Cass. pen., sez. II, sentenza 14/06/2023, n. 25758

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 14/06/2023, n. 25758
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 25758
Data del deposito : 14 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da G N, nato a Potenza il 3 gennaio 1944 D P M, nato a Eboli il 23 marzo 1945 avverso la sentenza n. 450/2021 emessa dalla Corte d'appello di Potenza il 24 settembre 2021 Visti gli atti, la sentenza e i ricorsi;
udita nell'udienza del 7 febbraio 2023 la relazione fatta dal Consigliere Giuseppina A R P;
udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale R G, che ha chiesto di rigettare il ricorso di M D P e di annullare senza rinvio limitatamente alla confisca e di rigettare nel resto il ricorso di N G;
uditi l'avv. L A, difensore di M D P, e gli avv.ti I C, in sostituzione dell'avv. A B, e P C, difensori di N G, i quali hanno chiesto l'accoglimento dei ricorsi

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 24 settembre 2021 la Corte di appello di Potenza, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale della stessa città il 12 marzo 2018, per ciò che rileva in questa sede, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di N G in ordine al reato di truffa pluriaggravato, perché estinto per prescrizione, e ha confermato le statuizioni civili di primo grado. Ha confermato, inoltre, la sentenza impugnata nei confronti di M D P, condannato alla pena ritenuta di giustizia per il reato di usura pluriaggravato.

2. Avverso la sentenza della Corte territoriale hanno proposto ricorsi per cassazione i difensori di N G e M D P.

3. Il difensore di M D P ha dedotto i seguenti motivi.

3.1 erronea applicazione dell'art. 644 cod. pen. in relazione all'art. 379 cod. pen. L'affermazione di responsabilità dell'imputato sarebbe stata basata sulle dichiarazioni della persona offesa, poco credibile, sui pizzini, oggetto di consulenza tecnica di ufficio, e sulle dichiarazioni di R M, che avrebbe sostenuto che, in un periodo in cui doveva andare al mare, aveva chiesto all'imputato di ricevere circa 60.000,00 euro, che gli avrebbe consegnato la persona offesa. Seppure fosse vera la circostanza della consegna di denaro da parte della persona offesa all'imputato su ordine di R M, in assenza di ulteriori riscontri, i fatti sarebbero qualificabili ai sensi dell'art. 379 cod. pen. e non come usura;

3.2 vizi di motivazione su un risultato di una prova incontestabilmente diverso da quello reale. La sentenza impugnata avrebbe operato un mero rinvio alla sentenza di primo grado, senza dare risposta ai motivi di gravame con particolare riferimento a quelli relativi alla vendita dell'autovettura Porsche 911, il cui valore sarebbe servito per pagare i debiti contratti con D P. Dalla trascrizione delle conversazioni intercettate emergerebbe, inoltre, che la persona offesa e i suoi interlocutori non avrebbero mai fatto riferimento all'imputato e i pizzini, oggetto di perizia, sarebbero tutti generici e senza una data certa, oltre che falsi, in quanto gli stessi risultavano vergati nel 2008, così come riportato a pagina 73 e 8 dell'allegato 16 della C.T.U.;

3.3 violazione di legge, per non essere stata dichiarata la prescrizione del reato. Non vi sarebbe certezza sul periodo dell'ultimo pagamento, effettuato nei confronti dell'imputato da parte della persona offesa, sicché bisognerebbe applicare lo stesso dato temporale preso in considerazione per i coimputati Vito Zaccagnino e N G e, per l'effetto, ritenere abbondantemente decorso il termine di prescrizione.

4. Il difensore di N G (avv. A B) ha dedotto i seguenti motivi:

4.1 mancanza di motivazione sull'atto d'appello, depositato dall'avv. A B. La Corte d'appello avrebbe preso in considerazione solo i motivi di appello contenuti nell'atto depositato dal codifensore avv. L A. La fondatezza di tale rilievo si evincerebbe anche dal fatto che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto delle prove valorizzate nell'atto di appello, tra cui la sentenza emessa nel procedimento a carico di R M, i pizzini, trasfusi graficamente nell'atto di appello medesimo, le dichiarazioni dei testi d'accusa favorevoli e, nel contempo, decisive per l'imputato;

4.2 vizi della motivazione. La Corte di appello ha confermato le prescrizioni civili, condividendo la valutazione delle risultanze istruttorie, operata dal Tribunale, e richiamando le propalazioni della parte civile C G G G e della teste M E C, ex segretaria di G, la quale aveva riferito di aver consegnato personalmente a N G una somma pari a C 150.000,00. La Corte di appello avrebbe trascurato tutti i rilievi, riportati nel secondo motivo del presente ricorso, e avrebbe travisato la prova complessivamente acquisita, da cui non emergerebbe che la procura a vendere l'immobile in Bari fosse stata rilasciata da Carmine G in favore di N G, che, invece, sarebbe stato ignaro dell'esistenza di tale procura e che, del resto, non sarebbe mai stato coinvolto nell'operazione contrattuale in questione, come emerso dalle dichiarazioni della teste E C;

4.3 violazione di legge in relazione agli artt. 578 e 578 bis cod. pen.. Premesso che il giudice di secondo grado, pur prendendo atto della sopravvenuta causa estintiva del reato, per la presenza della parte civile e ai fini delle statuizioni civili, ha l'obbligo di motivare, il ricorrente ha dedotto che la Corte d'appello avrebbe omesso di motivare sulla ritenuta responsabilità dell'imputato.

5. Il difensore di N G (avv. P C) ha dedotto i seguenti motivi:

5.1 violazione di legge per non avere la Corte di appello dato risposta a tutti i motivi di appello e per non aver considerato l'atto di appello dell'avv. A B né nell'enunciazione dei motivi, proposti nell'interesse di N G, né nella motivazione;

5.2 violazione e falsa applicazione degli artt. 2643, 2657 e 1724 cod. civ. Con l'atto di appello era stata censurata l'erronea valutazione dei mezzi di prova e, quindi, l'omesso apprezzamento dell'ininfluenza della procura irrevocabile a vendere del 20 febbraio 2004, autenticata dal notaio Di Lizia. La Corte d'appello avrebbe ritenuto rilevante la procura a vendere, avendo trascurando però che: al momento della redazione di essa l'imputato non sarebbe stato presente;
in nessun atto risulterebbe che egli avesse ricevuto la procura e avesse avuto conoscenza dell'esistenza del documento;
la procura non sarebbe stata rinvenuta presso l'imputato ma presso la persona offesa. Per di più, la procura non sarebbe efficace, poiché se avente natura di atto unilaterale, sarebbe mancata l'accettazione dell'imputato;
se avente natura di atto bilaterale, sarebbe difettata la sottoscrizione del procuratore. Peraltro, Gaetano G aveva già in precedenza conferito incarico di intermediazione immobiliare a una società e tale incarico non risulterebbe né revocato né sospeso, sicché la procura irrevocabile a /1/ vendere in questione era affetta da nullità per sopravvenuta mancanza/inesistenza dell'oggetto;

5.3 violazione dell'art. 192 cod. proc. pen e vizi della motivazione, per non essere la persona offesa stata sentita come imputato di procedimento connesso, con conseguente valutazione delle sue dichiarazioni unitamente agli altri elementi di prova. Secondo il ricorrente, le sue dichiarazioni, come quelle dell'altra testimone, sarebbero state sconfessate dal fatto che la procura a vendere non sarebbe stata rinvenuta nella disponibilità dell'imputato;
la procura a vendere non sarebbe mai stata eseguita da A G, avendo trovato attuazione il mandato di intermediazione immobiliare rilasciata al soggetto che poi ha curato l'affare;
l'immobile non sarebbe stato venduto da N G ma direttamente dal proprietario;
non sarebbe vero che l'importo, ricavato dalla vendita, sarebbe stato versato a N G tramite M, essendo invece stato trattenuto da Carmine G, che ne avrebbe liberamente disposto;

5.4 violazione dell'art. 153 cod. pen., avendo la Corte territoriale errato nel calcolare la prescrizione del reato, che si sarebbe verificata il 13 giugno 2012, ossia dinanzi al giudice di primo grado, dovendosi applicare la legge antecedente al 2005 ed essendo i prestiti usurari stati effettuati nell'anno 2004;

5.5 violazione dell'art. 578 bis cod. proc. pen. e 240 bis, 322 bis, 644, ultimo comma, cod. pen. Dopo aver ricordato che è stata sottoposta a confisca la casa di famiglia, a lui pervenuta per successione paterna nell'agosto del 1978, il ricorrente ha dedotto che l'immobile non potrebbe essere frutto o provento del reato in contestazione. Peraltro, l'immobile sarebbe del valore di euro 1.512.350,00 e, quindi, la confisca non sarebbe stata disposta nei limiti degli interessi usurari.
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