Cass. pen., sez. V, sentenza 08/09/2023, n. 43626
Sentenza
8 settembre 2023
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8 settembre 2023
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Massime • 1
Ai fini dell'applicazione della circostanza aggravante di cui all'art. 61, n. 7), cod. pen. al reato continuato, la rilevante gravità deve essere valutata non con riguardo al danno patrimoniale complessivamente causato dalle plurime violazioni, ma con riguardo a quello cagionato da ciascuna di esse, in quanto, al di là della unificazione "quoad poenam" prevista dall'art. 81 cod. pen., i diversi reati conservano la loro autonomia in relazione a qualsiasi altro istituto giuridico.
Sul provvedimento
Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA 4362 6-23 In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUINTA SEZIONE PENALE Composta da: -Presidente - CARLO ZAZA Sent. n. sez. 2391/2023 UP 08/09/2023- EDUARDO DE GREGORIO R.G.N. 7614/2023 LUCA PISTORELLI Relatore FRANCESCO CANANZI VINCENZO SGUBBI ha pronunciato la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: IL TR nato a [...] il [...] LO FA nato a [...] il [...] IL ED nato a [...] il [...] ST AD nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 01/02/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA PISTORELLI;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale dott. Pasquale Serrao D'Aquino, che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi;
udito per la parte civile l'avv. Alessandro Gamberini, che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi;
udito per gli imputati l'avv. Giorgio Tedesco, che ha concluso chiedendo l'accoglimento dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Bologna ha confermato, anche agli effetti civili, la condanna, pronunziata a seguito di giudizio abbreviato non condizionato, di CI RI, IL PI, IL FE e TI AD per il concorso nel reato di furto pluriaggravato continuato ad oggetto plurime somme di denaro sottratte dal conto corrente di NI OC e commesso attraverso l'utilizzo di assegni o disposizioni recanti firma apocrifa o fraudolentemente carpita dall'CI, già dipendente della filiale dell'istituto bancario presso cui il suddetto conto era stato acceso, come denunziato nella querela proposta da ON CE, nipote ed erede della vittima.
2. Avverso la sentenza ricorrono gli imputati con unico atto a firma del comune difensore articolando dieci motivi.
2.1 Con il primo deducono violazione di legge e vizi di motivazione in ordine alla mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale al fine di procedere all'audizione della teste PU NA, già collaboratrice domestica della persona offesa, che aveva costituito oggetto della primigenia richiesta di abbreviato condizionato proposta dagli imputati poi rigettata dal Tribunale.
2.2 Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano vizi di motivazione in relazione alla valutazione del compendio probatorio sia per quanto attiene alla ritenuta attendibilità della querelante, costituitasi parte civile e che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, non avrebbe in realtà avuto conoscenza diretta e completa del tenore di vita e delle spese consapevolmente adottate della defunta negli ultimi anni di vita, sia in merito alla immotivata scelta di far prevalere gli esiti delle indagini grafologiche svolte su copia fotostatica dai consulenti del P.M. e della parte civile sulle opposte conclusioni dedotte da quello della difesa.
2.3 Con il terzo motivo vengono dedotti violazione di legge e vizi di motivazione in merito all'affermazione di responsabilità degli imputati in ragione della mancata valutazione delle prove a discarico ed in particolare alla mancata rilevazione della difformità delle sottoscrizioni degli assegni da parte dei colleghi dell'CI che ne avevano disposto il pagamento, alla presenza di verbale di conciliazione stragiudiziale alla base del licenziamento dello stesso, avvenuto su base consensuale e soprassedendo sulla fondatezza della contestazione disciplinare, nonché alla puntuale ricostruzione delle spese abitualmente sostenute dalla NI in epoca antecedente i fatti, ben più consistenti di quelle descritte dalla querelante. D'altra parte, con riguardo agli imputati TI AD e IL PI, la Corte d'appello avrebbe omesso di considerare la corrispondenza tra gli importi ricevuti e la collaborazione da questi offerta in ragione delle necessità di assistenza della vittima, mentre irragionevole sarebbe la valutazione circa la consapevolezza, da parte di IL FE, della sottrazione del denaro, ritenuta sussistente esclusivamente in ragione dei rapporti familiari tra questa e i coimputati.
2.4 Analoghi vizi vengono prospettati con il quarto motivo in relazione alla errata qualificazione della fattispecie concreta in termini di furto aggravato piuttosto che di truffa, la quale sarebbe dipesa dalla mancata valorizzazione delle circostanza per cui, stante la periodica ricezione, da parte della NI, dei documenti bancari relativi alle operazioni di addebito, sarebbe irragionevole affermare che questa ignorasse l'esistenza di movimentazioni non autorizzate, potendosi al più ipotizzare che ella fosse stata ingannata in proposito, specie sul quantum delle operazioni.
2.5 I medesimi vizi vengono altresì dedotti con il quinto ed il sesto motivo in relazione alla ritenuta sussistenza delle aggravanti di cui all'art. 61 n. 5 e n. 7 c.p., la prima valutata esclusivamente sulla base dell'età avanzata della vittima e la seconda dipesa da un giudizio di tipo globale, il quale non avrebbe tenuto conto dell'ampio periodo di svolgimento dei fatti.
2.6 Con gli ulteriori motivi di ricorso i ricorrenti contestano l'assenza di motivazione sul trattamento sanzionatorio riservato agli imputati e, nella specie, con riguardo alla posizione di IL PI, IL FE e TI AD, viene censurato il mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 114 c.p. ed il diniego della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle contestate aggravanti, mentre, per quanto attiene alla posizione di CI RI, si lamenta la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Infine, i ricorrenti avversano la quantificazione della provvisionale, avvenuta in difetto di prova del danno subito dalla parte civile, nonché in mancanza di indicazione circa i criteri utilizzati per la determinazione degli importi. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sono fondati nei limiti di seguiti esposti.
2. Invero infondato è il primo motivo, in quanto, nel sostenere che la Corte territoriale avrebbe erroneamente svalutato la necessità e la rilevanza del contributo apportabile dalla teste esclusa ai fini della corretta ricostruzione dei fatti contestati, non dialoga con i puntuali e tassativi presupposti in base ai quali la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale è esperibile d'ufficio in sede d'appello. Pacifica infatti la mancata esplicita richiesta del ricorrente circa l'attivazione del procedimento di rinnovazione di cui all'art. 603 co. 1 c.p.p. con l'atto di impugnazione - alla quale non può invero essere ricondotta la generica istanza relativa alla decisività delle eventuali dichiarazioni della PU in quanto volta, nello specifico contesto, a censurare la previa decisione di rigetto della richiesta di accesso al rito abbreviato condizionato del tutto conforme ai requisiti di - legge nonché correttamente argomentata appare la decisione di cui all'impugnata sentenza, avendo invero la Corte territoriale dato atto della non assoluta necessità di acquisire la prova stanti sia la genericità della domanda, che la completezza del materiale probatorio in atti. D'altra parte, anche a voler qualificare le censure avanzate dagli odierni ricorrenti con l'atto di appello quali puntuali richieste di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, la motivazione adottata dalla Corte d'appello sul punto sarebbe comunque condivisibile e priva di vizi logici, specie a fronte di una richiesta di natura meramente esplorativa e volta ad ottenere prove solo eventualmente favorevoli agli imputati, non potendosi infatti in alcun modo conoscere il possibile contenuto delle dichiarazioni provenienti dalla teste (Sez. 3, n. 47293 del 28/10/2021, R., Rv. 282633).
3. Infondato è altresì il secondo motivo di ricorso, specie ove travisa il contenuto della sentenza impugnata. Invero, contrariamente a quanto asserito dai