Cass. pen., sez. II, sentenza 22/05/2023, n. 22019

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 22/05/2023, n. 22019
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 22019
Data del deposito : 22 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: ACAMPA VINCENZO nato a NAPOLI il 13/09/1963 BOCCIA ANTONIO nato a NAPOLI il 05/08/1985 CIRIELLO CIRO nato a NAPOLI il 13/02/1986 D'AMICO GENNARO nato a NAPOLI il 17/07/1974 D'AMICO LUIGI nato il 27/01/1969 D'AMICO SALVATORE nato a NAPOLI il 01/08/1973 IMPROTA GENNARO nato a NAPOLI il 06/08/1976 IMPROTA GIOVANNI nato a NAPOLI il 16/10/1977 LUONGO UMBERTO nato a SAN GIORGIO A CREMANO il 29/07/1977 MARCONICCHIO ANTONIO nato a NAPOLI il 06/11/1962 MARCONICCHIO LUIGI nato a NAPOLI il 16/10/1985 MARIGLIANO MARIA nato a NAPOLI il 04/05/1967 MARIGLIANO SALVATORE nato a NAPOLI il 21/09/1963 NOTTURNO MARIO nato a NAPOLI il 26/08/1983 VARLESE LUIGI nato a NAPOLI il 07/11/1981 avverso la sentenza del 25/02/2021 della CORTE APPELLO di NAPOLIvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LUCIANO IMPERIALI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LIDIA GIORGIO, che ha concluso chiedendo che la Corte dichiari inammissibili i ricorsi di A V, B A, I G, I G, M A, M L, M M, M S e N M e rigetti i ricorsi di C C, D'Amico S e V L. In parziale accoglimento dei ricorsi di D'Amico G, ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio, eliminando l'aumento per l'aggravante mafiosa nella misura di anni quattro e sostituendolo con quello disposto dal giudice di primo grado nella misura di anni uno, sino a pervenire alla pena di anni 22 (ventidue) di reclusione, con rigetto del ricorso per il resto. In accoglimento del ricorso di D'Amico L ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio eliminando l'aumento per l'aggravante mafiosa nella misura di anni quattro e modificando la pena in quella disposta dal giudice di primo grado nella misura di anni uno, sino a pervenire alla pena di anni 25 (venticinque) mesi 6 (sei) di reclusione. In accoglimento del ricorso di L U, ha chiesto annullarsi con rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio. uditi i difensori: La difesa di parte civile deposita conclusioni scritte e nota spese e ad esse si riporta. L' Avv. Ipradice per i suoi assistiti si è associato parzialmente alle richieste del Procuratore Gerale (relativamente al trattamento sanzionatorio) e si è riportato ai motivi di ricorso chiedendone l'accoglimento. L' Avv. Iperato per B A e per D'amico G ha chiesto l'accoglimento dei ricorsi. L' Avv. Morra ha insistito per l'annullamento della sentenza impugnata per nuova valutazione degli elementi a carico dei propri assistiti. L' Avv. Senese si è riportato alle conclusioni del collega ed ha concluso insistendo per l'accoglimento dei motivi di ricorso. Avv. De Falco per A V ha chiesto l'accoglimento dei motivi di ricorso. L' Avv. Gallo per Iprota Giiovanni, M A e M L ha chiesto l'accoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. I ricorrenti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 25/2/2021 con la quale la Corte di Appello di Napoli ha riconosciuto un'associazione di tipo mafioso denominata clan D'Amico attiva nella zona di San G a Teduccio, in Napoli, ed operante dall'ottobre 2009 e fino al settembre 2010, anche in alleanza con altri gruppi criminali di stampo camorristico, quali il clan Mazzarella, il clan Formicola, il clan De Luca Bossa, e in contrapposizione, dopo una prima fase di affiliazione, al clan "Reale- Rinaldi-Altamura", insediato nello stesso ambito territoriale. La sentenza impugnata, così quella di primo grado, ha ritenuto che l'associazione in parola fosse dedita alle estorsioni ai danni di imprenditori della zona, costretti - nella prospettazione accusatoria - ad acquisire gadget, calendari ed altri articoli pubblicitari in prossimità delle festività natalizie del periodo 2009/2010, ed altresì al traffico di cocaina. Più precisamente, i giudici di merito hanno riconosciuto l'esistenza di due organizzazioni criminali, la prima di stampo camorristico (il cd. clan D'Amico) operante nella zona di San G a Teduccio, Rione Villa (Capo I), e la seconda, appendice della prima, finalizzata alla commercializzazione di sostanze stupefacenti mediante rifornimento, gestione e controllo delle piazze della medesima area territoriale (Capo XXI) ed ha altresì riconosciuto la consumazione di una pluralità dei reati fine contestati ai diversi imputati. Giacché nel giudizio di appello diversi ricorrenti hanno rinunciato a motivi di merito, appare opportuno pretermettere l'esame di questi all'esame dei ricorsi di coloro che non hanno formulato alcuna rinuncia ai motivi di impugnazione.

2. D'Amico S, riconosciuto colpevole di partecipazione all'omonima associazione camorristica, con il ruolo promotore, organizzatore e direttore dell'associazione, oltre che di una pluralità di reati di estorsione aggravate dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare l'associazione camorristica di appartenenza, ha presentato due distinti ricorsi per cassazione, a mezzo dell'avv. Senese e dell'avv. Morra.

2.1. Il ricorso presentato dall'avv. S S, è affidato a sette motivi di impugnazione:

2.1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla prova dell'esistenza dell'associazione, che si assume inesistente, dovendosi invece riconoscere elementi di segno contrario: in particolare la sentenza non aveva dato risposta al motivo di appello con il quale si era contestato che la sentenza del Tribunale di Napoli n. 3523/2004, che aveva condannato D'Amico S e la madre V Anna per estorsione continuata ed aggravata dalla finalità di agevolazione mafiosa, nel ricostruire la storia del sodalizio, alla pag. 15 aveva dato atto incidenter tantum dell'assoluzione di D'Amico S dal reato associativo in quella sede contestato. La sentenza non era stata oggetto di esame nel giudizio di primo grado e, ad avviso del ricorrente, anche la sentenza di appello ne avrebbe dato una valutazione travisante, rilevando trattarsi di pronuncia relativa a periodi precedenti quello in contestazione, così come si riferivano a periodi precedenti quello in contestazione anche le dichiarazioni di diversi collaboratori. Analogamente, nemmeno un rigo di motivazione era stato speso dalla sentenza impugnata in relazione alle deduzioni difensive con le quali si era rilevato che in altri procedimenti D'Amico S era stato assolto per non aver commesso il fatto dall'accusa di partecipazione al clan Mazzarella dal 1998 al 2003, a smentita di un'alleanza tra i D'Amico ed i Mazzarella proprio a far data dal 1998, così come si era contestato - senza risposta da parte della Corte territoriale - che i giudici di primo grado avevano utilizzato un dato non certo, costituito dalla sentenza della Corte di assise di Napoli, ancora non passata in giudicato, che nel 2013 aveva riconosciuto D'Amico S colpevole di partecipazione al sodalizio in parola in un momento successivo a quello in contestazione.

2.1.2. Con il secondo motivo ha dedotto il vizio di motivazione con riferimento al "ruolo di "capo, promotore ed organizzatore" dell'omonima associazione, pur in difetto di prova degli elementi costitutivi della fattispecie contestata, senza dare risposta alle censure difensive con le quali si era valorizzata la differenza tra le posizioni dei tre germani D'Amico.

2.1.3. Con il terzo motivo, dolendosi della motivazione per relationem alla pronuncia di primo grado, con riferimento alla responsabilità riconosciuta con riferimento agli episodi estorsivi D'Amico S ha contestato il vizio di motivazione e la violazione di legge, anche con riferimento al principio dell'al di là di ogni ragionevole dubbio, con riferimento alla mancanza di motivazione in ordine alle censure difensive con le quali si era evidenziato: che 19 episodi estorsivi si erano realizzati nell'arco di un anno a fronte di una condotta associativa relativa ad oltre un anno;
che in nessuna conversazione erano emersi riscontri alla partecipazione del ricorrente alle condotte estorsive;
che nemmeno era certa l'identificazione del "d S" di cui ad alcune conversazioni ed il ricorrente. Si contesta, ancora, che la sentenza impugnata non si sarebbe confrontata con le contestazioni difensive in ordine alla mancanza di prova che, nel caso specifico, il "sistema dei calendari" avesse natura estorsiva, ed alle circostanze dedotte come significative di un distacco del ricorrente dai germani, per quanto temporaneo. E' stato ancora dedotto, con il medesimo motivo di ricorso, che la sentenza impugnata non aveva motivato sul quarto errore dedotto con l'appello, laddove si era evidenziato che per nessuna delle estorsioni era stato possibile quantificare la somma estorta, e che le dichiarazioni delle persone offese erano state molto vaghe, mentre si erano interpretate in senso sfavorevole al ricorrente dichiarazioni dal contenuto univocamente liberatorio, né era stato valorizzato il mancato riconoscimento del ricorrente da parte delle persone offese e nemmeno si era considerato la circostanza, dedotta in ricorso, che C G, produttore e fornitore dei gadget e calendari, era stato assolto dal Tribunale ed aveva prodotto le fatture delle relative forniture. La sentenza, infine, aveva omesso di motivare su una pluralità di censure relative ai singoli episodi estorsivi e soprattutto sul rilievo, che il ricorrente adduce essere dirimente, di un contrasto tra D'Amico S ed i germani L e Gnato, proprio nel periodo coincidente con il tempus commissi delicti dei singoli episodi estorsivi.

2.1.4. Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento alle deduzioni difensive con le quali si era contestata l'identificazione nel ricorrente D'Amico S della persona appellata come "d S" oppure "on S" di cui ad alcune conversazioni valorizzate in sentenza nonostante il teste C avesse definito una "considerazione" tale identificazione.

2.1.5. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta integrazione dell'aggravante di cui all'art. 7 della legge 203/1991 ed alla sua riconducibilità al ricorrente, pur in assenza di motivazione, almeno quanto alla finalità agevolativa, sul dolo intenzionale richiesto dalla norma.
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