Cass. pen., sez. VI, sentenza 24/06/2021, n. 24714
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da Procura della Repubblica presso il Tribunale di Varese avverso l'ordinanza del Tribunale di Milano del 3 marzo 2021 nel procedimento promosso contro S S, nato a Agrigento il 5 marzo 1964 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere B P R;letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Procuratore generale P M, che ha concluso per la reiezione del ricorso RITENUTO IN FATTO 1. La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Varese ha impugnato l'ordinanza descritta in epigrafe con la quale il Tribunale di Milano ha dichiarato inammissibile, perché tardivo, l'appello ex art. 310 cod. proc. pen. proposto dalla medesima parte pubblica odierna ricorrente avverso l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Varese del 16 febbraio 2021, con la quale è stata rigettata la misura cautelare personale chiesta in danno, tra gli altri, di S S. 2. Si lamenta nel ricorso violazione di legge avuto riguardo agli artt. 310, secondo comma, 309 , quarto comma, e 583 cod. proc. pen. nonché all'art. 24 del d.l. n. 137 del 28 ottobre 2020, cosi come convertito con modificazioni dalla legge n. 176 del 18 dicembre 2020, e agli artt 3, 32, 111 Cost.Evidenza la parte ricorrente che il ricorso in appello - materialmente depositato presso la cancelleria del Tribunale del riesame oltre l'orario di chiusura al pubblico dell'ultimo giorno utile per la tempestiva interposizione dell'impugnazione - è stato altresì inviato tramite posta elettronica certificata (pec), all'indirizzo del medesimo organo giudicante, come da ricevuta allegata che ne attesta il deposito telematico, intervenuto alle ore 14,07 dello stesso giorno di scadenza del termine per impugnare, previsto ai sensi degli artt. 309, primo comma, e 310, comma secondo, cod. proc. pen. Aspetto, questo, integralmente pretermesso dal provvedimento impugnato, e che, per contro avrebbe reso l'appello tempestivo ai sensi di quanto previsto dall'art. 24 del c1.1. n. 137 del 28 ottobre 2020, cosi come convertito con modificazioni dalla legge n. 176 del 18 dicembre 2020, il cui disposto, avuto riguardo ai commi 4, 6- bis e 6-quinquies, ad avviso della ricorrente, legittima, secondo una lettura costituzionalmente orientata del testo, la possibilità anche per la parte pubblica, di depositare telematicamente le impugnazioni, comprese quelle cautelari, residuando altrimenti l'illegittimità costituzionale delle medesime disposizioni, perché in ritenuto conflitto con gli artt. 3, 32, primo comma, e 111 primo e secondo comma, della Costituzione. Deposito telematico, si rimarca nel ricorso, da ritenersi inoltre consentito, ai sensi dell'ultimo periodo del quarto comma del citato art. 24, entro la fine del giorno di scadenza del termine per impugnare, in deroga a quanto previsto in via generala dall'art 172, sesto comma, cod. proc. pen. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso non merita l'accoglimento per le ragioni precisate di seguito. 2. Non è revocabile in dubbio che le modifiche apportate, in sede di conversione, all'art. 24 del d.l. n. 137 del 2020, dalla legge n. 176 del 2020, consentono, per il circoscritto periodo considerato dalla normativa speciale dettata per l'emergenza epidemiologica, il deposito di qualsivoglia atto di impugnazione, anche cautelare, tramite l'invio dell'atto mediante pec. Depongono in tal senso, in modo inequivoco, i commi dal 6-bis al 6-decies del citato art. 24 nella sua attuale formulazione, con particolare riguardo al disposto dei commi 6 -quinquies e 6 -decies che, in termini reiterativi, definiscono nella maniera più ampia possibile il perimetro di estensione della normativa in oggetto, destinato a comprendere gli atti di impugnazione di qualsiasi tipo, senza distinzioni di sorta. Tanto consente di ritenere non più attuale la lettura interpretativa del medesimo disposto, nella sua originaria formulazione, recentemente offerta da questa Corte (Sez. 1 , n. 32566 del 03/11/2020, Caprioli, Rv. 279737) in forza della quale è stata esclusa la possibilità di consentire, in alternativa alle forme ordinarie, il deposito telematico delle impugnazioni, perché il tenore dell'art. 24, comma 4, citato, all'epoca, non conteneva alcuna deroga alle previsioni sia del codice di procedura penale in tema di modalità del deposito delle impugnazioni, sia del d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito con modificazioni dalla I. 22 febbraio 2010, n. 24, e sia anche del regolamento delegato adottato con decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, concernente le regole tecniche per il processo civile e penale telematici. 3. Ferma, dunque, l'astratta possibilità di procedere, avvalendosi dell'invio tramite pec, al deposito dell'atto di impugnazione, anche per i ricorsi , quale quello di specie, di matrice cautelare, nel caso sono anche incontroversi la tardività del deposito cartaceo, presso la cancelleria del Tribunale del riesame competente, dell'appello interposto nell'occasione dall'odierna parte ricorrente;al tempo stesso, la teorica possibilità di ritenere tempestivo il medesimo gravame facendo riferimento alla legislazione emergenziale in disamina. Quanto a tale ultimo profilo, in linea con quanto evidenziato nel ricorso, va infatti rimarcato che l'ultimo periodo del quarto comma del citato art. 24 consente il deposito entro la fine del giorno di scadenza dell'incombente da eseguire, in deroga, dunque, a quanto previsto, in via generale, dall'art. 172, sesto comma, cod. proc. pen.;e non sembra discutibile l'estensione di siffatto principio agli atti di impugnazione, atteso che il quarto comma dell'art. 24 costituisce la disposizione di riferimento di tutti gli atti del processo penale, diversi da quelli considerati dai primi due commi dello stesso articolo, suscettibili di deposito per il tramite dell'invio a mezzo pec, come del resto reso inequivoco dal tenore letterale del primo periodo del successivo comma 6 -bis. 4. Ciò precisato, il tema posto allo scrutinio della Corte, alla luce di tali precondizioni, attiene alla possibilità di interpretare il contenuto delle dette previsioni contenute nell'art. 24 citato in termini tali da ritenere che una siffatta, alternativa, forma di deposito dell'atto di impugnazione possa considerarsi consentita, oltre che alle parti private, anche al Pubblico Ministero ricorrente. Ad avviso della Corte, una tale soluzione interpretativa non trova conforto nel dato normativo offerto dall'attuale tenore dell'ad 24 del 24 del d.l. n. 137 del 2020: in particolare non colgono nel segno, e per più concorrenti ragioni, i tentativi della Procura ricorrente di forzarne l'interpretazione alla luce di una rivendicata lettura costituzionalmente orientata che, se non percorsa, darebbe corpo ai prospettati dubbi di tenuta costituzionale della disciplina in oggetto.
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