Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 03/12/2021, n. 38299
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Testo completo
la seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 8289/2015 R.G. proposto da STUDIO LEGALE FUSILLO & ASSOCIATI, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, viale delle Milizie n. 22, presso lo studio dell'Avv. Alessandro Fusillo, rappresentato da sé medesimo
- ricorrente -
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE - intimata - Avverso la sentenza n. 5657/37/2014 della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 23 settembre 2014. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 settembre 2021 dal Consigliere Raffaele Rossi. Rilevato che:
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha dichiarato inammissibile l'appello interposto dallo Studio Legale Fuschillo & associati avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma (n. 238/44/13) avente ad oggetto l'impugnativa di una cartella di pagamento per omesso versamento dell'imposta IRAP per l'anno 2006. La pronuncia è così motivata: «dalla documentazione presentata dalle parti si evince che il contribuente ha notificato l'appello in via informale via PEC che al momento è esclusa dal processo tributario ai sensi dell'art. 16, comma quarto, del d.P.R. 16/02/2005, n. 68».
2. Ricorre per cassazione il contribuente articolando due motivi;
l'intimata Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione finalizzato alla partecipazione all'udienza di discussione della causa.
Considerato che:
3. Con il primo motivo, si denuncia violazione dell'art. 156, terzo comma, cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.: l'avvenuta costituzione dell'Agenzia delle Entrate nel giudizio di appello dimostrava il raggiungimento dello scopo della notificazione eseguita a mezzo PEC, sicché non poteva essere pronunciata declaratoria di nullità dell'atto di appello.
4. Con il secondo motivo - deducendo violazione di plurime norme di legge - si assume che l'uso della PEC nelle forme previste dalla legge 21 gennaio 1994, n. 53, va considerato «in tutto e per tutto equipollente» alla posta raccomandata, atteso che le disposizioni in tema di notificazione diretta da parte degli avvocati escludono la possibilità dell'uso della PEC solo per la giustizia amministrativa e che il processo tributario fa rinvio alle norme sulla notificazione degli atti civili.
5. Le doglianze - da scrutinare unitariamente, siccome avvinte da vincolo di stretta connessione - sono infondate. r.g. n. 828/O15 2 Cons. est!. afraele Rossi 5.1. Va qui ribadito - siccome non scalfito dalle argomentazioni del ricorrente - il consolidato indirizzo ermeneutico di questa Corte secondo cui nel processo tributario la notifica degli atti a mezzo posta elettronica certificata è consentita soltanto laddove sia operativa la disciplina del c.d. processo tributario telematico, per essere invece inficiata da giuridica inesistenza (e, come tale, insanabile) la notifica eseguita in difetto dell'operatività di siffatta disciplina (ex plurimis, Cass. 12/09/2016, n. 17941;
Cass. 23/11/2016, n. 23904;
Cass.15/02/2017, n. 4066;
Cass. 25/05/2017, n. 18321;
Cass.29/10/2018, n. 27425;
Cass. 27/03/2019, n. 8560;
Cass.26/06/2020, n. 12739). A suffragio della esposta conclusione, va osservato che: - l'art. 1, secondo periodo, della legge n. 53 del 1994, nel testo da ultimo risultante per effetto dell'art. 46, primo comma, lett. a), num. 2), del d.l. 24 giugno 2014, n. 90 (convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114), dispone che, quando ricorrono i requisiti di cui al periodo precedente della stessa norma, fatta eccezione per l'autorizzazione del Consiglio dell'Ordine, «la notificazione degli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale può essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata»;
- dalla citata disposizione si ricava, a contrario ed in ragione della specialità delle