Cass. pen., sez. II, sentenza 07/06/2023, n. 24491

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 07/06/2023, n. 24491
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 24491
Data del deposito : 7 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti nell'interesse di A A nato a ROMA il 22/04/1989 S H nato il 03/05/1979 ABOU MAR WADI nato il 26/01/1977 avverso la sentenza del 22/11/2021 della CORTE APPELLO di BRESCIAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere A L;
lette le richieste del PG PAOLA MASTROBERARDINO, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.

RITENUTO IN IFATTO

1. Con la decisione impugnata, la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza emessa in data 28 gennaio 2021 dal Tribunale di Brescia nei confronti di S H, A A e A W, in accoglimento del gravame del Pubblico ministero, ritenuta l'originaria imputazione di cui agli artt. 110 e 628, secondo comma e terzo comma, n. 1, cod. pen., ha rideterminato la pena inflitta a ciascuno degli imputati per il capo a) e ha dichiarato la penale responsabilità di A in relazione al delitto di cui all'art. 4, legge 18 aprile 1975, n. 110, contestatogli al capo b).

2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione tutti i suddetti imputati, formulando i motivi di censura di seguito sinteticamente esposti.

3. Ricorso presentato nell'interesse di H S e W A.

3.1. Carenza di motivazione in relazione alla omessa risposta al motivo di gravame che censurava la mancata applicazione della normativa sul tentativo da parte del Tribunale.

3.2. Violazione di legge in relazione all'art. 628 cod. pen. e vizio di motivazione, in ordine alla qualificazione dei fatti in termini di rapina impropria e non di furto tentato, poiché gli imputati furono arrestati prima che la persona offesa perdesse completamente la disponibilità della cosa. Mancherebbe, secondo la difesa, un nesso teleologico tra il furto (tentato) e la (assedi:a) minaccia.

3.3. Violazione di legge in relazione agli i3dt. 110 e 116 c:od. pen., in ordine alla ritenuta responsabilità concorsuale in luogo del concorso anomalo, non potendosi ritenere prevedibile, nelle condizioni di tempo e di luogo, la minaccia operata dal còrreo per assicurarsi l'impunità.

3.4. Carenza di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo in capo a Wadi, viceversa asseritamente inconsapevole della natura delittuosa dell'ablazione.

3.5. Contraddittorietà della motivazione in ordine al diniego della circostanza attenuante ex art. 62, n. 4, cod. pen., in favore degli imputati, anche in considerazione dell'avvenuto risarcimento del danno e del modesto valore della refurtiva.

3.6. Violazione di legge in relazione all'art. 628, terzo comrna, n. 1, cod. pen., in ordine alla ritenuta sussistenza dell'aggravante del fatto commesso da più persone riunite.

4. Ricorso presentato nell'interesse di A A.

4.1. Violazione di legge in relazione all'art. 628 cod. proc. pen. e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione riguardo alla affermazione di penale responsabilità per il delitto di rapina. La Corte di appello ha infatti riqualificato in deterius i fatti, senza procedere a risentire i testi che, secondo il Tribunale non avevano consentito di individuare chi dei tre imputati avesse proferito le frasi minacciose. Ad A, poi, sarebbe s':ata riconosciuta la responsabilità concorsuale, a titolo di dolo eventuale, pur trovandosi semplicemente ad attendere i complici in auto.

4.2. Violazione di legge in relazione all'art. 4, legge 18 aprile 1975, n. 110, e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione riguardo alla affermazione di penale responsabilità per la suddetta contravvenzione. Dovrebbe infatti ritenersi corretta la valutazione del Tribunale, che aveva riconosciuto un giustificato motivo per il porto di coltello nell'ordinario utilizzo dello strumento nella attività lavorativa di traslocatore.

4.3. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla quantificazione della pena, a seguito del giudizio di equivalenza tra le aggravanti contestate e l'attenuante del risarcimento del danno, nonché del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti di cui agli artt. 62, n. 4, e 62-bis cod. pen.

5. Disposta la trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi dell'art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall'art. 94, comma 2, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dal decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199), in mancanza di richiesta di discussione orale nei termini previsti, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili, perché proposti con motivi manifestamente infondati, generici e non consentiti.

2. Posizione di H S e W A.

2.1. Il primo e il secondo motivo possono essere esaminati congiuntamente. La Corte di appello ha offerto espressa risposta al motivo di gravame diretto a sollecitare la sussunzione del fatto nella fattispecie di furto tentato. Hanno chiarito, infatti, i giudici bresciani, richiamando esplicitamente l'assunto difensivo, come la refurtiva, caricata sul furgone (come riferito dagli operanti che procedettero all'arresto), dovesse ritenersi definitivamente uscita dalla disponibilità e dalla possibilità di controllo del proprietario (p. 18). L'affermazione è conforme al consolidato orientamento di legittimità. La condotta di impossessamento si realizza non appena l'agente abbia la disponibilità materiale della cosa sottratta, intesa come passaggio nella propria esclusiva detenzione, instaurando una relazione diretta con la res, con conseguente privazione per la vittima della detenzione, del potere di dominio e di vigilanza sulla cosa stessa. A nulla rileva la circostanza che l'impossessariento abbia avuto durata minima, e persino che non ci sia stato allontanamento dal luogo in cui si è verificata la sottrazione, ovvero la mera temporaneità della condizione di dominio sulla refurtiva, per l'intervento dell'avente diritto o della Forza pubblica o per altra causa (cfr., da ultimo, Sez. 5, n. 33605 del 17/06/2022, Rv. 283544;
Sez. 2, n. 7500 del 26/01/2017, Hamidovic, Rv. 269576;
Sez. 2, n. 14305 del 14/03/2017).Ciò premesso, la Corte di merito rileva poi come, dopo l'impossessamento così perfezionatosi, ci sia stata la minaccia nei confronti di Erika M, che passava di lì per caso. Peraltro, la sentenza impugnata, con argomentazione congrua e tutt'altro che illogica, giunge alla conclusione che fu inequivocabilmente Wadi a proferire l'espressione minatoria. Si configura una rapina impropria consumata (e non soltanto tentata) quando l'agente, dopo aver compiuto la sottrazione della cosa mobile altrui e - se del caso, ma non necessariamente - l'impossessamento, adoperi violenza o minaccia per assicurare a sé o ad altri il possesso della res o l'impunità (Sez. 2, n. 15584 del 12/02/2021, B, Rv. 281117;
Sez. 2, in. 11135 del 22/02/2017, Tagaswill, Rv. 269858). I motivi sono dunque manifestamente infondati. 2.3. È corretta la ricostruzione operata in punto di diritto dalla Corte bresciana, laddove ritiene sussistere una piena responsabilità concorsuale dei complici, escludendo il concorso anomalo in ragione della natura di sviluppo logico e prevedibile del furto programmato da riconoscersi alla condotta di minaccia - posta in essere sulla pubblica via, nella prima serata di un giorno di primavera, dove era molto probabile il transito di frequentatori del circolo sportivo o di altri estranei - diretta a intimidire una passante, onde evitare che costei attirasse l'attenzione sui ladri che si trovavano con la refurtiva vicino al furgone. Il Collegio ribadisce in proposito il costante orientamento giurisprudenziale per cui costituisce sviluppo logicamente prevedibile del programmato delitto di furto l'uso di violenza o minaccia nei confronti della parte lesa o del terzo intervenuto dopo la sottrazione della cosa, che fa progredire l'azione criminosa in rapina impropria, ascrivibile al compartecipe che non ha partecipato all'esecuzione materiale della violenza o minaccia (Sez. 2, n. 49443 del 03/10/2018, 3amarishvili, Rv. 274467). Peraltro, agendo in luogo ordinariamente aperto al transito delle persone, deve ritenersi insita nella originaria programmazione criminale l'accettazione del rischio di trasformazione del reato inizialmente pianificato in quello più grave realizzato, con conseguente responsabilità ex art. 110 cod. pen., a titolo di dolo indiretto ovvero indeterminato, alternativo o eventuale (cfr. Sez. 2, n. 29641 del 30/05/2019, Rhimi, Rv. 2767:34). Il motivo è dunque manifestamente infondato.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi