Cass. civ., SS.UU., sentenza 04/02/2005, n. 2207
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La legge "antitrust" 10 ottobre 1990, n. 287 detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un'intesa vietata, tenuto conto, da un lato, che, di fronte ad un'intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore, acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, vede eluso il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza, e, dall'altro, che il cosiddetto contratto "a valle" costituisce lo sbocco dell'intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti. Pertanto, siccome la violazione di interessi riconosciuti rilevanti dall'ordinamento giuridico integra, almeno potenzialmente, il danno ingiusto "ex" art. 2043 cod. civ., il consumatore finale, che subisce danno da una contrattazione che non ammette alternative per l'effetto di una collusione "a monte", ha a propria disposizione, ancorché non sia partecipe di un rapporto di concorrenza con gli imprenditori autori della collusione, l'azione di accertamento della nullità dell'intesa e di risarcimento del danno di cui all'art. 33 della legge n. 287 del 1990, azione la cui cognizione è rimessa da quest'ultima norma alla competenza esclusiva, in unico grado di merito, della corte d'appello. (Nella specie, dopo l'irrogazione da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato a numerose compagnie di assicurazione di una sanzione per la partecipazione a un'intesa restrittiva della concorrenza, il consumatore finale aveva convenuto in giudizio, dinanzi al giudice di pace, la propria compagnia di assicurazioni, chiedendo il rimborso di una parte - il 20% - del premio corrisposto per una polizza di Rc-auto, assumendo che l'ammontare del premio era stato abusivamente influenzato dalla partecipazione dell'impresa assicuratrice all'intesa vietata).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Presidente aggiunto -
Dott. C R - Presidente di sezione -
Dott. E A - Consigliere -
Dott. P V - Consigliere -
Dott. S F - Consigliere -
Dott. M C F - Consigliere -
Dott. L M G - Consigliere -
Dott. L P M - Consigliere -
Dott. B G M - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMPAGNIA ASSICURATRICE UNIPOL S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 7, presso lo studio dell'avvocato M T, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati A F, I N, giusta procura speciale per i primi del Notaio Dott. R V, depositata in data 23 luglio 2002, per l'ultimo giusta procura speciale, depositata in data 13 gennaio 2005, entrambe in atti;
- ricorrente -
contro
R M, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE MEDAGLIE D'ORO 20, presso lo studio dell'avvocato S L, rappresentato e difeso dall'avvocato A D P, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 416/02 del Giudice di pace di AVELLINO, depositata il 30/04/02;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 20/01/05 dal Consigliere Dott. Giuseppe Maria BERRUTI;
uditi gli avvocati Aldo FRIGNANI, Mario TONUCCI, Natalino IRTI, Raffaele CUCCURULLO, per delega dell'avvocato Alfonso DE PASCALE;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 18 febbraio 2002 Mario Ricciarelli conveniva davanti al Giudice di Pace di Avellino la spa Unipol Assicurazioni per sentirla condannare al pagamento della somme corrispondenti al 20% di quanto da lui versato a titolo di premio relativamente alla polizza assicurativa r.c.a. n. 30/728795339, per il periodo settembre 1998 - settembre 1999. Chiedeva in subordine che fosse il giudice adito a determinare in via equitativa quanto a lui spettante. Sosteneva che tale somma, comunque determinata, gli era dovuta giacché la polizza suddetta era stata stipulata secondo le condizioni determinate dal cartello delle società Assicuratrici, il cui effetto era stato di maggiorare i prezzi in modo uniforme per tutto il mercato nazionale, in violazione della legge n. 287 del 1990, dei principi di correttezza e buona fede e con pregiudizio di
essa parte, più debole in quanto obbligata a contrarre. Deduceva che l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato aveva inflitto alla Unipol, per violazione del divieto di cui all'art. 2 della predetta legge Antitrust, il pagamento a titolo di sanzione amministrativa della somma di L. 33.050.995.445.
La convenuta resisteva ed oltre a contestare il fondamento della pretesa, eccepiva l'incompetenza del giudice per esservi la competenza della Corte d'appello, ai sensi dell'art. 33 della legge n. 287 del 1990. Deduceva anche l'incompetenza per territorio dello
stesso giudice di Pace. Il giudice di primo grado riteneva la propria competenza sotto ogni profilo, quindi accoglieva la domanda condannando la Unipol al pagamento in favore dell'attore della somma di L. 151.684, pari ad E. 78,34, indebitamente riscossa quale effetto dell'intesa, vietata dalla legge. La sentenza in esame prendeva atto della notorietà della questione, che aveva sollevato scalpore sia in Italia che all'estero, ed altresì del provvedimento della Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che aveva inflitto alla Unipol la sanzione innanzi menzionata. Dava atto che a tale decisione AGCM era pervenuta a seguito di una compiuta istruttoria, il cui risultato era stato l'accertamento dell'avvenuto scambio di informazioni tra le imprese del ramo, che aveva dato a sua volta luogo ad un comportamento delle stesse del tutto omogeneo e tale pertanto da impedire al contraente di individuare un assicuratore che, praticando effettiva concorrenza, offrisse prezzi migliori di quello nella specie pagato.
Sulla base di tale premessa la sentenza impugnata spiegava anche il più alto livello dei prezzi di tali polizze rispetto alla inedia europea.
Quindi, quanto alla questione della competenza, riteneva che ai sensi dell'art. 33 della L. Antitrust la domanda di risarcimento del danno che fonda la competenza della Corte d'appello consegue al pregiudizio che hanno subito gli imprenditori terzi rispetto al cartello o alla posizione dominante, ovvero gli imprenditori in concorrenza con quegli imprenditori che vi hanno aderito, e che risultano a tal titolo vittime dell'intesa o della posizione dominante. La predetta azione pertanto non riguarda i soggetti oltre che terzi rispetto alla intesa anche non concorrenti dei partecipi alla stessa, e dunque non riguarda le domande avanzate da soggetti non imprenditori, ancorché anch'essi subiscano il cartello o il dominio. Riteneva che il giudice al quale siffatte domande provenienti da soggetti diversi dagli imprenditori vanno rivolte deve essere individuato alla stregua dei criteri di cui all'art. 1469 bis n. 18 e nella specie, trattandosi di domanda di ripetizione di indebito oggettivo, ai sensi dell'art. 2033 c.c.. Ciò perché la sanzione di nullità dell'Autorità Antitrust
colpisce il cartello e non colpisce i contratti che, successivamente al cartello, vengono conclusi con i singoli automobilisti. Costoro, secondo il Giudice di Pace, si trovano nella situazione di pagare più di quanto una contrattazione che non fosse derivata dal cartello avrebbe implicato. Infine il giudice di Pace riteneva di far uso del potere di determinare secondo equità, atteso il valore della causa in riferimento all'art. 113 c.p.c., la somma spettante al Ricciarelli. Contro questa sentenza ha presentato ricorso per Cassazione la Unipol, affidato a cinque motivi. Ha resistito il Ricciarelli con controricorso.
La causa, assegnata alla Terza Sezione civile della Corte di Cassazione, è stata rimessa al Primo Presidente con ordinanza n. 15538 del 2003. In essa il collegio, preso atto di un indirizzo della Corte Suprema (cass. n. 17475 del 2002) secondo il quale i consumatori, ovvero i soggetti non imprenditori e pertanto terzi rispetto - alla intesa, non sono legittimati ad esperire l'azione di nullità della stessa di cui all'art. 33 della legge n. 287 del 1990, ha ipotizzato l'opportunità di rimettere la questione della legittimazione ad agire e dunque della competenza della Corte d'appello in unico grado, per la sua particolare importanza, alle Sezioni Unite.
Con provvedimento del Primo Presidente la causa è stata rimessa alla odierna udienza di queste Sezioni Unite. Le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso la Unipol deduce la violazione dell'art. 33, comma 2, della legge n. 287 del 1990 e dell'art. 2033 c.c., nonché la motivazione omessa, illogica ed insufficiente sul
punto del rigetto della sua eccezione di incompetenza per materia del giudice adito. Sostiene che il primo giudice ha errato nel ritenere che legittimati alla azione prevista dalla legge Antitrust possano essere solo gli imprenditori esclusi dal cartello e pertanto da questo danneggiati, ed ha errato ancora nel qualificare l'azione in parola come restitutoria e dunque estranea alla previsione di cui all'art. 33 della L. Antit. Sostiene infatti che la legge ha attribuito alla Corte d'appello in unico grado di merito una competenza, ratione materiae, che prescinde dai soggetti che esercitano il relativo diritto. Deduce pure che siffatto criterio di competenza non può essere eluso attraverso la qualificazione della domanda come restitutoria anziché risarcitoria, giacché anche la restituzione del cosiddetto sovrapprezzo seguirebbe ad una nullità, almeno derivata, del contratto concluso tra la società assicuratrice ed il cliente automobilista, e l'accertamento di tale nullità è devoluto alla Corte d'Appello.
1.a. Osserva il collegio che le due questioni proposte, quella relativa alla legittimazione ad agire e quella relativa alla posizione giuridica dei contratti conclusi tra impresa assicuratrice e cliente "a valle" dell'accordo illecito tra gli imprenditori, costituiscono aspetti del medesimo problema. Ciò in quanto la posizione giuridica del terzo, estraneo all'intesa, che afferma di averne subito gli effetti ne determina la legittimazione ad agire. Tali questioni vanno trattate, pertanto, con una visione complessiva della materia che, movendo da una corretta nozione di intesa, consenta di definire la posizione di quegli che non vi ha partecipato.