Cass. civ., sez. VI, ordinanza 22/11/2022, n. 34345
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pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso 162-2022 proposto da: M S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. MODESTINO D'AQUINO e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione -ricorrente - contro STUDIO ASSOCIATO CANALE, in persona del titolare G C, elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZZA DELLA LIBERTA' n. 20, presso lo studio dell'avv. S C, rappresentato e difeso dall'avv. A C -controricorrente - avverso la sentenza n. 4365/2021 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 15/06/2021;udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/11/2022 dal Consigliere Dott. S O F D C M S.r.l. proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 785/2009 con cui il Tribunale di Latina le aveva ingiunto il pagamento dell’importo di € 9.945,20 in favore dello Studio Associato C, quale compenso per prestazioni professionali di consulenza del lavoro rese in favore dell’opponente dal titolare, rag. Giovanni C. L’opponente contestava la legittimazione attiva dello studio associato in luogo del singolo professionista, eccepiva l’esistenza di un accordo verbale di compensazione tra le parti, e concludeva per la revoca del decreto opposto e , e in via riconvenzionale, per la condanna del C al pagamento del maggior importo dovuto a fronte delle controprestazioni eseguite in suo favore dall’opponente. Il Tribunale accoglieva l’eccezione di compensazione e revocava il decreto ingiuntivo, rigettando tuttavia la domanda riconvenzionale. Con la sentenza impugnata, n. 4365/2021, riformava la decisione di prime cure, ritenendo non provato l’accordo di compensazione tra le parti, e condannava M S.r.l. a pagare allo Studio Associato C il compenso per le sole prestazioni di cui era stata data prova di effettivo svolgimento. Per la cassazione di detta decisione propone ricorso M S.r.l., affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso lo Studio associato C. In prossimità dell’adunanza camerale, entrambe le parti hanno ha depositato memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.: “PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART. 380-BIS COD. PROC. CIV. INAMMISSIBILITA’ del ricorso. M S.r.l. proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 785/2009 con cui il Tribunale di Latina le aveva ingiunto il pagamento dell’importo di € 9.945,20 in favore dello Studio Associato C, quale compenso per prestazioni professionali rese in favore dell’opponente dal Rag. Giovanni C, consulente del lavoro. L’opponente contestava, in particolare, la legittimazione attiva dello studio associato in luogo del singolo professionista, ed eccepiva l’esistenza di un accordo verbale tra le parti, in forza del quale il corrispettivo spettante all’opposto per l’elaborazione delle buste paga dell’opponente sarebbe stato compensato con la messa a disposizione, in suo favore, dei locali della ricorrente, oltre che con il procacciamento di affari;esponeva, ancora, che parte delle prestazioni dedotte in monitorio erano state in realtà espletate direttamente dal dott. M, socio di M S.r.l. Concludeva, pertanto, per la revoca del decreto ingiuntivo, e in via riconvenzionale chiedeva la condanna del C al pagamento del maggior importo dovuto dal medesimo a fronte delle controprestazioni eseguite in suo favore dall’opponente. Il Tribunale accoglieva l’eccezione di compensazione e revocava il decreto ingiuntivo, rigettando la domanda riconvenzionale sul presupposto che, in ragione dell’accordo compensativo, nessuna parte avrebbe potuto vantare pretese nei confronti dell’altra per le reciproche prestazioni. Lo Studio Associato C interponeva appello contestando l’esistenza del dedotto accordo di compensazione. M S.r.l. eccepiva la formazione del giudicato interno sulla sussistenza del proprio credito, portato in compensazione, e spiegava gravame incidentale. La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 4365/2021, in parziale accoglimento dell’appello principale e di quello incidentale, riteneva non provato l’accordo di compensazione tra le parti e condannava M S.r.l. a pagare allo Studio Associato C il compenso per le sole prestazioni di cui era stata data prova di effettivo svolgimento. Per la cassazione di detta decisione propone ricorso M S.r.l., affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso lo Studio associato C. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione del giudicato interno, in quanto lo Studio C nel proprio atto di appello aveva impugnato il solo accoglimento dell’eccezione di compensazione, senza contestare le controprestazioni dedotte dalla società a fondamento dell’accordo compensativo e della domanda riconvenzionale. La censura è inammissibile. Come esattamente rilevato dalla Corte di Appello (cfr. pagg. 6 e 7 della sentenza impugnata) “… tenuto conto che nell’esposizione dell’appello, quale sopra trascritta, risulta chiaramente contestata la dedotta esistenza di un accordo tra Studio C e M s.r.l. per una compensazione tra le rispettive prestazioni, accordo posto dall’opponente a sostegno dell’eccezione di compensazione e della domanda riconvenzionale avanzate in primo grado, esplicitamente confutato con l’appello principale il ragionamento svolto in proposito dal Tribunale”. Sul punto, va ribadito che “Costituisce capo autonomo della sentenza –come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato interno–solo quello che risolva una questione controversa tra le parti, caratterizzata da una propria individualità e una propria autonomia, sì da integrare, in astratto, gli estremi di un decisum affatto indipendente, ma non anche quello relativo ad affermazioni che costituiscano mera premessa logica della statuizione in concreto adottata” (Cass. Sez.3, Ordinanza n. del 31/01/2018, Rv. 647932;conf. Cass. Sez. 3 , Sentenza n. 22863del 30/10/2007 , Rv. 599955). Infatti “ La locuzione giurisprudenziale "minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno" individua la sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall'effetto giuridico, con la conseguenza che la censura motivata anche in ordine ad uno solo di tali elementi riapre la cognizione sull'intera statuizione, perché, impedendo la formazione del giudicato interno, impone al giudice di verificare la norma applicabile e la sua corretta interpretazione” (Cass. Sez.L, Ordinanzan. 16853 del 26/06/2018, Rv. 649361;conf. Cass. Sez.6-3, Ordinanza n. 12202 del 16/05/2017, Rv. 644289 e Cass. Sez.L, Sentenza n. 2217 del 04/02/2016, Rv. 638957 ). La statuizione relativa allo svolgimento delle controprestazioni dedotte dalla società non è quindi suscettibile di passare in giudicato, posto che essa non integra un decisum indipendente, bensì una porzione della sequenza logica articolata in fatto (esistenza dell’accordo compensativo), norma (art. 1241 c.c.) ed effetto (compensazione delle rispettive poste a credito e debito, se ed in quanto accertate). Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia l’erroneo apprezzamento delle deposizioni testimoniali, dalle quali il giudice di merito avrebbe dovuto trarre la prova dell’accordo verbale intercorso tra le parti circa la compensazione delle reciproche pretese. La censura è inammissibile. La Corte territoriale ha ritenuto che le sole dichiarazioni testimoniali fossero insufficienti a provare la conclusione tra le parti di un accordo per la compensazione delle rispettive prestazioni, in quanto i testi si erano limitati a riferire circostanze apprese de relato, per averne sentito parlare dal dott. M o dai colleghi di lavoro, senza tuttavia aver assistito personalmente alla conclusione di un tale patto. Il giudice di merito ha dunque fatto corretta applicazione del principio secondo cui “In tema di prova testimoniale, i testimoni "de relato actoris" sono quelli che depongono su fatti e circostanze di cui sono stati informati dal soggetto che ha proposto il giudizio, così che la rilevanza del loro assunto è sostanzialmente nulla, in quanto vertente sul fatto della dichiarazione di una parte e non sul fatto oggetto dell'accertamento, fondamento storico della pretesa;i testimoni "de relato" in genere, invece, depongono su circostanze che hanno appreso da persone estranee al giudizio, quindi sul fatto della dichiarazione di costoro, e la rilevanza delle loro deposizioni, pur attenuata perché indiretta, è idonea ad assumere rilievo ai fini del convincimento del giudice, nel concorso di altri elementi oggettivi e concordanti che ne suffragano la credibilità. (Nell'enunciare tale principio, la S.C. ha cassato la decisione nella quale la Corte territoriale aveva attribuito la qualifica di testimoni indiretti non pienamente attendibili perché controinteressati a soggetti che invece avevano direttamente preso parte alle consultazioni sindacali oggetto della loro testimonianza)” (cfr. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 569 del 15/01/2015 (Rv. 634331). Le deduzioni della ricorrente, la quale sostiene che il giudice di merito avrebbe dovuto trarre dalle dichiarazioni dei testi la prova della conclusione dell’accordo compensativo, oltre a non tenere conto del superiore principio, si risolvono in una richiesta di revisione dell’accertamento in fatto, e sollecitano quindi un nuovo sindacato di merito, inammissibile in questa sede, alla luce del principio generale per cui “L'esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprioconvincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006 , Rv. 589595: conf. Cass. Sez. 1 , Sentenza n. 11511 del 23/05/2014 , Rv. 631448;Cass. Sez. L , Sentenza n. 13485del 13/06/2014, Rv. 631330 ) ” . Il Collegio condivide la proposta del relatore. Le memorie depositate dalle parti in prossimità dell’adunanza camerale non contengono argomenti ulteriori rispetto al ricorso ed al controricorso, essendo meramente riproduttive del contenuto dei predetti atti. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile. Le spesedel presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto –ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002– della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
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