Cass. pen., sez. VI, sentenza 25/09/2018, n. 41580
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da M F, nato il 04/06/1951 a Sicignano degli Alburni avverso la sentenza del 19/05/2016 della Corte d'appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso sentita la relazione svolta dal consigliere A T;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del sost. G D L, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza per remissione di querela;
sentito il difensore, avv. R P, in sostituzione dell'avv. C P, che ha depositato atto di accettazione della remissione di querela e si è riportata ai motivi del ricorso, chiedendone l'accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di fiducia di F M impugna tempestivamente la sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte d'appello di Napoli ha confermato la pronuncia del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, di condanna dell'imputato alla pena complessiva di anni uno e mesi cinque di reclusione, con i doppi benefici di legge, oltre che al risarcimento del danno, liquidato in via equitativa in misura di C 10.000,00, in relazione ai reati, unificati per continuazione, di calunnia e diffamazione, commessi entrambi in danno dell'avv. P M il 14.01.2009, a seguito della denuncia indirizzata al competente Consiglio dell'Ordine degli Avvocati, con cui il detto M incolpava falsamente il professionista, cui si era affidato per un ricorso innanzi al T.A.R. Campania, di infedele patrocinio, per aver svolto il mandato conferitogli, concernente l'impugnazione della graduatoria formata per il conseguimento del titolo di dirigente scolastico, "senza prestare tutela agli interessi del cliente", "offendendo in tale atto l'onore ed il decoro del M, al quale contestava la percezione di somme a titolo di onorario senza l'emissione di corrispondente fattura, sebbene il M avesse svolto con diligenza il mandato conferitogli ed avesse emesso regolare fattura per la somma ricevuta a titolo di parcella".
2. Molteplici sono le censure che il legale ricorrente formula avverso la sentenza in questione: a) violazione degli artt. 125, comma 3, e 426, comma 2 lett. d), cod. proc. pen. e conseguente nullità della sentenza, relativamente alla statuizione di condanna per calunnia, in ragione della mancanza di una o più pagine della motivazione, così come emerge in termini piani dalla lettura della stessa, risultando per l'effetto incomprensibile il ragionamento logico-giuridico sviluppato dalla Corte a sostegno della decisione assunta su detto capo;
b) "mancanza assoluta di motivazione" in ordine alla medesima statuizione, atteso che l'unico periodo dedicato dalla pronuncia a detto addebito è all'evidenza monco, in particolare essendo rimaste del tutto prive di risposta le doglianze formalizzate nel quarto motivo dell'atto di appello (richiamate nel ricorso ai fini della migliore comprensione). Allo stesso modo in cui radicalmente assente è la motivazione in ordine al quinto motivo dell'originario gravame, in tema di "eccessività ed erroneità delle statuizioni risarcitorie";
c) violazione di legge e vizio di motivazione, quanto al mancato riconoscimento dell'esimente del diritto di critica, negata dalla Corte distrettuale "per assenza dei requisiti della verità e della continenza delle espressioni utilizzate", laddove, delle tre false circostanze che si ascrivono al M, ‘ l'una è estranea al capo d'imputazione, oltre ad essere scaturita da un chiaro errore di comprensione, di cui la stessa parte offesa si rese conto, tanto emergendo dalla missiva che lo stesso ebbe ad indirizzare all'odierno ricorrente il 29.01.2009;
la pretesa falsità delle restanti due è argonnentatannente posta in discussione, concludendosi per la veridicità dei fatti rappresentati dall'imputato, quanto meno dal punto di vista dello stesso. Mentre, per ciò che attiene al profilo della continenza delle espressioni utilizzate, si assume che i giudici di merito abbiano ignorato l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ampiamente richiamato mediante la trascrizione di numerose massime in proposito, secondo cui - si prosegue - "la critica, per sua espressa natura, può essere formulata anche con toni aspri e polemici purché oltre alla verità, sin qui ampiamente dimostrata, del fatto storico, non si tramuti in un attacco diretto alla persona, esulante dal fatto storico cui la critica stessa si riferisce";
d) violazione dell'art. 606 lett. d) cod. proc. pen., in ragione del rigetto della richiesta di riapertura dell'istruttoria dibattimentale, finalizzata all'escussione dello specialista in diritto amministrativo a tal fine indicato: ciò che "avrebbe senz'altro consentito al giudice del gravame di prendere esatta cognizione della natura giuridica dell'istituto (istanza di prelievo), in tal modo evitando le inesattezze denunciate nel motivo che precede", a proposito dello svolgimento del patrocinio difensivo da parte dell'avv. M, di cui si rimarca la "influenza determinante sulla
sentito il Pubblico Ministero, in persona del sost. G D L, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza per remissione di querela;
sentito il difensore, avv. R P, in sostituzione dell'avv. C P, che ha depositato atto di accettazione della remissione di querela e si è riportata ai motivi del ricorso, chiedendone l'accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di fiducia di F M impugna tempestivamente la sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte d'appello di Napoli ha confermato la pronuncia del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, di condanna dell'imputato alla pena complessiva di anni uno e mesi cinque di reclusione, con i doppi benefici di legge, oltre che al risarcimento del danno, liquidato in via equitativa in misura di C 10.000,00, in relazione ai reati, unificati per continuazione, di calunnia e diffamazione, commessi entrambi in danno dell'avv. P M il 14.01.2009, a seguito della denuncia indirizzata al competente Consiglio dell'Ordine degli Avvocati, con cui il detto M incolpava falsamente il professionista, cui si era affidato per un ricorso innanzi al T.A.R. Campania, di infedele patrocinio, per aver svolto il mandato conferitogli, concernente l'impugnazione della graduatoria formata per il conseguimento del titolo di dirigente scolastico, "senza prestare tutela agli interessi del cliente", "offendendo in tale atto l'onore ed il decoro del M, al quale contestava la percezione di somme a titolo di onorario senza l'emissione di corrispondente fattura, sebbene il M avesse svolto con diligenza il mandato conferitogli ed avesse emesso regolare fattura per la somma ricevuta a titolo di parcella".
2. Molteplici sono le censure che il legale ricorrente formula avverso la sentenza in questione: a) violazione degli artt. 125, comma 3, e 426, comma 2 lett. d), cod. proc. pen. e conseguente nullità della sentenza, relativamente alla statuizione di condanna per calunnia, in ragione della mancanza di una o più pagine della motivazione, così come emerge in termini piani dalla lettura della stessa, risultando per l'effetto incomprensibile il ragionamento logico-giuridico sviluppato dalla Corte a sostegno della decisione assunta su detto capo;
b) "mancanza assoluta di motivazione" in ordine alla medesima statuizione, atteso che l'unico periodo dedicato dalla pronuncia a detto addebito è all'evidenza monco, in particolare essendo rimaste del tutto prive di risposta le doglianze formalizzate nel quarto motivo dell'atto di appello (richiamate nel ricorso ai fini della migliore comprensione). Allo stesso modo in cui radicalmente assente è la motivazione in ordine al quinto motivo dell'originario gravame, in tema di "eccessività ed erroneità delle statuizioni risarcitorie";
c) violazione di legge e vizio di motivazione, quanto al mancato riconoscimento dell'esimente del diritto di critica, negata dalla Corte distrettuale "per assenza dei requisiti della verità e della continenza delle espressioni utilizzate", laddove, delle tre false circostanze che si ascrivono al M, ‘ l'una è estranea al capo d'imputazione, oltre ad essere scaturita da un chiaro errore di comprensione, di cui la stessa parte offesa si rese conto, tanto emergendo dalla missiva che lo stesso ebbe ad indirizzare all'odierno ricorrente il 29.01.2009;
la pretesa falsità delle restanti due è argonnentatannente posta in discussione, concludendosi per la veridicità dei fatti rappresentati dall'imputato, quanto meno dal punto di vista dello stesso. Mentre, per ciò che attiene al profilo della continenza delle espressioni utilizzate, si assume che i giudici di merito abbiano ignorato l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ampiamente richiamato mediante la trascrizione di numerose massime in proposito, secondo cui - si prosegue - "la critica, per sua espressa natura, può essere formulata anche con toni aspri e polemici purché oltre alla verità, sin qui ampiamente dimostrata, del fatto storico, non si tramuti in un attacco diretto alla persona, esulante dal fatto storico cui la critica stessa si riferisce";
d) violazione dell'art. 606 lett. d) cod. proc. pen., in ragione del rigetto della richiesta di riapertura dell'istruttoria dibattimentale, finalizzata all'escussione dello specialista in diritto amministrativo a tal fine indicato: ciò che "avrebbe senz'altro consentito al giudice del gravame di prendere esatta cognizione della natura giuridica dell'istituto (istanza di prelievo), in tal modo evitando le inesattezze denunciate nel motivo che precede", a proposito dello svolgimento del patrocinio difensivo da parte dell'avv. M, di cui si rimarca la "influenza determinante sulla
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