Cass. civ., sez. V trib., sentenza 22/01/2024, n. 2115
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Alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, non può essere riconosciuta alcuna automatica autorità di cosa giudicata, ancorché i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l'accertamento. Ciò in quanto nel processo tributario valgono i limiti di prova e trovano ingresso anche presunzioni semplici che non potrebbero supportare una pronuncia penale di condanna. Di conseguenza, il giudice tributario è tenuto a procedere all'apprezzamento della sentenza penale, ponendola a confronto con gli altri elementi di prova acquisiti nel giudizio.
L'art. 83, comma 2, d.l. n. 18 del 2020, che ha previsto la sospensione dei termini per il compimento degli atti dei procedimenti civili dal 9 marzo all'11 maggio 2020, a causa della pandemia da Covid-19, non ha introdotto una speciale sospensione ex lege del processo, ma unicamente la sospensione dei termini processuali, cosicché l'atto processuale compiuto da una parte nel corso di tale periodo non è nullo, ma solo improduttivo dei suoi effetti in relazione alla prosecuzione del giudizio; pertanto, ove il ricorso per cassazione sia stato notificato in pendenza di tale periodo, non si verifica alcuna inammissibilità, ma i termini processuali correlati alla notificazione iniziano a decorrere al termine della sospensione.
L'art. 83, comma 2, del DL 17 marzo 2020 n. 18, convertito con modificazioni dalla Legge n. 27/2020, che, per effetto delle successive modifiche intervenute con l'art. 36 del DL 8 aprile 2020 n. 23, convertito con modificazioni dalla Legge n. 40/2020, ha disposto la complessiva sospensione del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali dal 9 marzo all'11 maggio 2020 in conseguenza dell'emergenza sanitaria derivante dalla diffusione del Covid-19, non ha introdotto una speciale ipotesi di sospensione ex lege del processo, ma ha disposto unicamente la sospensione dei termini processuali. Ne deriva che l'atto processuale compiuto da una parte nel corso di tale periodo di sospensione non è affetto da nullità, restandone unicamente impedita la produzione dei suoi effetti tipici in relazione alla prosecuzione del giudizio. Pertanto, ove il ricorso per Cassazione sia stato notificato in pendenza del periodo di sospensione, non si verifica alcuna inammissibilità dello stesso, ma i termini processuali correlati alla notificazione iniziano a decorrere al termine della sospensione.
Sul provvedimento
Testo completo
Numero registro generale 12082/2020 Numero sezionale 1304/2023 Numero di raccolta generale 2115/2024 Data pubblicazione 22/01/2024 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Magistrati: IRPEF ACCERTAMENTO ETTORE CIRILLO Presidente LUCIO NAPOLITANO Consigliere ALBERTO CRIVELLI Consigliere ROSANNA ANGARANO Consigliere UP – 12/12/2023 FRANCESCO CORTESI Consigliere Rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 12082/2020 R.G. proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12 – ricorrente –
contro
LL AU, rappresentata e difesa, per procura speciale allegata al controricorso, dall'Avv. VALERIO PARDINI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GEROLAMO Numero registro generale 12082/2020 Numero sezionale 1304/2023 Numero di raccolta generale 2115/2024 Data pubblicazione 22/01/2024 SAVONAROLA, N. 39, presso lo studio dell'Avv. Carmine Pellegrino;
– controricorrente– avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 45/2019, depositata il 14 gennaio 2019;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Francesco Cortesi nella pubblica udienza del 12 dicembre 2023;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Giuseppe Locatelli, il quale ha chiesto il rigetto del primo motivo e l'accoglimento del secondo motivo di ricorso, assorbito il restante;
sentiti l'Avvocato dello Stato A. Maddalo per la ricorrente e l'Avvocato A. Di Vincenzo, in sostituzione dell'Avv. V. Pardini, per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
1. AU LO impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Lucca l'avviso di accertamento con il quale l'amministrazione finanziaria aveva ripreso a tassazione, ai fini Irpef e Iva per l'anno 2004, l'importo corrispondente alla sua quota di partecipazione al profitto di reato, commesso in concorso con i soci di fatto AO DA, AL BO e CA NN NZ, che l'Ufficio le aveva attribuito a titolo di “reddito diverso”, ai sensi dell'art. 14, comma 4, della l. 24 dicembre 1993, n. 537. In particolare, e per quanto ancora di rilievo in questa sede, la LO, unitamente ai concorrenti, si era appropriata della somma di € 7.503.258,35, distraendola dal fallimento dell'impresa individuale DA ET fu IC, per il tramite di una società “paravento” denominata Server Plus Ltd.;
di tale complessiva somma, all'esito del giudizio penale a carico dei 2 Numero registro generale 12082/2020 Numero sezionale 1304/2023 Numero di raccolta generale 2115/2024 Data pubblicazione 22/01/2024 quattro soci di fatto, la Corte d'Appello di Torino – con sentenza poi divenuta definitiva – aveva ordinato la restituzione, quale conseguenza civile delle condotte integrative del reato di abuso di ufficio, dichiarato estinto per prescrizione. La C.T.P. adìta accolse il ricorso della contribuente, ritenendo l'Ufficio decaduto dalla potestà impositiva e, in ogni caso, reputando la pretesa creditoria infondata nel merito.
2. Il successivo appello, proposto dall'Amministrazione innanzi alla Commissione tributaria regionale della Toscana, venne respinto. I giudici regionali ritennero che l'Ufficio non fosse decaduto dalla potestà impositiva, poiché le condotte della contribuente erano astrattamente riconducibili a fattispecie di reato che comportavano l'obbligo di denuncia, sì da consentire il raddoppio dei termini previsti al riguardo. Quanto al merito della pretesa, poi, rilevarono che dal giudizio penale era emerso che la società “paravento” Server Plus Ltd aveva percepito somme con il contributo causale della LO e dei restanti imputati, i quali erano stati condannati a restituire l'importo distratto in conseguenza della loro riconosciuta responsabilità civile conseguente al delitto di abuso d'ufficio. Tuttavia, poiché era stata accertata la sola locupletazione della società, ritennero non provata, in assenza di ulteriori indicazioni da parte dell'Ufficio, la circostanza che i soci avessero maturato un reddito imponibile;
in tal senso, affermarono che la restituzione della somma disposta dal giudice penale andava in realtà ricondotta a un obbligo di natura risarcitoria.
3. La sentenza d'appello è stata impugnata dall'Agenzia delle entrate con ricorso per cassazione affidato a tre motivi. 3 Numero registro generale 12082/2020 Numero sezionale 1304/2023 Numero di raccolta generale 2115/2024 Data pubblicazione 22/01/2024 Ha resistito l'intimata con controricorso, illustrato da successiva memoria. Il Pubblico Ministero ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo di ricorso, rubricato «violazione e/o falsa applicazione dell'art. 654 c.p.p. e dell'art. 116 c.p.c.», l'Amministrazione censura la pronunzia impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la contribuente, così come i suoi concorrenti, non fosse assoggettabile ad imposizione in base agli esiti del giudizio penale – parzialmente assolutori, quanto ad alcune imputazioni – anziché procedere a una compiuta valutazione dei fatti, in violazione dei consolidati principi in tema di estensione degli effetti delle sentenze penali nel giudizio tributario. In particolare, la ricorrente sottolinea che la traslazione dell'ingiusto profitto del reato dalla società “paravento” ai soci di fatto (presupposto sul quale si fondava la tassazione del detto profitto come “reddito diverso”) non era stata circostanza particolarmente approfondita nel giudizio penale, costituendo un post-fatto non punibile, ma emergeva con sufficiente chiarezza da numerosi punti della sentenza della Corte d'Appello di Torino, successivamente confermata da questa Corte.
2. Con il secondo motivo, denunziando violazione dell'art. 185 cod. pen., l'Agenzia delle entrate critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha attribuito rilievo alla statuizione d'appello – ritenendovi affermato un obbligo risarcitorio, e non restitutorio come in apparenza – al fine di escludere che la contribuente avesse effettivamente percetto l'importo poi ripreso a tassazione.
3. Infine, con il terzo motivo, denunziando violazione dell'art. 14, comma 4, della l. 24 dicembre 1993, n. 537, dell'art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, degli artt. 67 e 69 del d.lgs. 22 4 Numero registro generale 12082/2020 Numero sezionale 1304/2023 Numero di raccolta generale 2115/2024 Data pubblicazione 22/01/2024 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) e degli artt. 2727, 2729 e 2697 cod. civ., la ricorrente si duole del fatto che i giudici d'appello non abbiano operato una corretta valutazione del materiale probatorio loro offerto, composto dagli elementi addotti a sostegno degli atti impositivi e da quelli desumibili dalle sentenze penali, avuto riguardo al fatto che, nella specie,