELLO di TRIESTEvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere G R A M;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore T E, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
lette le note conclusive a firma del difensore del ricorrente, avvocato D B, che ha insistito nell'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 24 febbraio 2020 la Corte di appello di Trieste ha, per quanto ancora qui rileva, confermato l'affermazione di responsabilità di E M per il reato di diffamazione aggravata, per aver offeso la reputazione di R C, «avendo pubblicato sulla propria pagina Facebook la seguente frase: "I miei confinanti fanno tanto i fighi però mettono a sgocciolare sulla mia proprietà asciugamani con la scritta di un albergo. Comprati alla reception?" completa di fotografia riproducente gli asciugamani ed il terrazzo del C Rodolfo».Con la stessa sentenza è stata dichiarata l'estinzione del reato di cui all'art. 660 cod. pen., così riqualificata l'originaria imputazione del delitto di cui all'art. 615 bis cod. pen., per aver installato due telecamere puntate verso l'abitazione confinante del C.

2. Avverso la suindicata sentenza propone ricorso il M, con atto sottoscritto dal suo difensore e affidato ai seguenti motivi.

2.1. Violazione di legge processuale ex artt. 521 e 522 cod. proc. pen. in relazione alla • riqualificazione del reato di cui al capo A) nella fattispecie di cui all'art. 660 cod. pen.

2.2. Violazione di legge e vizi motivazionali in relazione al capo A).

2.3. Violazione di legge e vizi motivazionali in relazione al reato di diffamazione ascrittogli al capo B).

2.4. Omessa motivazione in relazione alla quantificazione del risarcimento del danno.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Manifestamente infondate sono le censure relative alla violazione degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen. in ordine alla riqualificazione dei fatti oggetto dell'imputazione di cui al capo A). L'originaria contestazione faceva riferimento al delitto di cui all'art. 615 bis cod. pen. Il Tribunale aveva già riqualificato i fatti, ritenendo configurabile la fattispecie di cui agli artt.617 bis e 623 bis cod. pen., in quanto "l'occhio della telecamera non era in grado di giungere all'interno della abitazione" della persona offesa. La Corte territoriale, rispondendo anche al motivo di appello sulla violazione dell'art. 521 cod. proc. pen. ("dato che il fatto storico si mantiene entro i confini del reato contestato in ordine al quale l'imputato ha potuto esercitare ogni difesa" pagg. 3 e 4 della sentenza), ha dissentito dalla qualificazione dei fatti come ritenuta dal tribunale, atteso che le telecamere così poste "non valevano certo a intercettare le comunicazioni altrui nelle trasmissioni che i vicini avessero potuto fare di immagini o altri dati" e "non valevano neppure a procurare al M notizie o immagini attinenti alla vita privata, dato che trovavano la barriera della soglia di ingresso dell'abitazione dei vicini";
ha quindi ritenuto che i fatti potessero essere inquadrati nella fattispecie di cui all'articolo 660 cod. pen., integrando un indubbio atto di molestia dei vicini.

2.1. Inammissibili sono le deduzioni difensive relative alla violazione delle norme processuali in ordine al principio di correlazione tra accusa e sentenza. Non è, infatti, configurabile la violazione dell'art. 521 cod. proc. pen. qualora, come nella specie, la diversa qualificazione giuridica del fatto appaia, conformemente all'art. 111 cost. e all'art. 6 CEDU, come uno dei possibili epiloghi decisori del giudizio, secondo uno sviluppo interpretativo assolutamente prevedibile, in relazione al quale l'imputato ed il suo difensore abbiano avuto nella fase di merito la possibilità di interloquire in ordine al contenuto dell'imputazione, anche attraverso l'ordinario rimedio dell'impugnazione. D'altronde, non può assolutamente affermarsi nel caso in esame che il fatto storico sia stato radicalmente trasformato nei suoi elementi essenziali rispetto all'originaria imputazione, giacché la Corte territoriale, nella sentenza impugnata, ha sempre riferito la diversa qualificazione alla condotta oggettiva dell'imputato dell'aver installato delle telecamere nella sua proprietà, puntandone una verso la soglia dell'abitazione dei vicini e una sul piccolo pezzo di terreno confinante, dotato di cancello e che i vicini usavano come pertinenza della loro abitazione (pag. 3 della sentenza). Quanto a tale ricostruzione, non si apprezzano i rilievi di travisamento delle prove come rappresentati dalla difesa. Nella specie, infatti, non ricorre un caso di travisamento, giacché la disposizione di cui all'art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. fa riferimento alla contraddittorietà della motivazione che risulti non dal testo del provvedimento impugnato, ma «da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame». Quest'ultima condizione, direttamente prescrittiva dell'onere di specifica indicazione degli atti dei quali si deduce il travisamento, non si riduce tuttavia a tale aspetto procedurale, ma presuppone altresì che la contraddittorietà intercorra fra le conclusioni del provvedimento e glii atti indicati. Ne segue logicamente che l'errore deducibile in questa prospettiva, in quanto apprezzabile attraverso l'indicazione di atti singoli e determinati, deve cadere sul dato significante, costituito dalla circostanza di fatto riportata quale contenuto dell'elemento di prova, per la cui rilevabilità in questa sede è necessaria la specifica indicazione dell'atto da cui l'elemento risulta, e non sul significato attribuibile allo stesso (Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, Carone, Rv. 250168). L'errore deducibile ricorre dunque solo nei casi in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su un determinato elemento che si riveli insussistente o, per come esposto nel provvedimento impugnato, incontestabilmente diverso da quello reale, ovvero abbia trascurato un elemento esistente e decisivo, in modo da sollecitare un intervento del giudice di legittimità nel senso non di una reinterpretazione degli elementi valutati dal giudice di merito, ma della verifica sulla sussistenza e sul contenuto di detti elementi (Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499;
Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099;
Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215). Pertanto, ove le censure consistano -come nel caso in esame- solo nell'esposizione di valutazioni sul significato probatorio degli elementi di prova considerati, la situazione denunciata non può essere ricondotta nel vizio di travisamento (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S, Rv. 27775801;
Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012, Maggio, Rv. 255087;
Sez. 3, n. 46451 del 07/10/2009, Carella, Rv. 245611).
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi