Cass. pen., sez. VI, sentenza 25/07/2022, n. 29670
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da C G nato a Ravello il 24/3/1955 avverso la sentenza del 3 dicembre 2021 emessa dalla Corte di appello di Salerno visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere D T lette le richieste del Sostituto Procuratore generale, M G, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;lette le richieste del difensore, avv. V R, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Salerno in riforma della sentenza del Tribunale di Salerno che, all'esito di giudizio abbreviato, aveva condannato G C per il reato di cui all'art. 640 cod. pen., ha riqualificato il delitto ascrittogli in quello di cui all'art. 316-ter cod. pen. e lo ha condannato alla pena di mesi quattro di reclusione. La condotta materiale ascritta al C, concordemente ricostruita dalle due sentenze impugnate, consiste nel fatto che, successivamente al proprio pensionamento quale Ufficiale Giudiziario presso l'UNEP della Corte di appello di Salerno, ha continuato a percepire lo stipendio, cumulandolo con i ratei di pensione, per il periodo dal 2016 fino al 2019, cagionando un danno all'Erario quantificato in euro 21.102,42 per il 2016, euro 21.123,80 per il 2017, euro 21.452,43 per il 2018 ed euro 3.457,30 per il 2019, per un totale di euro 67.135,95. 2. Propone ricorso per cassazione il difensore di G C, deducendo quattro motivi di seguito riassunti nei limiti strettamente necessari per la motivazione. 2.1 Con il primo motivo deduce vizi di violazione dell'art. 316 cod. pen. e di motivazione atteso che, essendo la condotta commessa dopo il pensionamento, Il C non rivestiva più la qualifica pubblicistica. 2.2 Con il secondo motivo deduce analoghi vizi in merito alla mancata esclusione dell'elemento psicologico del reato. 2.3 Con il terzo motivo deduce la violazione dell'art. 603, comma 3, cod. proc. pen. e vizi di motivazione in relazione alla omessa rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale 2.4 Con il quarto motivo deduce vizi di violazione dell'art. 131-bis cod. pen. e di carenza della motivazione, ponendosi l'accento sull'avvenuta restituzione dell'intero importo percepito, comprensivo degli interessi, sul fatto che non ha tratto alcun profitto dalle somme percepite che sono rimaste sempre sul conto corrente e sulla occasionalità e non ripetibilità della condotta. 3. Il Sostituto Procuratore generale, M G, ha depositato requisitoria concludendo per l'accoglimento del ricorso. Pur ritenendo che il dispositivo contenga un errore materiale e che debba prevalere quanto affermato in motivazione, ha rilevato che, benché l'imputato abbia omesso di comunicare la domanda di pensionamento all'ufficio del personale, quest'ultimo avrebbe potuto avere notizia del suo pensionamento per comunicazione interna. La sentenza ha omesso di motivare in merito al contenuto e scopo della comunicazione ed alla sua rilevanza causale rispetto all'evento del reato.CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato per le ragioni di seguito esposte 2.Preliminarmente è necessario correggere l'errore materiale contenuto nel dispositivo della sentenza impugnata con riferimento alla specifica individuazione della fattispecie di reato oggetto della riqualificazione operata dalla Corte territoriale. Dall'esame della struttura argomentativa della sentenza risulta, infatti, certo che la condotta ascritta al ricorrente è stata sussunta nel paradigma del reato di cui all'art. 316-ter cod. pen. di cui la Corte ha ravvisato gli elementi costitutivi, richiamando al riguardo il precedente di legittimità secondo il quale allorché l'indebita percezione non consegua a comportamenti fraudolenti, ma al silenzio serbato dall'agente in merito alla cessazione del rapporto con la pubblica amministrazione, unitamente alla prosecuzione della percezione delle erogazioni, è configurabile il solo reato di cui all'art. 316-ter cod. pen. e non quello di truffa aggravata (Sez. 2, n. 16817 del 26/02/2019, Calandra, Rv. 275815). In ragione di tali considerazioni deve, dunque, ritenersi che il riferimento contenuto nel dispositivo al reato di cui all'art. 316 cod. pen. sia frutto di un mero errore materiale che va, dunque, corretto d'ufficio, ai sensi dell'art. 619 cod. proc. pen., sostituendosi a tale indicazione quella relativa al reato di cui all'art. 316-ter cod. pen. D'altronde, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, dal Collegio pienamente condivisa, in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza, la regola della prevalenza del dispositivo, in quanto immediata espressione della volontà decisoria del giudice, non è assoluta, ma va contemperata, tenendo conto del caso specifico, con la valutazione degli elementi tratti dalla motivazione, che conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni della decisione e che, pertanto, ben può contenere elementi certi e logici che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso (Sez. 3, n. 3969 del 25/09/2018, dep. 2019, Rv. 275690). Pertanto, qualora, come nel caso in esame, la divergenza dipenda da un errore materiale, obiettivamente riconoscibile, contenuto nel dispositivo, è legittimo il ricorso alla motivazione per individuare l'errore medesimo ed eliminarne i relativi effetti (Sez. 6, n. 24157 del 01/03/2018, Cipriano, Rv. 273269).
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi