Cass. civ., sez. III, sentenza 05/09/2005, n. 17763

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Massime1

In tema di responsabilità per illecito extracontrattuale, il principio secondo cui, nei rapporti interni tra più soggetti tenuti a rispondere solidalmente dell'evento dannoso, il regresso è ammesso, a favore di colui che ha risarcito il danno e contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa, presupponendo che ciascuno dei corresponsabili abbia una parte di colpa nel verificarsi dell'evento dannoso, esclude implicitamente la possibilità di esercitare l'azione di regresso nei confronti di coloro che, essendo tenuti a rispondere del fatto altrui in virtù di specifiche disposizioni di legge, e quindi in base ad un criterio di imputazione legale, risultano per definizione estranei alla produzione del danno. Pertanto, nell'ipotesi in cui per un incidente stradale siano tenuti a rispondere nei confronti di un terzo, oltre al conducente, il suo datore di lavoro ed il proprietario dell'autoveicolo, questi ultimi due sono privi di regresso l'uno nei confronti dell'altro, venendone a mancare la stessa funzione giuridico - economica, che consiste nell'accollare il costo del danno all'effettivo responsabile, mentre possono esperire, nello stesso o in separato giudizio, azione di rivalsa contro il conducente - dipendente, autore del fatto dannoso, per l'intera somma pagata al terzo danneggiato.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 05/09/2005, n. 17763
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17763
Data del deposito : 5 settembre 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D V - Presidente -
Dott. S F - Consigliere -
Dott. P L R - rel. Consigliere -
Dott. T G - Consigliere -
Dott. F R - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI PERGINE VALSUGANA in persona del Sindaco pro tempore Dott. R A, elettivamente domiciliato in ROMA VIA P.

MASCAGNI

154, presso lo studio dell'Avv. P V, rappresentato e difeso dall'avvocato B D giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
PROV AUT TRENTO, LONGO GIORGIO, FRUET GIUSEPPE;



- intimati -


e sul 2^ ricorso n.^ 05563/02 proposto da:
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, quale successore ex lege (art. 3 DLgs n. 320/1997) dell'ANAS, in persona del Presidente della Giunta legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA VIA DEI PORTOGHESI

12, presso gli uffici dell'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è difesa per legge.
- controricorrente e ricorrente incidentale -
e contro
COM PERGINE VALSUGANA;

avverso la sentenza n. 5/01 della Corte d'Appello di TRENTO, emessa il 28 novembre 2000, depositata il 09/01/01;
RG. 180/98. udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 16/03/05 dal Consigliere Dott. Renato PERCONTE LICATESE;

udito l'Avvocato PAOLO VITUCCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI

Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In seguito alla collisione avvenuta, lungo la S.S. Valsugana, tra l'auto condotta da L Giorgio e la macchina operatrice spazzatrice del Comune di Pergine Valsugana, condotta dal dipendente comunale F Giuseppe, il L conveniva in giudizio il Comune e il F, per ottenere il risarcimento del danno.
Il Comune chiamava in garanzia l'A.N.A.S., committente dei lavori in corso in quel tratto di strada, deducendo che, in tale qualità, la stessa doveva rispondere dei danni ai sensi dell'art. 2049 C.c.. Con sentenza del 27 gennaio 1998, il Comune e il F venivano condannati al risarcimento dei danni in favore del L. Veniva accolta anche la domanda di rivalsa, sulla base del rilievo che il veicolo del Comune e il conducente di esso erano stati messi a disposizione dell'A.N.A.S., su espressa richiesta dell'A.N.A.S. medesima. Doveva pertanto applicarsi il principio per cui è committente chi assume in proprio la direzione e la sorveglianza dei lavori, anche se impieghi personale altrui.
Appellava il L, dolendosi del concorso di colpa a suo carico e dell'esiguità del risarcimento.
Appellava altresì la Provincia Autonoma di Trento, subentrata all'A.N.A.S. (art. 3 del D. Lgs. N. 320 del 1997)f dolendosi dell'accoglimento della rivalsa del Comune.
La Corte d'Appello di Trento, in contumacia del F, riuniti i gravami, con sentenza del 9 gennaio 2001, in parziale riforma, ha liquidato in lire 35.000.000 il risarcimento del danno morale al L, rideterminando il risarcimento totale in lire 59.165.500;
ha condannato il Comune a pagare al L quest'ultima somma, oltre agli interessi;
ha determinato in lire 5.367.000, oltre agli interessi, la somma dovuta dal L quale risarcimento dei danni subiti dal Comune, che è stato condannato a restituirgli quanto ricevuto in più;
ha rigettato la domanda di manleva del Comune.
Ricorre per la cassazione il Comune, con un unico motivo. Resiste con controricorso la Provincia Autonoma di Trento, proponendo anche ricorso incidentale condizio-nato, sostenuto dall'unico motivo. Non si sono costituiti ne' il L ne' il F.
Il Comune ha depositato una memoria nonché osservazioni scritte alle conclusioni del P.G..
MOTIVI DELLA DECISIONE
È preliminare, al sensi dell'art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi.
Denunciando la violazione dell'art. 112 c.p.c. e dell'art. 2055 c.c., extrapetizione e motivazione illogica (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.), il ricorrente principale, premessa la distinzione concettuale tra azione di regresso e azione di rivalsa o manleva, lamenta che la Corte d'appello non si sia avveduta del rapporto di reciproca esclusione tra i due istituti, introducendo d'ufficio il tema dell'azione di regresso fra corresponsabili in solido. La sentenza è viziata da ultrapetizione, perché il motivo di appello della Provincia aveva ad oggetto soltanto la negazione, in capo all'A.N.A.S., dei presupposti necessari alla qualificazione come committente nel senso dell'art. 2049 C.c. e alla configurazione della responsabilità che ne
consegue. Il tema da decidere era dunque se dovesse ritenersi committente, ai sensi dell'art. 2049 C.c., il Comune o l'A.N.A.S., allo scopo di addossare all'uno o all'altra l'intera responsabilità, ma la Corte ha invece argomentato dalla disciplina dell'art. 2055 C.c., sovrapponendo il regresso alla rivalsa: onde la falsa
applicazione della norma sui rapporti interni fra corresponsabili in solido e sull'azione di regresso, la quale, a differenza della domanda di rivalsa (valida per l'intero), avrebbe avuto ad oggetto solo una parte delle conseguenze risarcitorie.
Censurabile appare, ad avviso del ricorrente, anche l'affermazione che l'azione di regresso non spetti nel rapporto fra proprietario del veicolo e datore di lavoro del conducente, giacché il regresso è regola generale fra i corresponsabili solidali, in virtù del principio sancito dagli artt. 1299 e 2055 C.c.. Il ricorrente denuncia altresì un "salto logico" emergente dalla sentenza impugnata, laddove congettura che "all'A.N.A.S. potesse essere riconosciuta la figura di datore di lavoro o di preponente del F", per poi soggiungere che, anche in questa ipotesi, il Comune "non avrebbe alcuna azione nei confronti del datore di lavoro" (e cioè dell'A.N.A.S.).
È agevole replicare che al Comune andrebbe negata semmai la sola azione di regresso, non anche quella di rivalsa. La conclusione della Corte, che il Comune non possa rivalersi sull'A.N.A.S., anche se questa sia da ritenere committente, si conferma quindi non sorretta da un "iter" argomentativo coerente.
A sua volta, con l'unico motivo del ricorso incidentale condizionato, la Provincia Autonoma, denunciando la violazione degli artt. 112 e 342 C.p.c. nonché motivazione incerta e contraddittoria (art. 360 n. 3 e 5 C.p.c.), lamenta che, trascurando uno specifico motivo di gravame, la Corte abbia omesso di accertare l'inesistenza di un qualsiasi rapporto tra il Comune e l'A.N.A.S. avente ad oggetto l'automezzo guidato dal F.
Il ricorso principale è destituito di fondamento.
La sentenza impugnata, nell'accogliere il gravame della Provincia Autonoma, quale successore a titolo particolare dell'A.N.A.S., ricorda l'orientamento di questa Corte Suprema (Cass. 12 febbraio 1982 n. 856) secondo cui il principio in forza del quale, nell'obbligazione solidale da fatto illecito, l'onere di ciascun obbligato, nei rapporti interni, è proporzionale alla rispettiva colpa comporta che, qualora, per un incidente stradale, nei confronti di un terzo, siano responsabili il conducente, il proprietario e il datore di lavoro, non vi sia azione di regresso tra il proprietario del mezzo e il datore di lavoro del conducente, poiché la responsabilità dell'evento è solo del conducente stesso. In altre parole, nei rapporti interni tra corresponsabili solidali, l'azione di regresso è possibile solo nei confronti di chi sia effettivamente responsabile dell'evento (e quindi il conducente) e non tra soggetti che non siano responsabili ma chiamati a rispondere con il conducente, in via solidale, in forza di specifiche norme di legge. Pertanto, conclude la sentenza, anche se all'A.N.A.S. potesse riconoscersi la veste di datore di lavoro o di preponente del F, il Comune di Pergine, quale proprietario dell'automezzo, non avrebbe alcuna azione nei confronti di tale datore di lavoro, che non è corresponsabile dell'evento. Consegue che il Comune non può rivalersi sull'A.N.A.S. di quanto pagato, anche nell'ipotesi che competa all'A.N.A.S. (oggi alla Provincia) la qualità di committente del F.
Tale decisione è giuridicamente corretta e va condivisa, con le precisazioni che seguono.
Accanto alla responsabilità del conducente F, definitivamente accertata, si pone, nei confronti del danneggiato L (e salvo il concorso di colpa di costui), la corresponsabilità solidale del Comune (proprietario del mezzo guidato dal F: art. 2054 3^ comma C.c.) e dell'A.N.A.S. (poi Provincia Autonoma), se e in quanto
datrice di lavoro o preponente del F (art. 2049 C.c.). Accanto cioè al soggetto effettivo e vero responsabile del sinistro (in concorso col danneggiato) sono tenuti verso il L altri due soggetti, a carico dei quali non è ravvisatile alcuna colpa, gli stessi essendo chiamati a rispondere, in solido tra loro e col primo, unicamente in forza di speciali disposizioni di legge (i già cit. articoli 2054 38 comma e 2049 C.c.), ovvero in base a un criterio di imputazione legale della responsabilità che prescinde dalle regole della causalità di fatto.
Ciò premesso, proprio dal tenore letterale dell'art. 2055 2 comma C.c. si desume agevolmente che il regresso tra responsabili in solido è ammesso, a favore di colui che ha risarcito il danno, e contro ciascuno degli altri, "nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa";
presuppone, in altri termini, che ciascuno dei corresponsabili abbia nell'evento una parte di colpa. Sebbene la norma non detti alcuna disciplina del regresso nell'ipotesi di concorso tra responsabili senza colpa e colpevoli, è pacificamente riconosciuto che, dovendo escludersi in tal caso la possibilità di ripartire l'onere del risarcimento tra i coobbligati in proporzione della rispettiva colpa e quindi di attribuire al responsabile per fatto altrui (come il padrone, il committente, il proprietario dell'autoveicolo), per definizione estraneo alla produzione dell'evento dannoso, una qualsiasi parte dell'onere nei rapporti interni col responsabile diretto del fatto dannoso;
il responsabile mediato o indiretto, che ha risarcito il danno a cagione della solidarietà verso il danneggiato, potrà esercitare l'azione di regresso, nei confronti dell'autore immediato del danno, per l'intera somma pagata.
È questa un'applicazione del principio, dettato in genere per le obbligazioni solidali, per cui, quando l'obbligazione sia stata contratta nell'interesse esclusivo di alcuno dei debitori, sarà posto a carico del debitore con interesse esclusivo l'intero peso del debito (art. 1298 1^ comma C.c.): venendo meno la stessa eventualità del regresso, se a pagare sia stato il debitore con interesse esclusivo, e dandosi invece il regresso per l'intero solo al debitore privo d'interesse (cfr., per es., gli artt. 1944 1 comma, 1950 e 1951 C.c.). Nessuna possibilità invece di configurare un regresso, ai sensi dell'art. 2055 2^ comma C.c. o di qualsiasi altra norma, tra responsabili indiretti o per fatto altrui ("idest" tutti incolpevoli), venendo a mancare in detta ipotesi la stessa funzione giuridica ed economica del regresso, che è quella di accollare il costo del danno all'effettivo responsabile (colpevole) e che non potrebbe utilmente dispiegarsi contro chi non abbia nessuna responsabilità (o colpa) nel fatto dannoso. Dopo aver pagato, pertanto, il responsabile indiretto non potrà esercitare il regresso contro un altro responsabile indiretto ne' "pro quota" ne' per l'intero, ma dovrà agire, per l'intero, soltanto contro l'unico colpevole, ovvero il responsabile diretto.
Questi principi non sono nuovi nella giurisprudenza di legittimità, la quale infatti, in un precedente piuttosto remoto, di cui ha fatto puntuale applicazione la Corte di merito, ebbe occasione di statuire che il principio in forza del quale, nell'obbligazione solidale da fatto illecito, l'onere di ciascun obbligato, nei rapporti interni, è proporzionato alla relativa colpa e all'entità delle conseguenze che ne sono derivate comporta, con riguardo all'obbligazione risarcitoria, per i danni conseguenti ad un incidente stradale, del conducente nonché del proprietario del veicolo e del datore di lavoro del conducente, che questi ultimi due, solidalmente responsabili col primo, a norma rispettivamente degli art. 2054 3 comma e 2049 C.c., mentre non possono ripartire tra ciascuno di essi e il conducente dipendente il cennato onere (ricollegabile solo alla condotta colposa di questo) e di conseguenza sono privi di regresso l'uno contro l'altro;
possono esperire, nello stesso o in separato giudizio, azione di rivalsa contro il conducente dipendente, autore del fatto dannoso, per l'intera somma pagata al terzo danneggiato (Cass. 12 febbraio 1982 n. 856). Una volta correttamente appurato dalla Corte di merito che nulla il Comune può pretendere dall'A.N.A.S. (ora Provincia Autonoma), esula anzitutto il denunciato vizio di ultrapetizione, giacché il giudice "a quo", richiesto dall'appellante di negare legittimità all'azione di regresso (o rivalsa) del Comune, segnatamente per l'assenza del rapporto di preposizione tra l'A.N.A.S. e il F, ha solo individuato, in punto di diritto ("jura novit curia"), una ragione ancora più assorbente. Secondariamente, attesa l'impossibilità di riversare sull'A.N.A.S. le conseguenze economiche del sinistro, si palesa priva di pregio la distinzione, che rischia di essere puramente terminologica, tra regresso e rivalsa (o manleva), sulla quale tanto insiste il ricorrente;
e, per altro verso, è ininfluente accertare se tra l'A.N.A.S. e il F corresse un rapporto di preposizione e giustamente quindi la Corte dichiara di volerne prescindere. Ed infatti, se è vero che, ove mai l'A.N.A.S. non avesse nemmeno veste di datore di lavoro o preponente del F, a maggior ragione non potrebbe essere chiamata, e oggi per essa la Provincia, a rispondere di alcunché verso chicchessia;
l'ipotetica esistenza di un siffatto rapporto non modificherebbe la condizione sostanziale e processuale dell'A.N.A.S., che, per quanto detto, resterebbe estranea alla pretesa oggi azionata dal Comune. Il rigetto del ricorso principale comporta l'assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
Giusti motivi consigliano di compensare tra le parti le spese del giudizio di Cassazione.

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