Cass. civ., sez. III, sentenza 10/02/2023, n. 04277
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iato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 22992/2020R.G. proposto da GIUSEPPE PETRUCCIANI E FIGLI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato in Roma, via Antonio Gramsci n. 34, presso lo studio dell’Avv. L F, dal quale, unitamente agli Avv.ti B C e M P, è rappresentato e difeso –ricorrente – contro AMCO – ASSET MANAGEMENT COMPAN Y S.P.A., già denominata Società per la Gestione di Attività –S.G.A. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, in difetto di domicilio eletto in ROMA, domiciliato per legge ivi presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avv. A F –controricorrente – OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONEr.g. n. 22992/2020 Cons. est. R R Avverso la sentenza n. 198 /20 20 del la CORTE DI APPELLO DI CAMPOBASSO, depositata il giorno 18 giugno2020. Udita la relazione svolta alla pubblica udienza tenuta il giorno 9 novembre 2022 dal Consigliere R R. Lette le conclusioni motivate del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale A M S, formulate ai sensi e nei modi previsti dall’art. 23, comma 8 bis, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, e successive modifiche, con le quali chiede il rigettodel ricorso. FATTI DI CAUSA 1.In forza della sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 583 del 1998, la S.G.A.- Società per la Gestione di Attività S.p.A., nella qualità di cessionaria dal Banco di Napoli del credito portato dalla pronuncia, intimò alla società G Pni e Figli S.r.l . precetto per il pagamento della complessiva somma di euro 222.976,00. 2. L’opposizione spiegata dalla società intimata avverso detto precetto è stata disattesa in ambedue i gradi di merito. 3. Ricorre per cassazione la società G Pni e Figli S.r.l., affidandosi a nove motivi, cui resiste con controricorso la AMCO – A sset M anagement C ompany S .p.A. ( nuova denominazione della S.G.A. S.p.A. –Società per la Gestione di Attività). 4. Fissato per l’udienza pubblica del 09 novembre 2022, il ricorso è stato in pari data trattato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 23, comma 8 bis, del d.l. n. 137 del 2020, convertito nella legge n. 176 del 2020, e successive modifiche, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non essendo stata formulata richiesta di discussione orale. 5. Entro il quindicesimo giorno precedente l’udienza, il P.G. ha formulato conclusioni motivate. 6. Parte ricorrente hadepositato memoria illustrativa.r.g. n. 22992/2020 Cons. est. R R RAGIONI DELLA DECISIONE 1. In via preliminare, ritiene la Corte: non accoglibile l’istanza di riunione del presente procedimento a quello iscritto al R.G. n. 21536 dell’anno 2020, difettando il presupposto, richiesto dall’art. 335 cod. proc. civ., della identità dei provvedimenti impugnati;altresì non opportuna la trattazione congiunta, avuto riguardo alla già disposta fissazione dei ricorsi in differenti udienze ed all’avvenuto espletamento dei relativi incombenti di Cancelleria. 2. Con il primo motivo si denuncia « nullità della sentenza per violazione dell’art. 281-quinquies, primo e secondo comma, cod. proc. civ.», in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, del codice di rito, nonché «violazione del diritto di difesa e del diritto a un giusto processo (artt. 24 e 111 della Costituzione)». Ad avviso del ricorrente,il giudice di primo grado «ha abusato dei suoi poteridi direzione del processo» allorché ne ha disposto di ufficio la definizione ai sensi dell’art. 281 - quinquies , secondo comma , cod. proc. civ., ovvero secondo il modello della c.d. trattazione mista, in difetto della necessaria istanza di parte, consentendo alla parte opposta la produzione di un documento (l’ordinanza resa sulla istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo) unitamente alla comparsa conclusionale e provvedendo al deposito della sentenza ben oltre il termine di trenta giorni dalla discussione orale della causa. Da ciò il lamentato pregiudizio al diritto di difesa. 2.1. La doglianza è inammissibile. Al fine di disattendere l’appello in parte qua lamentante l’erroneo svolgimento della fase decisoria, la Corte territoriale ha svolto plurime argomentazioni, ciascuna delle quali idonea, ex se considerata, a giustificare il dictum adottato. Più specificamente, la sentenza gravata ha ritenuto: (a) l’equipollenza tra i modelli decisionali a trattazione scritta ed a trattazione mista, escludendo così qualsivoglia nullità della sentenza;r.g. n. 22992/2020 Cons. est. R R (b) la mancata dimostrazione, ad opera della parte appellante a tanto onerata, di uno specifico pregiudizio derivante dall’adozione dello schema decisorio ex art. 281-quinquies, secondo comma, cod. proc. civ., motu proprio imposto dal giudice;(c) «in ogni caso», la mancata deduzione del vizio nel giudizio di prime cure da parte appellante, non essendo stata sollevata la relativa eccezione «né all’udienza di discussione del dì 07/10/2014, in cui ha regolarmente trattato la causa, e neppure con la comparsa conclusionale del 16/07/2014». Avverso quest’ultimo rilievo (sufficiente, isolatamente apprezzato, a suffragare il convincimento del giudice), parte ricorrente non ha rivolto alcuna considerazione critica, nemmeno generica, nell’unica sede all’uopo deputata e possibile, ovvero il ricorso introduttivo del giudizio di legittimità, irrilevante, al riguardo, il contenuto della memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., avente funzione di mera illustrazione di censure già articolate, con inammissibilità di motivi nuovi o di integrazione di motivi esplicati nell’atto d’impugnazione (cfr. Cass. 27/08/2020, n. 17893;Cass.12/10/2017, n. 24007;Cass. 20/12/2016, n. 26332). Ed è noto che qualora la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (principio di diritto affermato ai sensi dell’art.360-bis cod. proc. civ. da Cass.03/11/2011, n. 22753, ribadito, ex plurimis, da Cass. 06/07/2020, n. 13880;Cass. 27/07/2017, n. 18641;Cass. 21/06/2017, n. 15350;Cass. 29/05/2015, n. 11169;Cass. 29/03/2013, n. 7931;Cass.28/01/2013, n. 1891;Cass. 23/01/2013, n. 1610).r.g. n. 22992/2020 Cons. est. R R 3.Il secondo motivo prospetta «nullità della sentenza impugnata - in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. - per violazione degli artt. 474 e 480, secondo comma , cod. proc. civ. , a causa dell’errata individuazione del titolo esecutivo azionato con l’atto di precetto» nonché « violazione degli artt. 2934 e ss. cod. civ. , in relazione all’art. 360, primo comma,num. 3 cod. proc. civ.». Si assume come erronea l’individuazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 583/1998 quale unico titolo esecutivo fondante l’azione minacciata con l’atto di precetto. Aparere dell’impugnante, invece, per effetto della sentenza della Suprema Corte n. 9791/1994, di parziale cassazione della pronuncia n. 30/1991 della Corte d’appello di Campobasso, quest’ultima aveva acquisito efficacia ed autorità di giudicato in ordine all’accertamento sulla sorte capitale e sul saggio degli interessi dovuti dalla scadenza delle singole ricevute bancarie, mentre la sentenza n. 583/1998 della Corte d’appello di Napoli aveva validità ed efficacia di titolo esecutivo unicamente circa il debito relativo agli interessi inerenti lo scoperto di conto corrente acceso dalla società presso l’istituto bancario. Per conseguenza, il diritto di credito nella sua interezza era da reputarsi estinto per prescrizione, dovendo ancorarsi il dies a quo del relativo termine alla data di pubblicazione della sentenza della Corte di Cassazione, risalente al giorno 11 aprile 1994. 3.1. Il motivo è infondato. Giova, per dare conto della enunciata conclusione, riportare, in successione cronologica, gli accadimenti processuali rilevanti ai fini dello scrutinio della doglianza: - con decreto ingiuntivo del 30 maggio 1985, provvisoriamente esecutivo,il Presidente del Tribunale di Campobasso ingiunse alla s.r.l. G Pni e figli il pagamento in favore del Banco di Napoli della somma di lire 108.350.134, oltre interessi nella misura del r.g. n. 22992/2020 Cons. est. R R 24,50% dal 17 aprile 1994 su lire 62.647.787 e dalla scadenza delle singole ricevute bancarie insolute sulire 46.702.347;-l’opposizione al decreto ingiuntivo ven ne disattesa in ambedue i gradi di merito: in appello, più precisamente,con sentenza della Corte di Appello di Campobasso n. 30/1991 del 27 febbraio 1991;- con sentenza n. 9791/1994 resa il giorno 11 aprile 1994, la Suprema Corte, in accoglimento del motivo di ricorso concernente l’entità degli interessi spettanti sullo scoperto di conto corrente, cassò la sentenza di appello e dispose rinvio alla Corte d’appello di Napoli;- con sentenza n. 593/1998 pubblicata il 4 marzo 1998, la Corte d’appello di Napoli, quale giudice del rinvio, revocòil decreto ingiuntivo del 30 maggio 1985 e condannòla s.r.l. G Pni e figli al pagamento della somma di lire 108.350.134, con gli interessi nella misura legale dal 17 aprile 1994 su lire 62.647.787 e nella misura del 24,50% dalla scadenza delle singole ricevute bancarie insolute su lire 46.702.347, con capitalizzazione trimestrale;- in forza di quest’ultima sentenza, la S.G.A. S.p.A., con atto notificato nel settembre 2011, ha intimato il precetto di pagamento avverso il quale è stata sollevata l’opposizione in discorso. 3.2. Tale il (pacifico) svolgimento della vicenda controversa, non è conforme a diritto la (pur diffusamente articolata) tesi del ricorrente circa la ravvisabilità di un duplice titolo esecutivo: l’uno, costituito dalla combinazione tra il decreto ingiuntivo e la sentenza della Corte di Appello di Campobasso n. 30/1991, azionabile in executivis, dopo la pronuncia della Suprema Corte del 1994, limitatamente al capitale portato dalle ricevute bancarie, con i relativi interessi;l’altro, rappresentato dalla sentenza resa in sede di rinvio, suscettibile di coatta attuazione unicamente per gli importi ascrivibili a interessi su scoperto di conto corrente (e non già per l’intero credito, come invece illegittimamente intimato).r.g. n. 22992/2020 Cons. est. R R È dirimente osservare, onde confutare l’argomentazione, come la pretesa creditoria dell’istituto bancario trovi fondamento in un decreto ingiuntivo sin dalla sua genesi provvistodi idoneità esecutiva e che tale attitudine ha conservato pur all’esito dei vari gradi del giudizio di opposizione e fino alla sentenza resa in sede di rinvio, recante espressa statuizione di revoca del provvedimento monitorio. O, secondo il costanteindirizzo del giudice della nomofilachia, in ipotesi di integrale rigetto dell’opposizione dispiegata avverso un decreto ingiuntivo, l’unico titolo legittimante l’esecuzione forzata è costituito, in ragione dell’inequivoco disposto dell’art. 653 cod. proc. civ., dal decreto monitorio, quanto a sorte capitale, accessori e spese dallo stessorecati, rappresentando, invece, la sentenza titolo esecutivo solo per le eventuali, ulteriori voci di condanna in essa contenute. Specificamente, il rigetto integrale dell’opposizione è presupposto per il conferimento (o il consolidamento, nelle ipotesi contemplate dall’art. 642 cod. proc. civ.) di esecutorietà in via definitiva al decreto d’ingiunzione, fermo restando che a passare in giudicato non è il decreto, ma il comando ricavato dalla combinazione del decreto e della sentenza di rigetto dell’opposizione al medesimo: sicché, fino a quando «il giudizio di opposizione permanga senza espressa revoca di questo, l’unico titolo idoneo ad acquisire efficacia esecutiva resta il decreto» (così, testualmente, Cass. 27/08/2013, n. 19595;conforme, da ultimo, Cass. 26/08/2021, n. 23500;in precedenza, nello stesso senso, Cass.03/06/1978, n. 2795;Cass. 30/12/1968, n. 4082). E tale natura di titolo esecutivo del decreto perdura anche quando la sentenza di rigetto dell’opposizione sia cassata con rinvio dalla Suprema Corte: a conferma di ciò, basti por mente al fatto che in ipotesi di estinzione del giudizio di rinvio successiva ad una pronuncia di cassazione di una decisione di rigetto dell ’ opposizione proposta avverso un decreto ingiuntivosi produce il passaggio in giudicato del decreto opposto, ancora una volta in virtù della disposizione dell’art.r.g. n. 22992/2020 Cons. est. R R 653,primo comma, cod. proc. civ., che, limitatamente a quest o caso , prevale sul dettato dell’ art. 393 cod. proc. civ. (così Cass., Sez. U, 22/02/2010, n. 401;Cass. 06/04/2011, n. 7871).
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