Cass. civ., sez. VI, ordinanza 03/06/2021, n. 15311

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. VI, ordinanza 03/06/2021, n. 15311
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15311
Data del deposito : 3 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 38692-2019 R.G. proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

- ricorrente -

contro

C B;
- intimata - avverso la sentenza n. 5075/06/2018 della Commissione tributaria provinciale della SICILIA, Sezione staccata di CATANIA, depositata il 19/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del giorno 11/03/2021 dal Consigliere L L. FATTO e

DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell'art.

1 - bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla I. n. 197/2016, osserva quanto segue. Con la sentenza in epigrafe indicata, decidendo nel giudizio di impugnazione proposto da B C avverso il rigetto dell'istanza di rimborso delle maggiori ritenute IRPEF effettuate dal datore di lavoro (Telecom Italia s.p.a.) della predetta contribuente sulle somme alla medesima corrisposte quale incentivo all'esodo, la CTR rigettava l'appello dell'amministrazione finanziaria argomentando sulla spettanza alla contribuente dell'agevolazione prevista dall'art. 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002 in favore dei soggetti colpiti dal sisma che aveva interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa il 13-16 dicembre del 1990, e, quindi, del rimborso del 90 per cento delle somme versate a titolo di imposta per il triennio 1990-1992. Avverso tale statuizione l'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui non replica l'intimata. Con il primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., 156 e 287 e segg. c.p.c., 112 c.p.c., sostenendosi la nullità della sentenza impugnata per «gravissimo ed assoluto difetto di motivazione estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rilevare la ratio decidendi spesa dal giudice territoriale», avendo la CTR «argomentato la sentenza con una motivazione totalmente incoerente rispetto alla questione controversa(come e si trattasse di un rimborso relativo a c.d. Sisma '90)». Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell'art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, sostenendosi che nel caso di specie la contribuente era decaduta dal diritto al rimborso avendo inoltrato istanza di rimborso oltre il termine di decadenza di cui alla disposizione censurata.Il primo motivo è fondato, atteso che dall'istanza di rimborso presentata dalla contribuente, dal conseguente atto di diniego dell'amministrazione finanziaria, nonché dal ricorso proposto dalla contribuente alla CTP di Ragusa, allegati per autosufficienza al ricorso in esame, in ossequio al protocollo d'intesa tra questa Corte ed il CNF del 17/12/2015, emerge chiaramente che la causa aveva ad oggetto la richiesta di rimborso delle maggiori ritenute IRPEF effettuate dal datore di lavoro (Telecom Italia s.p.a.) della predetta contribuente sulle somme alla medesima corrisposte quale incentivo all'esodo. Pertanto, la sentenza della CTR, motivata con riferimento a diverso rapporto tributario (rimborso dell'IRPEF ai sensi dell'art. 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002) è chiaramente affetta da nullità assoluta, che è ipotesi che si verifica «tutte le volte in cui la stessa manchi, come nella specie, di quel minimo di elementi o presupposti che sono necessari per produrre l'effetto di certezza giuridica che è lo scopo del giudicato, cui essa tende, non essendo possibile una chiara riconducibilità alle parti del processo del rapporto di cui si controverte». E', infatti, orientamento consolidato di questa Corte, seppur con riferimento ad altra fattispecie, quello secondo cui un provvedimento giurisdizionale avente contenuto decisorio emesso nei confronti delle parti del giudizio ma con motivazione e dispositivo relativi a diversa causa concernente altri soggetti, è affetto da inesistenza giuridica o nullità radicale e «comporta, per l'incompiuto esercizio della giurisdizione, che il giudice cui è apparentemente da attribuire la sentenza inesistente possa procedere alla sua rinnovazione, emanando un atto valido conclusivo del giudizio. L'incompiuto esercizio della giurisdizione assorbe anche i profili inerenti alla formazione del giudicato formale, non potendo darsi irretrattabilità di un atto giudiziario inesistenti" (Cass. 6162/2014, 30067/2011)». Tale principio è esportabile anche alle ipotesi in esame, ovvero al caso di statuizione emessa nei confronti delle parti del giudizio ma con motivazione e dispositivo relativi a differente rapporto tributario, fondato su presupposti diversi da quelli cui il giudice di appello ha adottato la propria decisione. Come condivisibilmente affermato da questa Corte (cfr. Cass.n. 15002 del 2015;
v. anche Cass. n. 16497 del 2019), in simili ipotesi il giudice, benché investito della potestà di decidere, non può superare i limiti strutturali della sentenza impugnata, per l'assoluto equivoco in essa contenuto quanto al rapporto tributario oggetto di giudizio. Peraltro il vizio è rilevabile d'ufficio. Ciò posto, osserva però il Collegio che l'accoglimento del primo motivo di ricorso per nullità della sentenza impugnata non comporta la necessità di cassare con rinvio la sentenza stessa, affinché il giudice di merito si pronunci sulla questione di merito, oggetto del secondo motivo di ricorso, giacché, sul presupposto del difetto della necessità di ulteriori accertamenti di fatto, trattandosi di questione di puro diritto, la Corte può statuire sulla medesima, ai sensi dell'art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., in ossequio al principio giurisprudenziale secondo cui «Alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo, come costituzionalizzato nell'art. 111, comma secondo, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell'attuale art. 384 cod. proc. civ., ispirata a tali principi, una volta dichiarata la nullità - con conseguente cassazione - della sentenza impugnata (nella specie, per insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo), la Corte di cassazione, qualora sia posta, con altro motivo di ricorso, una questione di mero diritto e su di essa si sia svolto il contraddittorio e non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto, può direttamente decidere la causa nel merito, attuando il previsto rimedio impugnatorio di carattere sostitutivo» (Cass. n. 24914 del 2011). Ciò precisato, osserva il Collegio che anche il secondo motivo è fondato e va accolto. Invero, nel caso di specie è pacifico che la contribuente ha avanzato istanza di rimborso oltre il termine decadenziale di quarantotto mesi di cui all'art. 38 d.P.R. n. 602 del 1973, e precisamente in data 06/02/2007 con riferimento a ritenute operate nel febbraio del 2002. Invero, la questione di diritto posta con il ricorso è stata risolta dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 13676 del 16/06/2014, che ha affermato il principio che nel caso in cui un'imposta venga dichiarata incompatibile con il diritto comunitario da una sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea - com'è accaduto con riferimento a quella che qui viene in rilievo - il termine di decadenza previsto dalla normativa tributaria (per le imposte sui redditi l'art. 38 d.P.R. n. 602 del 1973) per l'esercizio del diritto al rimborso, attraverso la presentazione di apposita istanza, decorre dalla data del versamento dell'imposta e non da quella, successiva, in cui è intervenuta la pronuncia che ha sancito la contrarietà della stessa all'ordinamento comunitario, atteso che l'efficacia retroattiva di detta pronuncia - come quella che assiste la declaratoria di illegittimità costituzionale - incontra il limite dei rapporti esauriti, ipotizzabile allorché sia maturata una causa di prescrizione o di decadenza, trattandosi di istituti posti a presidio del principio della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche. Principio reiteratamente ribadito dalle Sezioni semplici di questa Corte (cfr. Cass. n. 7996/16, n. 17340/2016, n. 22098/2016 e n. 2837/17) a cui il Collegio intende dare continuità.Si è altresì precisato che, per giustificare la decorrenza del termine decadenziale del diritto al rimborso dalla data della pronuncia della Corte di giustizia, piuttosto che da quella in cui venne effettuato il versamento o venne operata la ritenuta, non sono invocabili i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di "overruling", dovendosi ritenere prevalente una esigenza di certezza delle situazioni giuridiche, tanto più cogente nella materia delle entrate tributarie, che resterebbe vulnerata attesa la sostanziale protrazione a tempo indeterminato dei relativi rapporti (cfr., ex multis, Cass. n. 7996/2016, cit.). Pertanto, in accoglimento del ricorso dell'Agenzia delle entrate, va cassata la sentenza impugnata con decisione nel merito di rigetto dell'originario ricorso della contribuente e compensazione delle spese dell'intero giudizio per essere stata la causa decisa sulla base di un orientamento giurisprudenziale intervenuto successivamente all'introduzione del giudizio di merito.
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