Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 14/02/2014, n. 3491

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In materia previdenziale, l'obbligazione contributiva ha quale soggetto attivo l'ente assicuratore e quale soggetto passivo il datore di lavoro, debitore dei contributi nell'intero. Ne consegue che il lavoratore non è legittimato ad agire nei confronti dell'Istituto previdenziale per accertare l'esistenza del rapporto di lavoro subordinato, né può chiedere di sostituirsi al datore di lavoro nel pagamento dei contributi, residuando in suo favore, nel caso di omissione contributiva, il rimedio dell'art. 2116 cod. civ. e la facoltà di chiedere all'INPS la costituzione della rendita vitalizia di cui all'art. 13 della legge 12 agosto del 1962, n. 1138. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto due lavoratrici legittimate all'impugnazione di un verbale di accertamento dell'INPS, elevato nei confronti del loro datore di lavoro, relativo all'annullamento della contribuzione per i periodi di lavoro da loro prestati nell'ambito dell'impresa familiare).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 14/02/2014, n. 3491
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 3491
Data del deposito : 14 febbraio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico - Presidente -
Dott. MAMMONE Giovanni - Consigliere -
Dott. MANNA Antonio - Consigliere -
Dott. BALESTRIERI Federico - Consigliere -
Dott. GHINOY Paola - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 16094/2008 proposto da:
- I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati SGROI ANTONINO, CALIULO LUIGI, MARITATO LELIO CORETTI ANTONIETTA, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro
BI SA C.F. [...], BI EL C.F. [...], elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 48, presso lo studio dell'avvocato FRANCESCO CORVASCE, rappresentati e difesi dall'avvocato POLITA MARCO, giusta delega in atti;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 118/2008 della CORTE D'APPELLO di ANCONA, depositata il 18/03/2008 R.G.N. 886/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/12/2013 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

udito l'Avvocato SGROI ANTONINO;
udito l'Avvocato POLITA MARCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
IN BR e IN IE impugnavano di fronte al Tribunale di Ancona il verbale di accertamento elevato dall'Inps in data 24.5.2000 nei confronti della s.n.c. "Autoricambi di IN RI & C", con il quale venivano annullati i periodi contributivi relativi al lavoro subordinato da loro prestato nell'ambito dell'impresa familiare, successivamente trasformata nella s.n.c., alle dipendenze del padre IN RI, sull'assunto che "nell'impresa familiare non può sussistere un rapporto di lavoro subordinato". Il Tribunale di Ancona con la sentenza del 19.10.2005 accoglieva il ricorso e dichiarava il diritto dei ricorrenti ad effettuare i versamenti contributivi quali lavoratori subordinati per il periodo dal 13.1.1998 (recte 1988) al 31.10.1992 per IN BR e dal 13.7.1989 al 31.10.1992 per IN IE. La Corte d'Appello di Ancona con la sentenza n. 118 del 18 marzo 2008 respingeva l'appello proposto dall'Inps.
Per la cassazione di tale sentenza l'Inps ha proposto ricorso, affidato a tre motivi.
IN BR e IN IE hanno resistito con controricorso, eccependo anche l'inammissibilità del ricorso perché tardivamente proposto.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è tempestivo. Risulta infatti dalla copia prodotta in atti che esso è stato consegnato agli Ufficiali Giudiziali per la notifica in data 5.6.2008, mentre la sentenza della Corte d'Appello è stata notificata all'Inps in data 7.4.2008, sicché è stato rispettato il termine previsto dall'art. 325 c.p.c., comma 2. 2. Con il primo motivo l'Inps deduce "Violazione e falsa applicazione dell'art. 100 c.p.c., nonché dell'art. 2115 c.c., e del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, artt. 37 e 47, conv. con modif. dalla L. 6 aprile 1936, n. 1155, e della L. 4 aprile 1952, n. 218, art. 19".
Riferisce che il sig. IN RI, nella sua qualità di datore di lavoro e legale rappresentante della "Autoricambi IN RI & C. s.n.c.,", aveva proposto ricorso avverso lo stesso verbale di accertamento, chiedendo al giudice adito che esso fosse annullato e che fosse dichiarata la validità dei versamenti contributivi effettuati per i due lavoratori. Il procedimento si era concluso con la sentenza della Corte di Cassazione del 15.2.2006 n. 3331 che, nel confermare la decisione di merito, aveva rigettato la domanda proposta dalla società ed escluso la valida esistenza di un rapporto di lavoro subordinato fra il IN ed i due figli. L'Istituto ricorrente sostiene che, a fronte di tale situazione, i giudici di merito avrebbero dovuto riconoscere che l'art. 2115 c.c., e tutta la normativa in materia previdenziale pongono a carico esclusivo del datore di lavoro l'obbligo di pagare la contribuzione all'Inps, e che il lavoratore può sostituirsi nel versamento solo allorquando la stessa sia prescritta e non operi il principio di automaticità delle prestazioni. Avrebbero dovuto di conseguenza dichiarare il difetto di legittimazione processuale attiva dei lavoratori, essendo il datore di lavoro l'unico legittimato al versamento della contribuzione previdenziale.

3. Come secondo motivo, l'Inps lamenta la "violazione e falsa applicazione dell'art. 295 c.p.c.". Riferisce che la Corte d'Appello ha rigettato la richiesta di sospensione del procedimento invocata dall'istituto previdenziale a cagione del fatto che,nel procedimento promosso dalla "Autoricambi IN RI & C. s.n.c.", l'intervento di IN BR e IE - effettuato solo nel giudizio d'appello - era stato dichiarato inammissibile e che pertanto la decisione resa in quella sede non sarebbe stata loro opponibile. Nella specie, tuttavia, con sentenza n. 3331 del 2006 la Corte di Cassazione aveva dichiarato l'inesistenza dei rapporti di lavoro subordinato e negato di conseguenza l'obbligo dell'asserito datore di lavoro al versamento della contribuzione previdenziale e tale pronuncia si poneva in contrasto con l'accertamento di segno contrario compiuto nella sentenza gravata della Corte d'Appello di Ancona.

4. Come terzo motivo, l'Inps lamenta "violazione e falsa applicazione dell'art. 2909 c.c.". Argomenta che, in ragione della perfetta sovrapponibilità fra l'oggetto del contendere nella richiamata decisione della Corte di Cassazione e quello della presente causa, si sarebbe formato un giudicato in ordine all'insussistenza dell'obbligo dell'Inps di ricevere la relativa contribuzione per i due lavoratori.

5. In merito al primo motivo, la difesa dei controricorrenti eccepisce che l'eccezione avente ad oggetto il loro difetto di legittimazione a chiedere l'accertamento del rapporto di lavoro subordinato ed il diritto al versamento dei contributi è stata sollevata solo in questo grado di legittimità e pertanto sarebbe inammissibile.
La tesi è però contrastata dal principio - ribadito da questa Corte nelle sentenze Sez. L, n. 21703 del 13.10.2009 e Sez. 3 n. 23568 del 11/11/2011 - che l'eccezione in questione è rilevabile anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, e può essere proposta per la prima volta anche in sede di legittimità. È fatta salva l'ipotesi della formazione del giudicato interno, ma tale condizione si verifica solo quando il punto relativo alla legittimazione sia stato oggetto di discussione e decisione che sia rimasta priva di impugnazione, mentre l'impugnazione nel merito della pronuncia di primo grado - che si è verificata in questo caso - impedisce la formazione del giudicato implicito sulla legittimazione. La corretta individuazione delle parti attiene infatti alla stessa finalità della funzione giurisdizionale e i principi costituzionali di incondizionato accesso alla tutela dei diritti e del giusto processo risulterebbero lesi se l'osservanza della relative disposizioni dipendesse esclusivamente dall'iniziativa di parte. Il controllo sulla legittimazione rappresenta quindi l'esercizio da parte di questa Corte del dovere di indicare l'esatto diritto applicabile. Il motivo è quindi ammissibile.

6. Esso è altresì fondato.
La fattispecie di assicurazione sociale va infatti scomposta in due rapporti, tra loro autonomi: quello previdenziale, intercorrente fra il lavoratore e l'ente pubblico, e quello contributivo, che lega quest'ultimo al datore di lavoro. Vi è poi il sottostante rapporto tra lavoratore e datore di lavoro, che ha ad oggetto l'obbligo di costituire la provvista, ossia di pagare i contributi agli enti previdenziali.
Tale regime si ricava dalla previsione dell'art. 2115 c.c., che al primo comma prevede la distribuzione tra datore di lavoro e lavoratore dell'onere economico per la contribuzione alle istituzioni previdenziali e assistenziali ed al secondo comma precisa che il datore di lavoro è responsabile del versamento dei contributi, ossia assume la veste di debitore verso l'ente assicuratore, anche per la parte a carico del lavoratore, salvo il diritto di rivalsa secondo le leggi speciali. Costituisce applicazione di tale regime l'art. 19 della L. n. 218 del 1952 ("Riordinamento delle pensioni
dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti"), secondo il quale "il datore di lavoro è responsabile del pagamento dei contributi anche per la parte a carico del lavoratore;
qualunque patto in contrario è nullo.

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