Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 28/05/2004, n. 10353
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I contratti collettivi aziendali devono ritenersi applicabili a tutti i lavoratori dell'azienda, ancorché non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti, con l'unica eccezione di quei lavoratori che, aderendo ad una organizzazione sindacale diversa, ne condividono l'esplicito dissenso dall'accordo medesimo e potrebbero addirittura essere vincolati ad un accordo sindacale separato e diverso.
In materia di orario di lavoro, alla contrattazione collettiva di qualsiasi livello è in ogni caso consentito derogare in meglio alla legislazione in materia, come pure introdurre articolazioni diverse dell'orario di lavoro ivi previsto, mentre la contrattazione collettiva aziendale può poi derogare in melius rispetto alla contrattazione collettiva nazionale, quantomeno in difetto di inderogabili regole di competenza e di espliciti divieti di deroghe migliorative. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto migliorativo, e quindi valido l'accordo integrativo aziendale in materia di trasporto laddove introduceva la quantificazione di un orario medio giornaliero distinto per i servizi urbani ed extraurbani).
Soltanto i lavoratori sono legittimati ad agire per negare efficacia nei propri confronti ad un contratto collettivo stipulato da organizzazioni sindacali alle quali non siano iscritti, laddove non è ravvisabile alcun diritto o interesse della organizzazione sindacale ad agire in giudizio in relazione alla validità, efficacia, o anche all'interpretazione di un contratto collettivo alla cui stipulazione sia rimasta estranea.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S G - Presidente -
Dott. DE L M - rel. Consigliere -
Dott. G C - Consigliere -
Dott. F C - Consigliere -
Dott. S P - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CONSORZIO PISTOIESE TRASPORTI (COPIT S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA MONTE SANTO 25, presso lo studio dell'avvocato R M, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato F B, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
SCARTABELLI LUCA, FIORE GINO, GIUSTI GIANCARLO, CIANI SALVATORE, BALLATI MAURIZIO, INNOCENTI LUCIANO, SACCOMANDO GIUSEPPE, GUASTI LORENO, RICOTTI PABRIZIO, DOLFI GIAMPIERO, GELLI SAURO, CONTRUCCI SIMONE, BERTINI SAURO, RAFANELLI FRANCO, DANESI ROBERTO, IERI ALESSANDRO, PASQUETTI GIOVANNI, CIONI ANDREA, VENTURINI LUCIANO, GALARDI SAURO, INDOVINO SEBASTIANO, UIL TRASP;
- intimati -
e sul 2^ ricorso n^. 25120/01 proposto da:
SCARTABELLI LUCA, FIORE GINO, GIUSTI GIANCARLO, CIANI SALVATORE, BALLATI MAURIZIO, INNOCENTI LUCIANO, SACCOMANDO GIUSEPPE, GUASTI LORENO, RICOTTI FABRIZIO, DOLFI GIAMPIERO, GELLI SAURO, CONTRUCCI SIMONE, RAFANELLI FRANCO, DANESI ROBERTO, IERI ALESSANDRO, PASQUETTI GIOVANNI, CIONI ANDREA, VENTURINI LUCIANO, GALARDI SAURO, INDOVINO SEBASTIANO e per la U.I.L. TRASPORTI, elettivamente domiciliati in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall'avvocato VALERIA PANZONE, giusta delega in atti;
- controricorrenti e ricorrenti incidentali -
contro
CONSORZIO PISTOIESE TRASPORTI SPA COPIT, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA MONTE SANTO 25, presso lo studio dell'avvocato R M, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato F B, giusta delega in atti;
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 163/01 del Tribunale di PISTOIA, depositata il 26/02/01 - R.G.N. 116/97;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica Udienza del 11/11/03 dal Consigliere Dott. Michele DE LUCA;
Udito l'Avvocato MARTIRE;
Udito l'AVVOCATO PANZONE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NAPOLETANO Giuseppe che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza ora denunciata, il Tribunale di Pistoia, in parziale riforma della sentenza del Pretore della stessa sede n. 431/97, dichiarava l'accordo integrativo aziendale del 27 febbraio 1995 inefficace - nei confronti di L S e di altri dipendenti del Consorzio pistoiese trasporti (CO.PI.T.), non iscritti alle organizzazioni sindacali aziendali stipulanti (Filt-C.G.I.L. e FIT- C.I.S.L.), ma ad altra (U.I.L.-trasporti) oppure a nessuna organizzazione sindacale (quanto a Giuseppe Saccomando) - e, per l'effetto, dichiarava il diritto degli stessi lavoratori (fondati sui CCNL 23 luglio 1976 e 12 luglio 1985, dei quali era, asseritamente, attuativo il precedente accordo integrativo aziendale del 1988) - "alla programmazione dell'orario di lavoro effettivo fino ad un massimo di trentanove ore settimanali, alla remunerazione dei tempi accessori secondo le previsioni del CCNL applicabile ed alla fruizione di una pausa di almeno un'ora destinata alla consumazione del pasto, con condanna del CO.PI.T. alla conseguente riorganizzazione dei turni di lavoro onde garantire l'effettività di tali diritti" - mentre, confermando nella sostanza la sentenza appellata, dichiarava la nullità delle domande di detti lavoratori - volte ad ottenere la condanna del Consorzio al pagamento di differenze retributive, per asserite violazioni dei diritti accertati - ed, inoltre, negava la legittimazione ad agire dell'organizzazione sindacale aziendale (U.I.L.- trasporti) - alla quale aderivano gli stessi lavoratori - e confermava, parimenti, il rigetto di tutte le domande proposte, contro il Consorzio, da L V, che era, invece, iscritto ad una delle organizzazioni sindacali aziendali stipulanti l'accordo integrativo aziendale del febbraio 1995. Osservava, infatti, il giudice d'appello:
- la "indivisibilità" delle materie - che ne formano oggetto - ed il "potere organizzativo" del datore di lavoro non giustificano - nel difetto di qualsiasi "supporto normativo" (non potendosi considerare tale la normativa, in tema di "contratti collettivi aziendali di solidarietà", di cui al decreto-legge n. 726, convertito in legge n. 863/84) - l'estensione dell'efficacia soggettiva dell'accordo
integrativo aziendale del febbraio 1995 a lavoratori dell'azienda, non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti (Filt-C.G.I.L., e Fit-C.I.S.L.);
- deve escludersi, tuttavia, la legittimazione ad agire dell'organizzazione sindacale aziendale (U.I.L-trasporti) - alla quale gli stessi lavoratori aderiscono - che non ha stipulato detto accordo aziendale del febbraio 1995;
- coerentemente, vanno dichiarati i diritti ("alla programmazione dell'orario di lavoro effettivo fino ad un massimo di trentanove ore settimanali, alla remunerazione dei tempi accessori secondo le previsioni del CCNL applicabile ed alla fruizione di una pausa di almeno un'ora destinata alla consumazione del pasto, con condanna del CO.PI.T. alla conseguente riorganizzazione dei turni di lavoro onde garantire l'effettività di tali diritti", appunto), che gli stessi lavoratori - non iscritti alle organizzazioni sindacali (Filt- C.G.I.L. e Fit-C.I.S.L.), stipulanti l'accordo integrativo aziendale del febbraio 1995 - fondano, "direttamente", sui CCNL 23 luglio 1976 e 12 luglio 1985, "con ciò perdendo di rilevanza pratica la questione relativa alla efficacia della disdetta intimata dalla CO.PI.T. dell'accordo integrativo aziendale del 1988, dagli stessi (lavoratori) appellanti ritenuto meramente attuativo della contrattazione nazionale";
- quanto alle domande degli stessi lavoratori - volte ad ottenere "differenze retributive derivanti dal computo integrale dei tempi accessori" - sono da considerarsi nulle - "per la mancata indicazione, nel ricorso introduttivo, degli elementi di fatto a sostegno della pretesa" - prima che infondate nel merito - siccome ritenuto dal primo giudice - "per non avere i (lavoratori) ricorrenti neppure dedotto l'esistenza di un effettivo depauperamento, a causa del computo forfettario delle pause fino a trenta minuti, e perla tendenziale inattualità della doglianza";
- l'accordo integrativo aziendale del febbraio 1995 è efficace, invece, nei confronti di L V - in quanto iscritto ad una delle organizzazioni sindacali aziendali stipulanti - e vanno, quindi, rigettate - sulla base dello stesso accordo - le domande da lui proposte;
- infatti "l'accordo integrativo del 1995 si limita a modificare in melius - ed, in questo senso, la deroga deve ritenersi ammissibile - le condizioni poste dalla contrattazione nazionale, introducendo un orario medio giornaliero di sei ore e trenta minuti e massimo di sette ore per i sevizi urbani e di sette ore e trenta minuti per quelli extraurbani", mentre "l'orario effettivo settimanale viene fissato in trentanove ore medie come da CCNL, laddove la introduzione della media oraria settimanale con un massimo di quarantuno ore su sei turni di lavoro non solo è conforme ai principi rinvenibili nelle fonti esaminate, ma, in un contesto di evidente complessivo maggior favore per il lavoratore, dev'essere interpretata, non già quale mezzo per "istituzionalizzare" lo straordinario nella programmazione dei turni, bensì quale ulteriore limite per garantire il lavoratore che l'adozione della media settimanale non consente in nessun caso di eccedere il limite delle quarantuno ore, fermo restando che il lavoro eccedente la media delle trentanove ore settimanali (sei ore e trenta giornaliere) è sempre considerato straordinario";
- è legittimo il "criterio forfettario di computo" del lavoro sussidiario - stabilito dall'accordo integrativo del 1995 - in quanto conforme ai principi posti dalla disciplina legale e pattizia - dai quali "non si ricava alcun divieto di adozione del sistema forfettario" - "con particolare riguardo al rinvio alla contrattazione decentrata, contenuto nella contrattazione nazionale";
- peraltro la sentenza appellata ha "rilevato come, a fronte di una cospicua forfettizzazione dei tempi accessori, nella misura di dieci minuti per ogni ora di guida effettiva, i (lavoratori) ricorrenti non avessero dimostrato la esistenza di alcun pregiudizio e, in definitiva, (...), una volta stabilita la astratta legittimità del criterio forfettario, si rinvia a quanto sopra affermato in ordina alla nullità delle domande spiegate dai (lavoratori) ricorrenti (...);
- quanto all'intervallo di almeno un'ora, è previsto dalla legge (art 5 legge n. 138/58) - esclusivamente in relazione alla "prestazione continuativa massima consentita" - ed è stabilito, per la consumazione del pasto, dall'accordo aziendale del 1995, in favore del 60 per cento dei turni, mentre il residuo 40 per cento - che gode di una pausa di 45 minuti - ne fruisce "circa a metà del nastro, e dunque dopo circa quattro ore e mezza (e non dopo cinque ore);
- "a ciò si aggiunga che l'intervallo di quarantacinque minuti può ritenersi di per sè idoneo alla soddisfazione dei bisogni del lavoratore ed in particolare alla consumazione del pasto, mentre i (lavoratori) ricorrenti non hanno neppure dedotto le concrete ragioni della pretesa inidoneità e dell'incidenza negativa dell'organizzazione dei turni sull'integrità psicofisica dei lavoratori".
Avverso la sentenza d'appello, la S.p.a. Consorzio pistoiese trasporti (CO.PI.T.) propone ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi.
Gli intimati resistono con controricorso e prepongono, contestualmente, ricorso incidentale, affidato a sei motivi. MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente va disposta le riunione del ricorso incidentale a quello principale, in quanto proposti separatamente contro la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.). 2. Con il primo motivo di ricorso principale - denunciando (ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 1362, principale, in quanto proposti separatamente contro la stessa sentenza 2086, 2104 c.c.) - la S.p.a. Consorzio pistoiese trasporti (CO.PI.T.) censura la sentenza impugnata per avere dichiarato che il contratto sindacale aziendale - dalla stessa società stipulato con le organizzazioni aziendali della Fit-CISL e della Filt-CGIL - non è applicabile ai propri dipendenti (ed attuali resistenti) - in quanto iscritti ad altra (UIL-trasporti) oppure a nessuna organizzazione sindacale - omettendo di considerare che lo stesso contratto aziendale:
- reca la disciplina "indivisibile" di orari di lavoro, riposi, soste del personale viaggiante di un'impresa di pubblico trasporto;
- non reca soltanto deroghe peggiorative della disciplina legale e di quella contrattuale a livello nazionale, ma ne contiene, invece, previsioni migliorative - come riconosce la stessa sentenza impugnata - in tema di "durata media" del lavoro, di tempi accessori, di "nastro lavorativo" - mai superiori a cinque ore di guida continuative - e, comunque, di intervallo di un'ora (di cui all'art. 5 legge n. 138/68);
- prevede miglioramenti economici, dei quali hanno effettivamente beneficiato gli stessi lavoratori.
Con il secondo motivo - denunciando (ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c.) vizio di motivazione - la ricorrente principale censura la
sentenza impugnata per avere correttamente rilevato che "il problema dell'efficacia soggettiva degli accordi aziendali sorge - per i non iscritti al sindacato o per gli iscritti a sindacati diversi da quelli stipulanti - allorché il contratto decentrato pone deroghe peggiorative rispetto a norma di legge o di altro contratto collettivo" ed avere omesso, poi, di trarre conseguenze coerenti - con tale premessa - dal riconoscimento che l'accordo aziendale non introduce, da un lato, "deroghe peggiorative rispetto alla disciplina dettata dalla legge e dalla contrattazione collettiva nazionale" - rendendo, di conseguenza, legittimo l'esercizio del potere organizzativo del datore di lavoro, in conformità dell'accordo - e dalla considerazione, affatto trascurata, che ne risultano previsti miglioramenti economici.
Con il terzo motivo - denunciando (ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 1372, 2067, 2069 c.c.) - la ricorrente principale censura la sentenza
impugnata per avere omesso di considerare che i lavoratori (ed attuali resistenti) - non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti - hanno aderito, comunque, al contratto aziendale, beneficiando dei miglioramenti economici introdotti dalle stesso contratto.
Con il primo motivo di ricorso incidentale - denunciando (ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 39 cost., 14 ss. legge n. 300/70, 75, 100 c.p.c.) - L S ed altri dipendenti della S.p.a. Consorzio pistoiese trasporti (CO.PI.T.) nonché l'organizzazione sindacale aziendale UIL trasporti presso la stessa società censurano la sentenza impugnata per avere negato la legittimazione della medesima organizzazione sindacale aziendale ad agire - per la tutela di diritti individuali di propri iscritti - sebbene avesse agito, invece, per la tutela dei diritti, propri dell'organizzazione, di libertà e di azione sindacale - lesi dall'applicazione, ai propri iscritti, di accordo aziendale che non aveva sottoscritto - nonché dell'interesse alla "neutralizzazione degli effetti" di detto accordo aziendale "nei confronti dei propri affiliati".
Con il secondo motivo - denunciando (ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione "dei cc.cc.n.l. del luglio
1976 e del luglio 1985", nonché di norme di diritto (art. 1362 ss., 1372 ss. c.c., 2107 c.c., 1, 5 e 7 disposizioni sulla legge in generale, 3, 9 legge n. 138/1958, 3, 8, 9 legge n. 2328/23) - i ricorrenti incidentali censurano la sentenza impugnata per avere ritenuto legittimo - ai fini dell'applicazione a L V, iscritto ad una delle organizzazioni sindacali stipulanti (CGIL) - l'accordo sindacale aziendale del 1995 - laddove "eleva a 41 ore l'orario massimo lavorativo settimanale, a fronte delle 39 ore previste dal contratto nazionale" - sebbene, da un lato, la materia dell'orario sia riservata al livello nazionale della contrattazione e, dall'altro, l'accordo aziendale "non introduce nessun miglioramento", viola norme inderogabili di legge circa la "saltuarietà ed eccezionalità" del lavoro straordinario - introducendone la previsione nella "programmazione ordinaria dei turni di servizio" - e, peraltro, si pone in contrasto con la delega, che - per il contratto integrativo aziendale, appunto - il contratto nazionale conferisce a tutte le organizzazioni sindacali stipulanti, ivi compresa la UIL, che, invece ne è stata esclusa.
Con il terzo motivo - denunciando (ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione "dei cc.cc.n.l. del luglio
1976 e del luglio 1985", nonché di norme di diritto (art. 1362 ss., 1372 ss. c.c., 1 e 7 disposizioni sulla legge in generale, 15 legge n. 138/1958, 12 legge n. 2328/23) - i ricorrenti incidentali
censurano la sentenza impugnata per avere ritenuto legittimo - ai fini dell'applicazione a L V, iscritto ad una delle organizzazioni sindacali stipulanti (CGIL) - l'accordo sindacale aziendale del 1995 - laddove prevede la forfettizzazione dei tempi accessori e della loro remunerazione - sebbene, da un lato, la materia dell'orario sia riservata al livello nazionale della contrattazione e, dall'altro, l'accordo aziendale non ne preveda deroghe migliorative e viola norme inderogabili circa la effettività dei tempi accessori, appunto, e della loro remunerazione. Con il quarto motivo - denunciando (ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c.) vizio P di motivazione - i ricorrenti incidentali censurano
la sentenza impugnata per avere ritenuto indimostrato - che "il criterio forfettario è più sfavorevole del criterio legale del computo legale dei tempi accessori" - sebbene gli attuali ricorrenti incidentale avessero prodotto "una montagna di documenti (tutti i turni di servizio, dimostranti la quantità effettiva dei tempi accessori, da cui si evince lo sfavore del regime e del danno economico subito), tant'è vero che hanno spiegato domanda di condanna al pagamento, in loro favore, delle differenze retributive da calcolare a mezzo c.t.u." e, comunque, è sufficiente - ai fini dell'applicazione dell'invocato "regime legale e contrattuale nazionale del computo integrale dei tempi accessori nel lavoro effettivo" - allegarne e dimostrarne la "maggiore garanzia" rispetto al criterio del "computo forfettario".
Con il quinto motivo - denunciando (ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 1 e
7 disposizioni sulla legge in generale, 2087 c.c., 5 legge n. 138/1958) - i ricorrenti incidentali censurano la sentenza impugnata
per avere ritenuto legittimo - ai fini dell'applicazione a L V, iscritto ad una delle organizzazioni sindacali stipulanti (CGIL) - l'accordo sindacale aziendale del 1995 - laddove nega il diritto di tutti i lavoratori ad una sosta di almeno un'ora, per la consumazione del pasto - sebbene sia imposta da norma inderogabile, dopo "qualsiasi periodo prolungato di guida", e, peraltro, il minore intervallo di 45 minuti non è sufficiente per la consumazione del pasto e, comunque, contrasta con la norma imperativa. Con il sesto motivo - denunciando (ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 91 c.p.c.) - i ricorrenti incidentali censurano la sentenza impugnata
per avere confermato la statuizione della sentenza pretorile di compensazione delle spese processuali.
All'esito dell'esame congiunto - imposto o, comunque, suggerito dalla reciproca connessione - risultano infondati i primi cinque motivi (assorbito il sesto) del ricorso incidentale - che precedono, nella trattazione, in quanto pongono questioni logicamente pregiudiziali - mentre risulta fondato, invece, il ricorso principale.