Cass. civ., sez. III, sentenza 30/06/2015, n. 13319
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In caso di cessione di ramo d'azienda, l'acquirente, pur in presenza di una contabilità unitaria, risponde, a norma dell'art. 2560 cod. civ., dei debiti pregressi risultanti dai libri contabili obbligatori, a condizione, però, che siano inerenti alla gestione del ramo d'azienda ceduto.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S A - Presidente -
Dott. A U - rel. Consigliere -
Dott. L R - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. R M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 25147/2011 proposto da:
GROS MARKET ITALIA SRL 01060140306, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI PORTA PINCIANA 4, presso lo studio dell'avvocato DE MATTEIS FERDINANDO MARIA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati G B, D M, G B giusta procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
LARICE CARNI DI PIO & PAOLO LARICE SNC 00163180300, in persona del suo legale rappresentante L P, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell'avvocato P P, rappresentata e difesa dagli avvocati M Q, C C giusta procura speciale a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 119/2011 della CORTE D'APPELLO di TRIESTE, depositata il 04/03/2011, R.G.N. 138/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/03/2015 dal Consigliere Dott. U A;
udito l'Avvocato C C;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l'accoglimento del 1A di ricorso assorbiti gli altri.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società Larice Carni di Pio e Paolo Larice s.n.c. ha citato in giudizio davanti al Tribunale di Udine la S.p.A. Friudis, ora Gros Market Italia S.r.l., per sentirla condannare al pagamento della somma di L. 294.533.905 per una fornitura di carne ancora non pagata effettuata in favore di Savoldelli Marcellino, titolare di un supermercato, sul rilievo che la Friudis era debitrice solidale per l'acquisto dell'azienda dello stesso Savoldelli, ai sensi dell'art. 2560 c.c., comma 2.
Nel costituirsi in giudizio la società Friudis ha contestato di essere obbligata solidale in quanto aveva acquistato non la totalità della azienda, ma solo un ramo aziendale, a cui era totalmente estranea la merce fornita dalla Larice, che riguardava invece il settore aziendale rimasto di proprietà del Savoldelli. Previa autorizzazione, la Friudis ha chiamato in giudizio il Savoldelli che è rimasto contumace.
Il Tribunale di Udine, sul rilievo che nell'ipotesi di trasferimento di un ramo di azienda si applica l'articolo 2560 2 comma cod.civ., ma che l'accollo ex lege dei debiti deve avvenire proporzionalmente, e cioè in base al valore della parte dell'azienda ceduta rispetto all'intero compendio aziendale, dopo l'espletamento di una c.t.u., ha condannato la Friudis a pagare ti debito della Larice nella misura corrispondente al valore attribuito dal c.t.u al ramo di azienda ceduto, vale a dire nella misura dello 0,693973 dell'intero debito. La Corte di appello ha rigettato l'appello principale della Gros Market (già Friudis) ed ha accolto l'incidentale della Larice e, sul rilievo che non era stato trasferito un ramo d'azienda, ma l'intera azienda, che prima del 1987 era unica con una sola contabilità ed unico avviamento commerciale, ha condannato la Friudis a pagare l'intero debito della Larice.
La Gros Market ha impugnato per cassazione, lamentando con il primo motivo che la controparte Larice nell'appello incidentale non aveva posto in discussione che era stato ceduto un solo ramo d'azienda, sicché la Corte d'appello aveva pronunciato ultrapetita nell'accertare che vi era stata cessione dell'intera azienda. La Corte di Cassazione, con sentenza numero 26414/09, ha accolto il primo motivo e dichiarato assorbiti gli altri, sul rilievo che la società Larice nel proporre l'appello incidentale non aveva contestato l'accertamento in fatto dell'avvenuta cessione solo di un ramo di azienda.
La Corte di appello di Trieste in sede di rinvio, sul presupposto del giudicato formatosi sulla circostanza in fatto che era stato ceduto un ramo di azienda e non l'intera azienda, ha ritenuto che il cessionario di un ramo di azienda, data la sussistenza di un'unica contabilità ed un unico avviamento, era tenuto al pagamento di tutti debiti aziendali.
La Corte di merito arriva ad affermare questo principio di diritto nella considerazione che i creditori in tanto hanno effettuato le forniture in quanto potevano contare sull'intero patrimonio aziendale, come rappresentato dai libri contabili. Avverso detta sentenza propone ricorso la Gros Market (ex Friudis) con quattro motivi illustrati da memoria.
Resiste la Larice Carni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione dell'art. 2560 c.c., in combinazione con l'art. 2555 c.c., artt. 12 e 14
preleggi, e art. 1372 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e carenza di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4
e 5.
Secondo la società ricorrente la Corte di appello ha errato nel ritenere l'acquirente di un ramo di azienda deve rispondere di tutti i debiti pregressi dell'intera azienda.
Infatti, ritenuto che il ramo d'azienda è inteso dalla giurisprudenza come un complesso organizzato di beni strutturato con un'autonoma attività produttiva funzionalmente preesistente e quindi qualificabile come azienda commerciale, secondo la previsione dell'art. 2560 c.c., l'acquirente di quel ramo deve rispondere solo dei debiti inerenti a quella parte di azienda ceduta. Nel caso di specie è fuori discussione che il debito di cui si richiede il pagamento riguarda forniture di carne in favore del Savoldelli, effettuate prima della cessione del ramo d'azienda, e chiaramente non inerenti all'attività del ramo ceduto. La tenuta di un'unica contabilità non può essere giustificativa del passaggio di tutti debiti aziendali pregressi all'acquirente del ramo di azienda.
2. Il motivo è fondato.
Fino al codice civile del 1942 mancava nel nostro ordinamento giuridico una disciplina relativa all'azienda ed alla sua circolazione.
In precedenza era stato compito della dottrina e della giurisprudenza sopperire all'assenza di norme relative all'azienda ed al suo trasferimento.
Partendo dalla convinzione comune che la teoria dell'azienda era un momento della teoria degli oggetti giuridici, gli interpreti erano giunti all'elaborazione di due diverse correnti di pensiero che, con grande schematizzazione, possono definirsi come disciplina unitaria o disciplina pluralistica, a seconda che l'azienda fosse considerata o meno come unico oggetto giuridico.
Con il codice del 1942 i momenti più importanti della vita dell'azienda, cioè la fase del trasferimento dell'azienda per contratto ed i più diffusi diritti di godimento della stessa - usufrutto e affitto - hanno ricevuto espressa regolamentazione. Deve però immediatamente avvertirsi che rimangono numerose fasi della vita dell'azienda che ancora non sono espressamente regolate normativamente, come la fattispecie oggetto della presente controversia, e che resta all'interprete ricostruire la disciplina applicabile, riferendosi alla disciplina generale dell'azienda, al bilanciamento effettuato dal legislatore degli interessi coinvolti nei diversi aspetti del trasferimento dell'azienda, alla prevalenza da dare ad esigenze a volta unitarie ed a volta pluralistiche.
3. Ai fini della presente decisione è necessario precisare cosa deve intendersi per azienda e per ramo di azienda, definizioni con cui deve necessariamente coordinarsi l'interpretazione di ogni norma relativa all'azienda e soprattutto ogni fattispecie giuridica relativa all'azienda che ancora oggi non ha ricevuto espressa disciplina.
Il codice del 1942, con l'art. 2555, ha definito azienda come il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa.
Recentemente le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 5-3- 2014, n. 5087, nel decidere in senso positivo la questione se l'azienda potesse essere oggetto di acquisto per usucapione, hanno ripercorso la dibattuta e ancora non risolta questione della natura giuridica dell'azienda.
Hanno evidenziato la difficoltà degli interpreti di confrontarsi con la classificazione dei beni contenuta negli artt. 810 e 817 c.c., per qualificare l'azienda - bene unitario a composizione variabile nel tempo e qualitativamente mista - come bene mobile o immobile o come universalità di beni, nella definizione dell'art. 816 c.c., tesi questa prevalente nella giurisprudenza di legittimità. Hanno rilevato che, nella definizione dell'art. 2555 c.c., l'elemento unificatore della pluralità dei beni - indicato nell'organizzazione per l'esercizio dell'impresa - è ancorato a un'attività (l'organizzazione), a sua volta necessariamente qualificata in senso finalistico (l'impresa): l'attività, come tale, è certamente un'espressione del soggetto, che trascende la categoria dei beni giuridici e non può essere oggetto di possesso. È necessario allora, per chi debba misurarsi con la disciplina vigente dell'azienda, riconoscere che l'art. 2555 c.c., esprime una valutazione dell'azienda che, senza cancellare il suo collegamento genetico (organizzativo) e finalistico con l'attività d'impresa, ne sancisce una considerazione oggettivata (di "cosa", oltre che di strumento di attività), costituente la premessa alla possibilità che essa diventi oggetto di negozi giuridici e di diritti. Ciò che sembra decisivo -, secondo le Sezioni Unite, è dunque proprio l'oggettività dell'azienda, considerata unitariamente quale oggetto di diritti.
Negli artt. 2555 e 2562 c.c., sono disciplinate in modo - solo parzialmente unitario - alcune fattispecie che non esauriscono la fenomenologia dell'azienda, lasciando aperta la discussione su tutte le fattispecie non regolate. Per queste, la considerazione unitaria dell'azienda sembra riproporre il tema della sussunzione del bene azienda in una delle categorie del Libro Terzo del codice civile, che renderebbe per ciò stesso applicabile tutta la relativa disciplina civilistica.
4. È necessario a questo punto esaminare la disciplina prevista in via generale per il trasferimento dell'azienda nel suo complesso, al fine di valutarne l'applicabilità anche all'ipotesi di trasferimento di un parte dell'azienda, cosiddetto "ramo di azienda". Le norme sulla circolazione dell'azienda evidenziano l'intento del legislatore di conservare nella trasferimento l'unitarietà del complesso e la sua funzionalità, ponendo al centro della