Cass. pen., sez. VII, ordinanza 22/01/2018, n. 02567
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o la seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: P V M nato il 01/07/1976 a ROMA avverso l'ordinanza del 16/12/2016 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMAdato avviso alle parti;sentita la relazione svolta dal Consigliere G D G;RILEVATO IN FATTO Con l' ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Roma respingeva il reclamo presentato da P V M avverso il decreto ministeriale di proroga del regime differenziato applicatogli ai sensi dell'art. 41- bis ord. pen. con decreto emesso dal Ministro della Giustizia in data 13/06/16. Ad avviso del Tribunale di sorveglianza, premesso che l'accertamento al medesimo demandato - come sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità - concerneva la capacità dell'interessato di mantenere contatti con un'organizzazione criminale esterna e non già l'attuale sussistenza di siffatti legami, tale regime era giustificato da plurimi elementi, costituiti : - dalle plurime condanne per reati gravissimi, tra cui in particolare la condanna per associazione mafiosa in ragione del ruolo di rilievo nel clan Lo Piccolo, per essere uomo di fiducia dei Lo Piccolo e averne favorito la latitanza, in particolare loro referente nella zona di Terrasini e pronto a compiti delicati come il trasporto di armi, un omicidio di un uomo d'onore di una famiglia avversa, un' estorsione di un imprenditore in relazione a lavori pubblici appaltati dalla sua impresa e via dicendo;- dalla persistente operatività dell'associazione mafiosa di riferimento sullo stesso territorio, come attestata da recenti operazioni di polizia giudiziaria richiamate dalle informative citate nel decreto;- dagli esiti dell'osservazione inframuraria che non manifestano un percorso di resipiscenza e di comprensione della gravità delle condotte, essendosi limitato il detenuto ad affermare di sentirsi vittima del contesto sociale e delle negative compagnie. Il Tribunale a quo riteneva, quindi, il decreto impugnato non affetto da vizi di legittimità ed integrati i criteri di valutazione indicativi di persistente possibilità di collegamenti. Avverso tale ordinanza il Palazzolo ricorreva, tramite il proprio difensore, deducendo violazione di legge in riferimento all'art. 41 bis ord. pen.. Ci si doleva che le premesse valutative del Tribunale di sorveglianza fossero errate e comunque solo apparenti le motivazioni dell'ordinanza impugnata. Invero il difensore lamentava che detto Tribunale, pur dando atto del clamoroso errore in cui era incorso il decreto ministeriale definendo il Palazzolo reggente e, quindi, individuandolo come mero partecipe all'associazione mafiosa di riferimento, a fronte dei rilievi difensivi facenti perno sulle recenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia circa la non attualità dei suoi collegamenti associativi, aveva ritenuto di fondare il suo giudizio su circostanze statiche legate alla posizione giuridica del detenuto risalente nel tempo e non attuale. Sottolineava come non si fosse nel caso specifico spiegato il pericolo concreto di collegamenti con l'esterno, se non attraverso la biografia criminale del Palazzolo, senza approfondire la condotta carceraria di quest'ultimo e la reale operatività della cosca di appartenenza.
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