Cass. civ., sez. I, sentenza 15/07/2004, n. 13117
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Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S A - Presidente -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. G G - Consigliere -
Dott. N A - Consigliere -
Dott. G P - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
L L, in proprio e quale procuratore generale dei germani A L e L L, elettivamente domiciliati in Leonforte, Corso Umberto n. 367, presso lo studio dell'Avv. G B che li rappresenta e difende in forza di procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
PROVINCIA REGIONALE di E, elettivamente domiciliata in Roma, Via Gioacchino Belli n. 39, presso lo studio dell'Avv. S P, rappresentata e difesa dall'Avv. P P in forza di procura speciale a margine della memoria difensiva in data 15.1.2004;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Corte di Appello di Caltanissetta n. 8/2001 pubblicata il 31.1.2001. Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 27.1.2004 dal Consigliere Dott. P G.
Udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. G A, il quale ha concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso e per l'accoglimento del resto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione in data 11/14.10.1985, L L, nella qualità di procuratore generale del padre, L C G, conveniva davanti al Tribunale di Nicosia l'allora Amministrazione Provinciale di Enna, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni relativi all'irreversibile trasformazione di due appezzamenti di terreno di proprietà del genitore, occupati in via temporanea e d'urgenza il 24.11.1980, previa autorizzazione del 6.9.1980, per la realizzazione del Liceo Scientifico di Leonforte.
La convenuta si opponeva alla pretesa avversaria, assumendo la legittimità dell'acquisizione delle aree in ragione del fatto che entro il termine quinquennale dall'occupazione, e precisamente il 14.1.1984, era stato emesso il decreto di esproprio. Il giudice adito, con la sentenza n. 161/1989, rigettava la domanda. La Corte di Appello di Caltanissetta, investita del gravame, mediante la decisione assunta in data 13.2/1.3.1991, confermava la pronuncia impugnata.
La Corte di Cassazione, quindi, con la sentenza del 20.1/16.5.1994, rilevando la sussistenza delle condizioni per la conversione della domanda di risarcimento dei danni in quella di opposizione alla stima, cassava la decisione anzidetta rinviando alla Corte nissena, davanti alla quale il giudizio veniva ritualmente riassunto. Frattanto, con atto di citazione notificato il 12.3.1991, L L, in proprio e nella qualità di procuratore generale del padre e dei fratelli L A e L L, conveniva davanti alla medesima Corte territoriale l'Amministrazione Provinciale di Enna, proponendo opposizione alla stima e chiedendo in particolare la determinazione delle indennità di espropriazione e di occupazione secondo il reale valore di mercato del terreno, che assumeva avesse natura di suolo edificabile sito in zona residenziale. La convenuta resisteva alla domanda.
Detta Corte, riunite le due cause, con la sentenza del 20.12.2000/31.1.2001, determinava le indennità di espropriazione e di occupazione dovute alla parte attrice (in lire 144.280.138 ed in lire 22.649.980, rispettivamente), assumendo per quanto interessa:
a) che la stima del valore del terreno, effettuata dal CTU in lire 66.000 al metro quadrato, fosse da condividere, in quanto, da un lato, non poteva essere messo in discussione il carattere edificabile dell'area, inserita dal PRG in quelle destinate ad "attrezzature di interesse comune", laddove, dall'altro lato, un vincolo ed una limitazione simili, apposti alla edificabilità, non potevano non incidere sulla domanda, limitandola quantitativamente, senza che fosse da reputare corretta l'attribuzione di un valore riferito a quello dei terreni limitrofi, siti in aree edificabili in quanto ricadenti, secondo la previsione dello strumento urbanistico, in zona residenziale "B";
b) che l'indennità di occupazione legittima dovesse ottenersi calcolando gli interessi legali nella misura del cinque per cento sulla indennità di esproprio per il relativo periodo di durata, pari, dal 24.11.1980 al 14.1.1984, a tre anni, un mese e ventuno giorni;
c) che sussistessero giusti motivi per compensare le spese del giudizio conclusosi in sede di legittimità, fermo il criterio della soccombenza quanto a quelle relative alla causa di opposizione alla stima introdotta davanti ad essa Corte.
Avverso tale sentenza, ricorre per Cassazione L L, in proprio e quale mandatario dei germani L A e L L, deducendo tre motivi di gravame, illustrati da memoria, cui resiste la Provincia Regionale di Enna con controricorso parimenti illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Debbono, innanzi tutto, essere disattese le pregiudiziali eccezioni di improcedibilità e di inammissibilità del ricorso rispettivamente sollevate dalla controricorrente nella memoria difensiva in data 15.1.2004 (ma del tutto tempestivamente, trattandosi di questioni rilevabili comunque d'ufficio) con riguardo, per un verso, al deposito del ricorso, notificato il 30.5.2001, in data 21.6.2001, ovvero (si assume) un giorno dopo la scadenza del termine utile fissato dall'art. 369, primo comma, c.p.c., nonché, per altro verso, alla carenza di apposito mandato alla proposizione del giudizio in relazione ai ricorrenti L L e L A. Sotto il primo profilo, infatti, si osserva:
a) che l'art. 134 disp. att. c.p.c., come sostituito dall'art. 3 della legge 7 febbraio 1979, n. 59, consente espressamente, al primo
comma, il deposito del ricorso e del controricorso, nonché degli atti indicati dagli artt. 369 e 370 c.p.c., mediante l'invio per posta, in plico raccomandato, al cancelliere della Corte di Cassazione, disponendo poi, al quinto comma, che, in tal caso, il deposito si ha per avvenuto, a tutti gli effetti, alla data di spedizione dei plichi con la posta raccomandata;
b) che, nella specie, il ricorso, essendo stato notificato il 30.5.2001, risulta quindi inviato per posta alla Suprema Corte con raccomandata spedita il "15.6.2001", ovvero depositato, giusta quanto precede, sotto quest'ultima data e, cioè, entro il termine stabilito dal primo comma dell'art. 369 c.p.c., restando per contro del tutto irrilevante il fatto che il plico, il 21.6.2001, sia giunto all'ufficio depositi della medesima Corte. Sotto il secondo profilo, giova notare:
a) che la procura speciale a margine del ricorso risulta conferita all'Avv. G B da L L "in proprio e quale procuratore generale dei germani Antonino e Lorenzo, giusta atto in Notar C. (Carlo) Patti del 9.11.1988, rep. n. 2686 (rectius 25686)";
b) che la procura generale da ultimo richiamata, debitamente versata in atti, costituisce (anche) una procura "ad negotia", secondo quanto traspare dal suo stesso contenuto;
c) che, mentre il procuratore generale alle liti non è abilitato a conferire, a nome del proprio rappresentato, ne' a sè medesimo ne' ad altri la procura speciale necessaria per proporre ricorso per Cassazione, diversamente è a dire circa il procuratore generale ad negotia, il quale ben può rilasciare l'anzidetta procura speciale, come esattamente nella specie, in forza della stessa rappresentanza sostanziale attribuitagli (Cass. 21 luglio 1995, n. 7975;Cass. 22 marzo 1996, n. 2493;Cass. 19 maggio 1998, n. 4996;Cass. 28 giugno 2002, n. 9493;Cass. 6 agosto 2002, n. 11765). Con il primo motivo di impugnazione, lamentano i ricorrenti violazione dell'art. 360, n. 5, c.p.c. per insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alle critiche mosse dai medesimi ricorrenti alla consulenza tecnica, deducendo:
a) che questi ultimi hanno sempre sostenuto che il consulente, per la determinazione del giusto prezzo dell'area espropriata, avrebbe dovuto riferirsi all'indice di fabbricabilità indicato dal piano urbanistico per la zona immediatamente adiacente o, in subordine, a quello ricavato dalla media degli indici di fabbricabilità delle sole zone edificabili circostanti, con esclusione dell'indice di fabbricabilità delle zone agricole;
b) che tutto quanto precede risulta essere stato prospettato vuoi con le deduzioni di udienza del 7.7.1997, vuoi con la comparsa conclusionale depositata il 29.9.1999, vuoi, infine, con la seconda comparsa conclusionale depositata il 7.10.2000;
c) che in una simile situazione, essendo stata incontestabilmente accertata la natura edificatoria del terreno, la Corte territoriale non avrebbe potuto e dovuto fare a meno di prendere in considerazione tali critiche ed accoglierle, onde, lungi dal limitarsi ad affermare di non volersi discostare dalle conclusioni del consulente tecnico, dalle quali si è peraltro discostata per quanto riguarda la valutazione dell'indennità di occupazione (indicata dal consulente stesso in lire 86.526.000 e da detta Corte in lire 22.649.980), avrebbe dovuto chiarire se quest'ultimo, per la determinazione dell'indice di edificabilità dell'area espropriata, poteva riferirsi, per un terreno edificabile (e tale ritenuto dalla medesima Corte), oltre che all'indice di edificabilità delle zone edificabili, a quello delle zone agricole, spiegandone in caso affermativo la ragione e dando altresì conto del motivo della determinazione dell'indennità di occupazione legittima nella misura di un quarto circa rispetto a quella indicata dall'ausiliario. Il motivo non è fondato.
Vale al riguardo osservare:
1) che gli odierni ricorrenti, anche in ragione della mancanza di analitici riferimenti al tenore della consulenza tecnica di ufficio, non hanno convenientemente specificato, così contravvenendo al principio stesso di autosufficienza del ricorso, l'esatta misura e la reale incidenza, sul risultato finale, dell'indice di edificabilità delle zone agricole che pure si assume essere stato (erroneamente) preso in considerazione, ai fini della determinazione del valore venale dell'area espropriata, dal medesimo consulente, dalle cui conclusioni la Corte territoriale, nell'impugnata sentenza, ha espressamente ritenuto "di non doversi discostare";
2) che gli stessi ricorrenti, anche in ragione della genericità del richiamo agli atti (documenti n. 5, n. 4 e n. 3, rispettivamente) di cui alla lettera "b" che precede, dei quali non è stato analiticamente riportato (se necessario, trascrivendolo) il contenuto che si pretende rechi le censure mosse all'elaborato peritale, non hanno del pari specificato ne' la reale consistenza numerica ne' l'effettiva, più favorevole incidenza, sulla determinazione del valore dell'area in oggetto, dell'"indice di fabbricabilità indicato dal Piano Urbanistico per la zona immediatamente adiacente o, in subordine,...(di) quello ricavato dalla media degli indici di fabbricabilità delle zone edificabili circostanti", cui, si assume, avrebbe dovuto riferirsi il consulente;
3) che, pertanto, non soggiace alle doglianze dedotte dai ricorrenti, neppure sotto il profilo del denunziato vizio di motivazione, l'assunto della Corte territoriale la quale, pur sulla base dell'incensurato apprezzamento di fatto secondo cui "non può essere messo in discussione il carattere edificabile dell'area (ed) il terreno espropriato certamente non può essere considerato...terreno agricolo", ha ritenuto che "l'attribuzione di un valore riferito a quello dei terreni limitrofi, siti in aree edificabili in quanto ricadenti, secondo la prescrizione dello strumento urbanistico, in zona residenziale 'B', non sarebbe (tuttavia) corretta, dovendosi necessariamente considerare, ai fini della valutazione del prezzo di mercato, dei vincoli e delle limitazioni apposte alla edificabilità...in quanto esiste nel P.R.G. un vincolo di destinazione della zona ad attrezzature ed impianti di interesse generale che non può non incidere sulla domanda, limitandola quantitativamente", là dove detto giudice, così argomentando, ha del resto fatto, per implicito, corretta applicazione dei principi secondo cui, da un lato, la destinazione urbanistica ad usi edilizi della zona cui appartiene il fondo da indennizzare in caso di espropriazione (c.d., "edificabilità legale"), quale presupposto necessario a conferire in astratto la natura edificatoria, deve essere completata dalle condizioni che in concreto inducono a determinare il valore venale ed, in primo luogo, dalla volumetria edilizia esprimibile in base agli indici di fabbricabilità della zona urbanistica (Cass. 7 novembre 2003, n. 16710), mentre, dall'altro lato, l'indice di edificabilità da considerare a tali fini, secondo il criterio analitico-deduttivo, è quello che risulta previsto dallo stesso strumento urbanistico che abbia fissato la destinazione edilizia del terreno (o, comunque, ad esso applicabile), essendo del tutto illegittimo il riferimento ad indici di edificabilità stabiliti per aree limitrofe ovvero alla loro media (Cass. 18 aprile 1998, n. 3948);
4) che, a fronte dell'adeguata e (di per sè) corretta motivazione posta dal giudice di merito a fondamento della determinazione dell'indennità di occupazione nella misura di lire 22.649.983 ("Tale somma è ottenuta calcolando gli interessi legali nella misura del 5% sulla indennità di esproprio per il periodo di occupazione legittima che è di tre anni, un mese e 21 giorni"), gli odierni ricorrenti non hanno minimamente specificato, mediante analitico riferimento al contenuto dell'elaborato peritale, le ragioni per le quali il consulente abbia determinato siffatta indennità in lire 86.526.000, onde non risulta neppure consentito a questa Corte di apprezzare, sotto le specie del denunziato vizio di motivazione, la stessa decisività della censura in relazione alla mancata considerazione, da parte del predetto giudice di merito, di argomentazioni del medesimo consulente capaci di indurre tale giudice ad una decisione sul punto necessariamente diversa.
Con il secondo motivo di impugnazione, lamentano i ricorrenti violazione dell'art. 360, n. 3, c.p.c. per mancata applicazione dell'art. 389 c.p.c., deducendo:
a) che con l'atto di riassunzione del giudizio ritualmente notificato alla Provincia Regionale di Enna, i ricorrenti hanno chiesto la restituzione delle somme precettate sulla base della sentenza della Corte di Appello di Caltanissetta annullata con la sentenza della Cassazione n. 3789 (rectius, 4789) del 1994, nonché di quelle portate dalla quietanza n. 1766 del 16.12.1991, alla stessa corrisposte per il rimborso delle spese liquidate nel giudizio di opposizione;
b) che la richiesta è stata totalmente ignorata dalla predetta Corte territoriale, la quale si è resa in tal guisa responsabile della violazione della norma sopra richiamata.
Il motivo è fondato.
Si deve, al riguardo, considerare:
1) che dall'esame degli atti, consentito a questa Corte essendosi da parte dei ricorrenti denunziato un error in procedendo segnatamente consistito nella mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, risulta come, in effetti, con l'atto di citazione per riassunzione davanti alla Corte territoriale di Caltanissetta notificato all'odierna controricorrente il 7.10.1994, gli attuali ricorrenti abbiano espressamente dedotto il proprio interesse "alla restituzione delle somme pagate in virtù della sentenza cassata, con la rivalutazione e gli interessi legali...", ivi concludendo, quindi, nel senso di "Riconoscere il diritto a ripetere le somme di L.