Cass. civ., sez. V trib., sentenza 08/06/2018, n. 14958
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La cartella di pagamento deve contenere indicazioni sufficienti a consentire ai contribuente l'agevole identificazione delle somme pretese dall'Amministrazione Finanziaria, ai sensi dell'art. 7 dello statuto del contribuente. Nel caso in questione l'atto impugnato ha riprodotto l'imposta tributaria originariamente rettificata, omettendo di considerare le vicende successive all'originario avviso di accertamento, quale quella relativa alle somme versate a titolo di condono dai coeredi.
Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.
Sul provvedimento
Testo completo
Fatti di causa
1. In seguito al decesso di N.P., i coeredi presentavano dichiarazione di successione, versando le relative imposte, le quali venivano rettificate dall'ufficio, successivamente all'attribuzione di maggiori rendite catastali.
Il 13.06.2003, gli eredi condonavano l'avviso di accertamento ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 15 - versando la somma di Euro 24.625,63 - condono respinto dall'amministrazione finanziaria, la quale comunicava ai comunisti la possibilità di condono ai sensi dell'art. 11 della medesima legge.
La somma versata non veniva restituita ma presumibilmente imputata ai fini della definizione agevolata ex art. 11 cit.
Il 22.05.2004 veniva notificato ai coeredi il diniego di definizione agevolata, impugnata dalla ricorrente innanzi alla CTP di Firenze che con sentenza n. 54/16/05, divenuta definitiva, rigettava il ricorso.
Nelle more, l'ufficio notificava al coerede N.R. una cartella esattoriale per Euro 119.157,47, corrispondente all'originario importo preteso, la quale veniva impugnata dinanzi alla CTP di Firenze che accoglieva il ricorso con sentenza confermata dai giudici di appello con pronuncia n 6/36/2007.
L'agenzia delle Entrate impugnava la sentenza di appello con ricorso per cassazione dichiarato inammissibile da questa Corte (con ordinanza n. 4463/2010, depositata il 22.02.2010).
Intanto, veniva notificata nei confronti della ricorrente altra cartella recante la medesima pretesa impositiva e sanzionatoria che veniva impugnata dinanzi alla CTP di Firenze. L'autorità adita accoglieva il ricorso con sentenza che veniva riformata dai giudici di appello, n. 19/1/10, sul presupposto che l'originario avviso notificato anche alla coerede ricorrente non era stato impugnato e che la sentenza della CTP n. 54/16/2005 aveva definito la questione affermando l'inapplicabilità delle norme della L. n. 289 del 2002.
Avverso detta sentenza - n. 19/1/2010 - ricorre per cassazione N.A. svolgendo tre motivi.
Nessuno si costituisce per l'Ufficio.
L'ufficio ha depositato istanza per la partecipazione all'udienza pubblica.
Il P.G. conclude per