Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 25/08/2004, n. 16793
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Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. M E - Presidente -
Dott. B B - Consigliere -
Dott. M F - Consigliere -
Dott. C G - rel. Consigliere -
Dott. A G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
S
sul ricorso proposto da:
COSTAGLIOLA ANGELO, DANIELE FOMENA, DE S S, domiciliati in ROMA presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall'avvocato A L M, giusta delega in atti;
- ricorrenti -
contro
MINISTERO DELL'INTERNO;
- intimato -
avverso la sentenza n. 4326/01 del Tribunale di NAPOLI, depositata il 25/10/01 - R.G.N. 43652/95;
3713 udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/07/04 dal Consigliere Dott. G C;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. I D che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Napoli, pronunciando sull'appello proposto, tra gli altri, dagli odierni ricorrenti nei confronti del Ministero dell'Interno, riteneva, relativamente ai ratei di prestazione assistenziale agli stessi versati con ritardo rispetto al momento di maturazione del credito e senza le necessarie maggiorazioni per interessi e rivalutazione, che il diritto a tali accessori sia soggetto a prescrizione quinquennale, così come eccepito dal Ministero. In applicazione di questo principio (e in conformità a quanto già deciso dal primo giudice) rigettava, per intervenuta prescrizione quinquennale ex art. 2948 n. 4 cod.civ. la domanda proposta da Angelo Costagliela e Santa De
Simone e, accoglieva, entro i limiti della prescrizione quinquennale le domande degli altri ricorrenti.
Il ricorso per Cassazione delle parti private, affidato a due motivi, è stato notificato al Ministero dell'Interno, che non si è costituito.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente osservato che nel presente giudizio non possono avere applicazione le disposizioni in materia d'invalidità civile di cui all'art. 42 del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269, in ordine alla notificazione degli atti introduttivi del procedimento giurisdizionale concernenti l'invalidità civile al Ministero dell'economia e delle finanze, da effettuarsi sia presso gli uffici dell'Avvocatura dello Stato sia presso le competenti direzioni provinciali dei servizi del Ministero, riferendosi tale obbligo agli atti introduttivi del giudizio di primo grado.
Con il primo motivo, denunciando violazione degli artt. 129 r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827, 429, terzo comma, cod. proc. civ., 2946 e 2948 cod. civ. e vizi di motivazione, i ricorrenti assumono che nel caso
di specie operi, non la prescrizione breve applicata dal giudice a quo, ma quella decennale, con decorrenza dalla data del provvedimento attributivo del beneficio.
Il secondo motivo deduce il vizio di omessa pronuncia sulla richiesta di pagamento degli ulteriori interessi e rivalutazione ai sensi dell'artt. 194 cod.civ..
Il ricorso è da accogliere, alla stregua e nei limiti dei rilievi seguenti.
Quanto al primo motivo si osserva che le Sezioni unite di questa Corte, con sentenza 25 luglio 2002, n. 10955, dando, da un lato, continuità ad orientamenti sostanzialmente consolidati della giurisprudenza di legittimità in tema di durata della prescrizione del diritto ad interessi e rivalutazione dovuti su ratei di prestazioni assistenziali corrisposti in ritardo e, dall'altro lato, risolvendo il contrasto insorto nella stessa giurisprudenza circa il potere officioso di applicazione di norme di previsione di un termine prescrizionale diverso da quello invocato dalla parte che abbia eccepito il relativo fatto estintivo del diritto in contestazione, hanno sancito i seguenti principi:
"a) a seguito detta sentenza n. 156 del 1991 della Corte Costituzionale - che ha esteso anche ai crediti previdenziali la disciplina dettata dall'art. 429 cod. proc. civ. in materia di crediti di lavoro - la rivalutazione monetaria e gli interessi legali costituiscono una componente essenziale del credito dell'assicurato, nel senso che esso, maggiorato di tali elementi, rappresenta, nel tempo, l'originario credito dell'assicurato nel suo reale valore man mano aggiornato;la disciplina legale applicabile è pertanto sempre ed unicamente quella per lo specifico credito previdenziale dedotto in giudizio, con la conseguente impossibilità di ritenere assoggettata la porzione di credito contabilmente imputabile a rivalutazione e interessi ad un regime prescrizionale diverso da quello proprio ascrivibile a somma capitale.
b) alle componenti essenziali di ratei di prestazioni previdenziali o assistenziali non liquidate si applica la prescrizione ordinaria decennale e non quella quinquennale, che presuppone la liquidità del credito, da intendere non secondo la nozione comune desumibile dall'art. 1282 c.c., ma quale effetto del completamento del procedimento amministrativo di erogazione della spesa e cioè come messa a disposizione delle somme a favore dell'avente diritto, secondo quanto reso palese dal disposto dell'art. 129 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, a norma del quale si prescrivono in cinque
anni, a favore dell'istituto, le rate di pensione "non riscosse". Ne consegue che il diritto di credito relativo a qualsiasi somma (ivi compresa quella per rivalutazione e interessi, costituente parte integrante del credito base) che non sia stata posta in riscossione si prescrive nel termine di dieci anni, trattandosi di credito non liquido ai sensi e per gli effetti del citato art. 129. c) Il credito per la rivalutazione monetaria e gli interessi legali, dovuti sui ratei delle prestazioni assistenziali, spettanti agli invalidi civili e loro corrisposti in ritardo, si prescrive in dieci anni a decorrere, per le somme calcolate sul primo rateo, dal centoventunesimo giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa di prestazione e, per le somme calcolate con riferimento ai ratei successivi, dalla scadenza di ciascuno di essi, senza che possa attribuirsi al mero pagamento dei ratei arretrati l'effetto interruttivo di cui all'art. 2944 c.c., salvo che il solvens non abbia considerato parziale il pagamento stesso, con riserva di provvedere successivamente al versamento di somme ulteriori;e senza che possa il pagamento della sola somma capitale ritenersi sufficiente a costituire liquidazione della prestazione, tale da determinare l'applicabilità della prescrizione quinquennale. d) In tema di prescrizione estintiva, elemento costitutivo della relativa eccezione è l'inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio, mentre la determinazione della durata di questa, necessaria per il verificarsi dell'effetto estintivo, si configura come una quaestio iuris concernente l'identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale per esso previsto dalla legge. Ne consegue che la riserva alla parte del potere di sollevare l'eccezione implica che ad essa sia fatto onere soltanto di allegare il menzionato elemento costitutivo e di manifestare la volontà di profittare di quell'effetto, non anche di indicare direttamente o indirettamente (cioè attraverso specifica menzione della durata dell'inerzia) le norme applicabili al caso di specie, l'identificazione delle quali spetta al potere - dovere del giudice, di guisa che, da un lato, non incorre nelle preclusioni di cui agli artt. 416 e 437 c.p.c. la parte che, proposta originariamente un'eccezione di prescrizione quinquennale, invochi nel successivo corso del giudizio la prescrizione ordinaria decennale, o viceversa;
e, dall'altro lato, il riferimento della parte ad uno di tali termini non priva il giudice del potere officioso di applicazione (previa attivazione del contraddittorio sulla relativa questione) di una norma di previsione di un termine diverso".
A tali principi - affermati in relazione a fattispecie sottratta all'applicabilità dell'art. 16, sesto comma, della legge 1991/n. 412 in quanto concernente ratei maturati entro il 31 dicembre 1991 - è da aggiungere quello, più recentemente affermato da questa Corte con sentenza 14 febbraio 2004 n. 2868, secondo cui il termine di prescrizione decennale concerne anche il credito per accessori relativo a ratei di prestazioni previdenziali ed assistenziali maturati posteriormente alla data di entrata in vigore del citato art. 16, sesto comma, della legge 30 dicembre 1991 n. 412. Non si ravvisano ragioni per discostarsi dal suesposto insegnamento, dovendosi altresì ribadire che neanche l'adempimento parziale dell'obbligazione da parte Ministero, avente ad oggetto il pagamento dei ratei arretrati nella sola misura della somma capitale, può indurre a ritenere intervenuta la "liquidazione", ai sensi e per gli effetti di cui sopra, della prestazione ulteriore, riferibile solo contabilmente al titolo degli interessi e della rivalutazione, ma causalmente imputabile, come s'è detto, allo stesso titolo della prestazione principale, quale parte integrante della medesima. Quanto al secondo motivo, è da rilevare che, nell'atto di appello, si formulava, testualmente, domanda di pagamento "degli interessi e rivalutazione monetaria sulle somme che saranno liquidate in questa sede, ai sensi dell'artt. 194 del c.c., a decorrere dal di del pagamento degli arretrati e sino all'effettivo soddisfo". Orbene, una tale domanda non può che essere stata (seppure implicitamente) ritenuta assorbita dal giudice del gravame, non avendo esso liquidato nessuna somma agli appellanti, in considerazione della condivisa tesi del primo giudice relativamente all'applicabilità della prescrizione quinquennale al credito per accessori.
Difettano le condizioni per provvedere alla decisione della causa nel merito, poiché la ritenuta operatività di una norma di previsione della durata del termine prescrizionale, diversa da quella applicata dal giudice del merito, implica rinnovazione, nella ricordata osservanza del principio del contraddittorio, degli accertamenti necessari per stabilire, in relazione alla diversa dimensione temporale del fatto estintivo se questo siasi effettivamente compiuto e, in ipotesi negativa, in quale diversa misura debba essere quantificato il credito vantato dalla parte privata: ciò che compete esclusivamente al giudice del merito, giusta il principio per cui la cassazione sostitutiva con pronuncia nel merito non può avere luogo quando la pronuncia caducatoria renda rilevante l'esame di questioni non esaminate dal giudice a quo (Cass. 2 giugno 2000, n. 7367;Id., 25 marzo 1996, n. 2629;Id., 16 marzo 1996, n. 2238;Id., 24 novembre 1995, n. 12145). È invero appena il caso di notare che per gli accertamenti di fatto suindicati non può farsi riferimento alla sentenza di primo grado, ormai irrimediabilmente vanificata dall'effetto sostitutivo proprio della riforma in appello e non ripristinata dalla cassazione della pronuncia di secondo grado (v. Cass. 4 dicembre 2002, n. 17721). La cassazione deve dunque avvenire con rinvio ad altro giudice, il quale procederà a tali accertamenti, uniformandosi ai sopra riferiti principi di diritto. Allo stesso giudice - che si designa nella Corte d'appello di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, si rimette altresì, ai sensi dell'art. 385, terzo comma, cod. proc. civ., il regolamento delle spese di questo giudizio.