Cass. civ., sez. III, sentenza 30/04/2010, n. 10596
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L'interpretazione di un contratto di assicurazione deve procedere, in ragione della natura sinallagmatica del vincolo, alla luce del principio di necessaria corrispondenza tra ammontare del premio dovuto dall'assicurato e contenuto dell'obbligazione dell'assicuratore, sicché proprio la determinazione del premio di polizza assume valore determinante ai fini dell'individuazione del tipo e del limite massimo del rischio assicurato, onde possa reputarsi in concreto rispettato l'equilibrio sinallagmatico tra le reciproche prestazioni. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, con motivazione carente e contrastante con gli ordinari canoni ermeneutici, aveva attribuito insufficiente rilievo alla circostanza costituita dalla corrispondenza del premio corrisposto dall'assicurato per una polizza-furto al tipo di garanzia cd. "a primo rischio assoluto", che la compagnia assicuratrice aveva asserito non essere coperta dallo stipulato contratto di assicurazione contro i danni).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. M M R - Presidente -
Dott. F C - Consigliere -
Dott. U F - Consigliere -
Dott. U G - Consigliere -
Dott. T G - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
S
sul ricorso 23183/2005 proposto da:
MARZELLA SARA, MRZSRA76S55L013, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMILIO ALBERTARIO 21, presso lo studio dell'avvocato D V, rappresentata e difesa dall'avvocato M A giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
RAS RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTÀ SPA 00218610327, in persona dei Procuratori speciali e legali rappresentanti firmatari, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17, presso lo studio dell'avvocato R M, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato G C F giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 451/2005 della CORTE D'APPELLO di TORINO, Sezione Terza Civile, emessa il 05/11/2004, depositata il 17/03/2005;
R.G.N. 617/03;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 19/01/2010 dal Consigliere Dott. G T;
udito l'Avvocato A D per delega avv. Michele ROMA;
unito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per accoglimento 6 motivo e rigetto nel resto.
IN FATTO
Sara Marzella, in qualità di titolare dell'impresa individuale "Moby Line", convenne in giudizio dinanzi al tribunale di Cuneo la propria compagnia assicurativa, Ras s.p.a., chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 100 milioni a titolo di indennizzo in conseguenza di un furto subito nel maggio del 2000. Il valore delle merci sottratte, pari a L. 102 milioni, era stato accertato dai periti nominati da entrambe le parti contrattuali.
La compagnia assicurativa, nel costituirsi, chiese il rigetto della domanda, sostenendo che la polizza-furto stipulata con l'attrice non prevedeva la garanzia "a primo rischio assoluto", pattuizione che - costituendo deroga alla regola generale proporzionale di cui all'art.1907 c.c. - doveva essere provata per iscritto ai sensi dell'art.1988 c.c., e non mediante prova orale, come richiesto dall'attrice.
Il giudice di primo grado respinse la domanda.
La sua impugnazione fu rigettata dalla corte di appello di Torino (salvo che per il capo della sentenza relativo alle spese processuali).
La pronuncia della corte piemontese è stata impugnata da Marzella Sara con ricorso per cassazione sorretto da 8 motivi. Resiste con controricorso la Ras s.p.a..
IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per quanto di ragione.
Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1888 e 2725 c.c.). Il motivo è fondato, avendo la corte territoriale unitariamente considerato tutte le prove orali dedotte dalla ricorrente senza distinguere tra prova per testi (correttamente dichiarata inammissibile) e prova per interpello (di converso ammissibile, nella specie) diretta a provocare la confessione della parte interrogata, rispetto alla quale non risulta legittimamente predicabile l'evocato divieto di cui all'art. 1888 e 2725 c.c.. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1326, 1341, 1362, 1363, 1366, 1361 e 1453 c.c.. Con il terzo e quarto motivo, si denuncia il vizio di insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia. Con il quinto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1907 e 1988 c.c.. Le doglianze, da esaminarsi congiuntamente attesane la intrinseca connessione logica, sono nel loro complesso fondate. La natura di negozio a prestazioni corrispettive del contratto di assicurazione, difatti, comporta che, tra le prestazioni di ciascuna delle parti, debba esistere e permanere un costante equilibrio sinallagmatico, onde l'interpretazione delle singole clausole contrattuali non meno che la valutazione - anche presuntiva - del complessivo tessuto negoziale deve rispondere a tale criterio, integrato da quello, di carattere generale, della buona fede. Ne consegue che la determinazione del premio di polizza non può non assumere valore determinante al fine di accertare quale sia il limite massimo dell'obbligazione facente capo all'assicuratore, onde quell'equilibrio sinallagmatico possa dirsi in concreto rispettato. Non è contestato, tra le parti, che il premio fissato e corrisposto dalla ricorrente alla compagnia assicurativa corrispondesse ad un tipo di garanzia c.d. "a primo rischio assoluto" (la difesa della Ras essendosi, in proposito, limitata ad evocare, del tutto genericamente, presunte "percentuali di aumento", senza alcuna ulteriore e più soddisfacente indicazione).
Non appare pertanto appagante, sul piano logico-interpretativo, la motivazione adottata dalla corte territoriale che discorre, in proposito, di "elemento indiziario-presuntivo vago, isolato e non certo inequivoco", apparendo, di converso, tale circostanza sicuramente rilevante (se non decisiva) al fine di ricostruire il reale intento dei contraenti nel rispetto del più volte evocato sinallagma negoziale e in ossequio al principio di buona fede nell'interpretazione (che, nei casi incerti, non può non dipanarsi secondo itinerari logici volti all'approdo verso il favor per la parte che aderisce ad un contratto già predisposto, sostanziandosi se del caso di contenuti centra stipulatorem).
Più volte è stato affermato, da questa corte regolatrice, il principio della necessaria corrispondenza tra ammontare del premio e contenuto dell'obbligazione dell'assicuratore, sia pur nelle speculari ipotesi in cui era l'assicuratore ad invocare la decisiva rilevanza del sinallagma contrattuale sul piano funzionale, oltre che genetico (Cass. 9678/97;6933/99;6388/2001), principio che, a più forte ragione, deve trovare applicazione con riguardo alla posizione dell'assicurato.
Nella specie, la valutazione della necessaria corrispondenza del premio versato al tipo di rischio assicurato ed alla garanzia conseguentemente prestata risultava e risulta l'irrinunciabile asse portante dell'indagine ermeneutica, nella cui orbita erano e sono destinate a ruotare le ulteriori circostanze di fatto esaminate dal giudice territoriale, ivi inclusa la (oggettivamente equivoca) espressione contenuta nella polizza assicurativa - nella parte in cui si discorre, con riguardo all'oggetto dell'assicurazione, di "forma fissa", sintagma che non appare irredimibilmente incompatibile con la copertura di un rischio "primo ed assoluto", sì come opinato dalla corte territoriale - ed il mancato richiamo all'art. 22 delle condizioni generali di assicurazione, segnatamente alla luce dell'espresso richiamo viceversa operato alle clausole immediatamente precedente e successiva della convenzione negoziale oggetto di controversia.
All'accoglimento dei motivi dianzi esaminati consegue assorbimento della sesta e settima doglianza rappresentate in ricorso.