Cass. pen., sez. V, sentenza 11/05/2023, n. 36416

CASS
Sentenza
11 maggio 2023
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11 maggio 2023

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In tema di bancarotta fraudolenta, spetta al giudice di merito verificare se, in assenza di una delibera assembleare o di una quantificazione statutaria del compenso per l'attività svolta, cui ha diritto il soggetto che abbia ritualmente accettato la carica di amministratore di una società di capitali, il prelevamento da parte di quest'ultimo di denaro dalle casse della società in dissesto configuri il delitto di bancarotta preferenziale o, diversamente, quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, a seconda che il diritto al compenso sia correlato o meno a una prestazione effettiva e il prelievo sia o meno congruo rispetto all'impegno profuso.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 11/05/2023, n. 36416
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 36416
Data del deposito : 11 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

36416-23 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUINTA SEZIONE PENALE Composta da: MARIA VESSICHELLI -Presidente - Sent. n. sez. 1554/2023 UP 11/05/2023 ANGELO CAPUTO - R.G.N. 42890/2022 FRANCESCO CANANZI Relatore MATILDE BRANCACCIO VINCENZO SGUBBI ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: RI LU nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 14/06/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO CANANZI;
lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale SABRINA PASSAFIUME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Firenze, con la sentenza emessa il 14 giugno 2022, ha confermato quella del Tribunale di SI, che aveva accertato la responsabilità penale di CA IR, condannandolo alle pene di giustizia, in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta impropria patrimoniale per aver effettuato prelevamenti per euro 22.703,85 dalle casse sociali della Seven S.r.l., della quale era amministratore unico dalla costituzione intervenuta il 19 febbraio 2009 fino al 4 marzo 2011, data del fallimento. tu 2. Il ricorso per cassazione, proposto nell'interesse di CA IR, consta di due motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

3. Il primo motivo deduce violazione degli artt. 216, comma 1, n.1 legge fall. e 59 cod. pen. La Corte di appello avrebbe errato nel non riconoscere che CA IR ebbe a effettuare i prelevamenti di quanto gli spettava, incorrendo nell'errore di aver agito in assenza di delibere assembleari o di previsione statutarie che lo autorizzassero a tanto, trattandosi di amministratore unico e titolare della quasi totalità delle quote sociali.

4. Il secondo motivo lamenta violazione dell'art. 216, comma 1, n. 1 legge fall. rilevando come la Corte di appello non abbia applicato l'orientamento giurisprudenziale che richiede che i prelievi effettuati siano stati idonei a integrare il pericolo concreto per il patrimonio posto a garanzia dei creditori.

5. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte ai sensi dell'art. 23 comma 8, d.l. con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.127 del 2020- 6. Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell'art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell'art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall'articolo 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall'art.

5- duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162
, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.

2. I due motivi, strettamente connessi, perché correlati al tema dell'assenza della delibera assembleare o della previsione statutaria in merito al compenso, vanno trattati congiuntamente.

2.1 La Corte di appello ha evidenziato come l'imputato avesse piena consapevolezza della illiceità della condotta posta in essere prelevando le somme 2 dalle casse della società, senza che alcuna delibera rendesse liquidi e esigibili i crediti, in un momento nel quale la società medesima non era economicamente autosufficiente. E' certamente noto a questa Corte che, come osserva la Procura generale, il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, come ritenuto dalle sentenze di merito in doppia conforme, sia integrato dalla condotta dell'amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come retribuzione, se tali compensi sono solo genericamente indicati nello statuto e non vi sia stata determinazione di essi con delibera assembleare, perché, in tal caso, il credito è da considerarsi illiquido, in quanto, sebbene certo nell""an", non è determinato anche nel "quantum" (Sez. 5, n. 30105 del 05/06/2018, Pellegrini, Rv. 273767 01, mass. conf. N. 11405 del 2015 Rv. 263056 01, N. 50836 del 2016 Rv. 268433 -01).

2.2 Il primo motivo di ricorso evoca l'errore in cui sarebbe incorso l'imputato, ai sensi dell'art. 59, comma 4, cod. pen, nell'aver prelevato i compensi a lui spettanti in assenza di determinazioni societarie autorizzative - nell'atto costitutivo o a mezzo di delibere assembleari in quanto essendo l'unico - amministratore, oltre che titolare del 99% delle quote societarie, risultando per altro l'1% attribuito alla compagna del ricorrente, si era ritenuto legittimato di fatto a operare i prelievi. Il ricorrente prospetta di aver ritenuto di agire, effettuando i prelievi, ai sensi dell'art. 51 cod. pen. nell'esercizio di un diritto, cadendo in un errore tale da doversi escludere il dolo ai sensi dell'art. 59, comma 4, cod. pen.

2.3 A ben vedere la previsione di cui all'art. 2389 cod. civ. stabilisce che la misura del compenso degli amministratori di società di capitali, qualora non sia stabilita nello statuto, debba essere determinata con delibera assembleare. Pertanto, ciò in cui incorre l'imputato non è un errore di fatto, bensì un errore di diritto, che non rileva ai fini del dolo, in quanto «allorché l'autore del fatto illecito abbia erroneamente inteso la normativa applicabile in ordine ad una situazione di fatto rispondente alla realtà, si tratta di un mero errore di diritto, che

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