Cass. civ., sez. V trib., sentenza 18/11/2021, n. 35153
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nciato la se guente SENTENZA sul ricorso 23634-2013 proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente 2021 domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, 262 presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;- ricorrente -contro ABD AIRPORT SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CHISIMAIO 29, presso lo studio dell'avvocato O P, rappresentata e difesa dall'avvocato N C;- controricorrente- avverso la sentenza n. 19/2013 della COMM. TRIBUTARIA II GRADO di B, depositata il 07/05/2013;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/06/2021 dal Consigliere Dott. S S;lette le conclusioni scritte del pubblico ministero in persona dell'AVVOCATO GENERALE Dott. F S che ha chiesto che la Corte di Cassazione voglia accogliere il primo motivo, con assorbimento del secondo, annullare con rinvio la sentenza impugnata e rigettare nel resto con. le conseguenze di legge;N. 23634/13 R.G. FATTI DI CAUSA A seguito di verifica generale condotta dalla G.d.F. di Bolzano per gli anni 2004- 2009, culminata in un p.v.c. del 29.10.2009, l'Ufficio di Bolzano notificò a ABD Airport s.p.a., per l'anno d'imposta 2004, un avviso di accertamento con cui si contestava l'indebita detrazione di IVA assolta in relazione a servizi prestati da diversi fornitori, tuttavia consistenti in operazioni non imponibili per difetto del requisito di territorialità, ai sensi dell'art. 9, comma 1, n. 6), del cl.P.R. n. 633/1972 (trattandosi di spese per manutenzioni effettuate nell'aeroporto di Bolzano), nonché, ai fini IRES, l'indebito utilizzo del metodo di ammortamento finanziario, ex art. 104 TUIR, anziché dell'ammortamento tecnico, in relazione a costi per interventi di manutenzione delle strutture aeroportuali, la società non essendo titolare di concessione amministrativa definitiva, ma solo precaria, e difettando anche il requisito della devolvibilità gratuita dei beni alla cessazione dell'efficacia della concessione stessa. La società impugnò l'avviso con ricorso dinanzi alla C.T. di primo grado di Bolzano, che con sentenza n. 182/1/10 lo accolse parzialmente, annullando la ripresa ai fini IRES, ma confermando il rilievo ai fini IVA e le relative sanzioni. Avverso detta sentenza, propose appello la società, nonché incidentalmente l'Agenzia delle Entrate;la C.T. di secondo grado di Bolzano, con sentenza n. 19/1/13 del 7.5.2013, accolse l'appello principale e respinse l'incidentale, in particolare ribadendo la non imponibilità IVA delle operazioni di servizi e prestazioni afferenti alla manutenzione dell'aeroporto, per difetto del requisito di territorialità, nondimeno escludendo la legittimità del relativo recupero perché in contrasto col principio di neutralità, e N. 2363413 R.G. ancora confermando il corretto utilizzo dell'ammortamento finanziario da parte della società, rapportato ad un ventennio, usuale durata delle concessioni definitive rilasciate dall'ENAC. L'Agenzia delle Entrate ricorre ora per cassazione, affidandosi a cinque motivi, cui resiste la società con controricorso, illustrato da memorie Il P.G. ha quindi rassegnato conclusioni scritte, chiedendo l'accoglimento del primo motivo, assorbito il secondo, nonché il rigetto dei restanti. RAGIONI DELLA DECISIONE 1.1 — Con il primo motivo, si denuncia violazione degli artt. 19 e 9, comma 1, n. 6), d.P.R. n. 633/1972, e dell'art. 3 d.l. n. 90/1990, conv. in legge n. 165/1990, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., giacché la C.T. di secondo grado, pur avendo correttamente ritenuto non imponibili le contestate operazioni ai fini IVA, ha tuttavia ritenuto spettante il diritto di detrazione dell'imposta erroneamente assolta in virtù del principio di neutralità dell'IVA, senza però considerare che detto diritto non può essere riconosciuto in relazione ad un'imposta non dovuta. 1.2 — Con il secondo motivo, in subordine, si denuncia nullità della sentenza per violazione dell'art. 36 d.lgs. n. 546/1992, 132, comma 2, n. 4, c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., per aver adottato il giudice d'appello una motivazione meramente apparente in relazione alla questione del diritto di detrazione dell'IVA assolta. 1.3 - Con il terzo motivo, l'Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 102 e 104 TUIR, nonché dell'art. 704 c. nav., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. La ricorrente evidenzia che la metodologia N. 23634/13 R.G. dell'ammortamento finanziario mira a stabilizzare le quote di ammortamento dei beni per ciascun esercizio, collegandole all'arco temporale di durata della concessione amministrativa;tuttavia, ha errato nella specie la C.T. di secondo grado a ritenere legittimo l'operato della società, giacché questa non è titolare di alcuna concessione amministrativa definitiva, ma solo di un permesso temporaneo, tanto più che il criterio della durata ventennale è arbitrario, in quanto l'art. 704 c. nav. fissa il limite massimo di durata della concessione in 40 anni. 1.4 — Con il quarto motivo, si lamenta omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. Sempre riguardo all'ammortamento finanziario, la ricorrente evidenzia che la C.T. ha ritenuto corretto il ricorso ad un periodo ventennale, sulla scorta della prevedibile durata della concessione definitiva, sussistendo anche beni gratuitamente devolvibili, ma senza indicare le fonti del proprio convincimento, omettendo di motivare sul punto. 1.5 — Con il quinto motivo, infine, si denuncia nullità della sentenza per violazione dell'art. 36 d.lgs. n. 546/1992, 132, comma 2, n. 4, c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., per aver adottato il giudice d'appello una motivazione meramente apparente anche in relazione alla questione dell'ammortamento finanziario, in particolare non avendo la C.T. chiarito da dove abbia potuto desumere la certezza del rilascio della concessione definitiva, e dall'altro la gratuita devolvibilità dei beni alla scadenza di una concessione mai assentita. N. 23634/13 R.G. 2.1 — Prima di procedere all'esame del primo motivo, occorre affrontare la questione posta dalla società con la memoria, circa la portata dell'ius superveniens costituito dall'art. 1, comma 935, della legge n. 205/2017. Sostiene infatti l'ABD che, essendo stato riformulato, con detta norma, il disposto dell'art. 6, comma 6, del d.lgs. n. 471/1997, nel senso che in caso di detrazione indebitamente fruita il contribuente è tenuto alla sola sanzione pecuniaria, mantenendo il diritto di detrazione stessa, se ne ha che la ripresa IVA per cui è causa non avrebbe comunque ragion d'essere. L'assunto non può essere condiviso. E' costante ed ampiamente ricevuto l'insegnamento secondo cui il diritto di detrazione non può essere esercitato in relazione ad un'imposta non dovuta, salvo che l'esercizio dell'azione restitutoria risulti impossibile o eccessivamente oneroso (v. Cass. n. 15178/2014, Cass. n. 8919/2020, nonché Corte di Giustizia, 19 settembre 2000, C-342/87, Genius Holding, e ancora Corte di Giustizia, 26 aprile 2017, C-564/15, Farkas). Tuttavia, il legislatore italiano, intervenendo (ut supra) sull'art. 6, comma 6, d.lgs. 471/1997, ha attribuito il diritto di detrazione ex art. 19 d.P.R. n. 633/1972 al cessionario o committente che abbia assolto l'imposta in misura superiore a quella effettiva, se erroneamente versata dal cedente o prestatore, assoggettando però il primo alla sanzione amministrativa in misura compresa fra C 250 ed C 10.000. La disposizione si chiude con la previsione secondo cui "la restituzione dell'imposta è esclusa qualora il versamento sia avvenuto in un contesto di frode fiscale".N. 23634/ 13 R.G. Come sostanzialmente ritenuto sia dalla dottrina, sia dalla stessa giurisprudenza di questa Corte (in particolare, Cass. n. 23817/2020, in motivazione), attraverso l'escamotage dell'applicazione della sanzione (che denota un latente giudizio di disvalore sull'operazione, che resta evidentemente irregolare), sembra essersi attribuito con previsione innovativa il diritto di detrazione al cessionario, in un'ipotesi in cui ciò non era dapprima consentito. In tal guisa, resterebbe realizzata una sorta di semplificazione tendente ad evitare il farraginoso meccanismo delle azioni di ripetizione tra i vari soggetti coinvolti nell'operazione imponibile, sulla base della nota autonomia dei rapporti incrociati tra cedente, cessionario e fisco (su cui si veda, per tutte, Cass. n. 23288/2018). Pochi mesi dopo l'entrata in vigore della norma, questa Corte ha affrontato il tema della sua immediata applicabilità ai giudizi pendenti (ciò in forza di un possibile ricorso al principio del favor rei, sancito dall'art. 3 del d.lgs. n. 471/1997, in tema di sanzioni), tuttavia negandola (Cass., 3 ottobre 2018, n. 24001, così massimata: "L'art. 6, comma 6, del d.lgs. n. 471 del 1997, nella formulazione introdotta dall'art. 1, comma 935, della I. n. 205 del 2017, nella parte in cui prevede che, nell'ipotesi di applicazione dell'imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, resta fermo il diritto del cessionario o committente alla detrazione, ai sensi degli artt. 19 e ss. del d.P.R. n. 633 del 1972, non ha efficacia retroattiva né può ad essa riconoscersi valore di norma interpretativa, essendo priva di ogni riferimento al precedente regime ed all'esigenza di una chiarificazione del meccanismo di detrazione dell'IVA contemplato dallo stesso"), non venendo in N. 23634/13 R.G. rilievo, nella specie, il profilo sanzionatorio e non avendo la disposizione, nel resto, natura di legge di interpretazione autentica. Il legislatore è dunque ritornato sulla questione, con l'art. 6, comma 3-ter, del d.l. 34/2019, conv. con modificazioni in legge n. 58/2019, attribuendo alla disposizione stessa natura retroattiva. Tuttavia, con due ulteriori pronunce pressoché coeve (la già citata Cass. n. 23817/2020, nonché Cass. n. 24289/2020), questa stessa Corte ha preso atto della natura retroattiva della disposizione, precisando però che, in conformità al suo tenore letterale, essa trova applicazione nei soli casi in cui sia stata erroneamente applicata un'aliquota maggiore rispetto a quella prescritta, non anche in tutte le ipotesi di IVA non dovuta (ad es., per un'operazione non imponibile, come nel caso all'esame della stessa Cass. n. 24289/2020). Resta fermo che, ove il cessionario non possa richiedere il rimborso secondo la normativa in questione, può ovviamente avvalersi dell'azione di ripetizione d'indebito verso il cedente ovvero, se soggetto IVA, richiedere il rimborso al fisco, ove l'errata applicazione dell'imposta di rivalsa indebitamente assolta si rifletta sulla liquidazione finale, determinando un'eccedenza rimborsabile (in tal senso, la citata Cass. n. 24289/2020). Sulla questione della detraibilità, per vero, si registra una pronuncia più recente e di tenore più restrittivo (Cass. n. 10439/2021), secondo cui un'interpretazione eurounitariamente orientata dell'art. 6, comma 6, cit., ne impone una lettura secondo cui la detrazione dell'imposta assolta spetta per la sola parte corrispondente all'imposta effettivamente dovuta, la disposizione solo avendo N. 2363413 R.G. finalità tendenti a mitigare il trattamento sanzionatorio. L'asserto, che non sembrerebbe incidere direttamente sulla questione che qui occupa (concernente invece la diversa ipotesi in cui un'operazione non imponibile sia stata trattata come imponibile), finisce in realtà per rafforzare il già descritto insegnamento di Cass. n. 23817/2020 e Cass. n. 24289/2020 circa l'inapplicabilità della novella a casi come quello qui in esame, escludendosi nella sostanza tout court la sussistenza di un carattere d'innovazione dello stesso art. 6, comma 6, cit., circa il mero rapporto impositivo, sicché ritiene la Corte di dover disattendere le richieste dell'ABD, come formulate in memoria, non essendo stati offerti argomenti per diversamente opinare. 2.2 - Ciò posto, il motivo in esame è fondato. Premesso che la vicenda si è svolta nell'egida dell'art. 7, ult. comma, d.P.R, n. 633/1972, nel testo previgente alla novella del d.lgs. n. 18/2010, per quanto già detto poc'anzi è evidente che il principio di neutralità non può affatto giustificare in ogni caso la sussistenza del diritto di detrazione, che spetta soltanto in relazione ad un'imposta effettivamente dovuta, salvi i casi di eccessiva onerosità o difficoltà del recupero, nella specie neanche dedotti. La contraria statuizione della C.T. di secondo grado è quindi erronea. 3.1 - Il secondo motivo è dunque assorbito. 4.1 - Il terzo motivo è infondato. E' chiaro che - comunque sia denominato - il permesso temporaneo di occupare le strutture aeroportuali "con il vincolo di esecuzione degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria" altro non è se non una concessione N. 23634/13 R.G. provvisoria rilasciata alla società, in vista di quella definitiva. In quest'ottica, il periodo ventennale utilizzato da quest'ultima, in conformità alla durata usualmente stabilita dall'ENAC per il rilascio di siffatte concessioni (come accertato dalla C.T. di secondo grado), è pienamente coerente con la finalità della disposizione, che è quella di consentire al concessionario di agganciare l'ammortamento alla durata della concessione, anziché procedere col metodo ordinario (ex art. 102 TUIR), se per lo stesso più favorevole;la durata "fiscale" del valore dei beni, dunque, è legata a quella di efficacia della concessione, in un'ottica di agevolazione per il contribuente, rispetto all'ammortamento ordinario, così essendogli consentita una deducibilità coerente con l'impiego funzionale del bene, anche sotto il profilo temporale. Le successive evenienze, come correttamente evidenzia la società in controricorso, ben possono risolversi alla luce delle disposizioni dell'art. 104 TUIR circa la modifica della durata di efficacia della concessione. Del resto, come in parte già evidenziato, la C.T. di secondo grado ha anche accertato che la durata usuale della concessione rilasciata dall'ENAC è pari a venti anni, che la società aveva presentato richiesta di rilascio della concessione, che questa sarebbe stata sicuramente emessa e che si trattava di beni devolvibili gratuitamente alla scadenza (ossia, in prospettiva, una volta scaduta la concessione definitiva). Si tratta di accertamenti in fatto che esulano dal confine del mezzo, come proposto, e che come si dirà tra breve non sono stati adeguatamente attinti. 5.1 — Il quarto motivo è inammissibile. N. 236341 3 R.G. Infatti, l'Agenzia delle Entrate ha formalmente proposto il vizio di omesso esame di fatto decisivo, lamentando però la sostanziale omessa motivazione nei termini di cui al previgente art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per non aver la C.T. chiarito la fonte del proprio convincimento, riguardo agli elementi valorizzati circa l'ammortamento finanziario. Non è stato dunque dedotto alcun fatto "storico", principale o secondario, costitutivo del proprio diritto, ovvero modificativo o estintivo dell'altrui pretesa (v., ex multis, Cass. n. 22397/2019), il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice d'appello, donde l'inammissibilità del mezzo. 6.1 — Infine, il quinto motivo è infondato. Contrariamente a quanto dedotto dall'Agenzia, nel ritenere la sussistenza dei requisiti abilitanti all'utilizzo dell'ammortamento finanziario in capo ad ABD, la C.T. ha adottato una motivazione basata sul dato incontrovertibile del rilascio di una concessione provvisoria alla società, nei termini di cui si è già detto. Quanto alla devoluzione gratuita alla scadenza della rilascianda concessione definitiva, può dirsi che la motivazione sia al più insufficiente (nei termini di cui al previgente art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.), ma non certo apparente, ovvio essendo tra l'altro che i beni in questione, alla scadenza, restano acquisiti dal Demanio, cui appartiene l'area. 7.1 — In definitiva, il primo motivo è accolto, assorbito il secondo, infondati i restanti. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, con rinvio alla C.T. di secondo grado di Bolzano, in diversa composizione, che applicherà i superiori principi di diritto e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.N. 23634/13 R.G.
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