Cass. civ., sez. III, sentenza 29/01/2021, n. 2151
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La costituzione volontaria di pegno su stipendi, salari, pensioni ed altri emolumenti di dipendenti pubblici (nella specie, quote di stipendio e TFR), anche in ragione della sua causa concreta, ravvisabile "ex latere creditoris" nel vincolo sulla disponibilità degli emolumenti a garanzia del credito, è vietata ex art. 1 del d.P.R. n. 180 del 1950 in forza dell'assimilazione funzionale di essa al pignoramento di crediti vietato, dalla citata norma, allo scopo di garantire la permanente destinazione dei detti emolumenti alla loro naturale funzione di fronteggiare i bisogni propri del dipendente e della sua famiglia.
Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un'espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione. (In applicazione del principio, la S.C. ha rigettato il motivo di ricorso denunciante l'omessa pronuncia sulla dedotta inammissibilità dei motivi d'appello, per difetto di specificità degli stessi, avendo il giudice comunque deciso il gravame nel merito).
Sul provvedimento
Testo completo
215 1/2 1 ORIGINALE REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE eu eti 6 TERZA SEZIONE CIVILE 2 Oggetto Composta da Pegno su crediti - Indennità TFR - Diritto indisponibile Nullità del contratto A S Presidente - Oggetto L A S - Consigliere - R.G.N. 2252/2018 C G - Consigliere - 2151 A S - Consigliere - Cron. E I Consigliere Rel. - -UP 11/11/2020 ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 2252/2018 R.G. proposto da A Ducato S.p.A., rappresentata e difesa dall'Avv. Fabrizio Hinna Danesi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Pasubio n. 2;
- ricorrente -
contro
S S s.a.s. di Bacis Massimo & C., rappresentata e difesa dall'Avv. M T e dall'Avv. C B, con 2020 2050 domicilio eletto in Roma, Via Silvio Pellico, n. 2, presso lo Studio dell'Avv. Francesca Crimi;
- controricorrente -
e
contro
Fiditalia S.p.a., rappresentata e difesa dagli Avv.ti E G e F E del Foro di Milano e dall'Avv. M F del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Puccini, n. 10;
- controricorrente -
e nei confronti di C L;
- intimato -
avverso la sentenza della Corte d'appello di Milano, n. 2353/2017 depositata il 30 maggio 2017;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell'11 novembre 2020 dal Consigliere E I;
udito l'Avvocato E G;
udito l'Avvocato C B;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale R S, che ha concluso chiedendo l'accoglimento dei motivi primo e secondo del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Logos Finanziaria S.p.a. (ora, A Ducato S.p.a.) convenne in giudizio avanti il Tribunale di Monza, Sez. Distaccata di Desio, Luigi C e la società sua datrice di lavoro, S S s.n.c. di Bacis Massimo & C. (ora, S S S.a.s.), chiedendone la condanna in solido al pagamento della somma di euro 10.797,45 di 2 cui assumeva essere creditrice in virtù di un contratto di pegno volontario su quote di stipendio e sull'intero TFR, stipulato con il C. Costituendosi in giudizio S s.n.c. negò di avere ricevuto notifica dei finanziamenti, evidenziando di avere invece effettuato pagamenti in favore di Fiditalia, per effetto di cessione ad essa, da parte dello stesso lavoratore, del quinto dello stipendio. Chiese, pertanto, e ottenne di poter chiamare in causa quest'ultima perché fossero accertate le quote di rispettiva spettanza dell'una e dell'altra società. Il C, per parte sua, ammise di aver sottoscritto entrambi i contratti dedotti in atti (da un lato, l' atto di pegno contratto volontario su quote di stipendio e TFR» sottoscritto in data 24/4/2007 con A, a titolo di garanzia del pagamento delle rate di restituzione del prestito erogatogli;
dall'altro, il «contratto di finanziamento contro cessione di quote di stipendio, salario o pensione» sottoscritto con Fiditalia il 25/7/2008) e chiese la condanna della propria datrice di lavoro a corrispondere ad A e Fiditalia le quote di rispettiva spettanza e a tenerlo indenne da ogni ulteriore pretesa. Fiditalia, a propria volta costituendosi, confermò di essere creditrice nei confronti del C della somma di euro 11.325,31, in forza di contratto di cessione pro solvendo del quinto dello stipendio e dell'intero TFR (ai sensi del d.P.R. n. 180 del 1950 e relativo regolamento di attuazione, stipulato con il predetto e notificato a S, in qualità di debitrice ceduta). Per l'effetto chiese: a) dichiararsi la nullità del pegno volontario sullo stipendio/TFR, stipulato da A con il C, «per violazione del d.P.R. n. 180 del 1950» con il rigetto delle domande da questa proposte;
b) dichiararsi valida ed efficace la cessione del quinto dello stipendio, stipulata con il C, con la conseguente condanna di S s.a.s. al pagamento in favore di Fiditalia S.p.a. del TFR e di 3 tutto quanto trattenuto al lavoratore, fino alla concorrenza della somma di € 11.325,31. In subordine chiese pronunciarsi tale condanna a titolo di risarcimento del danno.
2. All'esito di istruzione documentale il Tribunale accolse la domanda della società attrice e rigettò quelle dei convenuti e della chiamata in causa. Ritenne, infatti, valido il pegno volontario costituito in favore di A e prevalente, poiché anteriormente notificato, sulla successiva cessione del quinto dello stipendio in favore di Fiditalia.
3. In accoglimento del gravame interposto da Fiditalia la Corte d'appello di Milano ha, invece, rigettato la domanda di A Ducato S.p.a. e accolto quella di Fiditalia, condannando conseguentemente A a restituire quanto ricevuto da S in esecuzione della sentenza di primo grado e quest'ultima società a pagare a Fiditalia quanto trattenuto al C, per stipendio e TFR, fino alla concorrenza del relativo credito. Ha infatti ritenuto che gli artt. 1 e 5 d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 (i quali dispongono, rispettivamente, che gli stipendi, le pensioni e gli ulteriori importi spettanti ai lavoratori «non possono essere sequestrati, pignorati o ceduti, salve le eccezioni stabilite nei seguenti articoli ed in altre disposizioni di legge» e che «gli impiegati e salariati dipendenti dallo Stato e dagli altri enti, aziende ed imprese indicati nell'art. 1, possono contrarre prestiti da estinguersi con cessione di quote dello stipendio o del salario fino al quinto dell'ammontare di tali emolumenti valutato al netto di ritenute e per periodi non superiori a dieci anni ...») costituiscono disciplina speciale e, quindi, prevalente, rispetto a quella codicistica del pegno, per cui rimane priva di rilievo ogni considerazione relativa all'eventuale conformità a quest'ultima della contrattazione tra A e C. Secondo i giudici a quibus, dunque, «l'espressione "salve le 4 eccezioni stabilite in altre disposizioni di legge", contenuta nell'art. 1 d.P.R. n. 180 del 1950, non può essere riferita alla disciplina del pegno, atteso che, altrimenti, non si spiegherebbe la ragione per cui il legislatore avrebbe emanato una disciplina ad hoc per le forme di finanziamento che contemplano pesi o vincoli su salari, pensioni e altre indennità spettanti ai lavoratori». Si osserva in tal senso che la regola generale di cui all'art. 1 è tale per cui «le eccezioni ad essa devono essere specificamente indicate da una norma speciale, contraria e insuscettibile di applicazione analogica (come accade nell'art. 5), mentre il semplice silenzio non consente di ritenere applicabile la normativa generale sul pegno». Inoltre, «l'esclusione esplicita riguardante la sequestrabilità e la pignorabilità dei crediti stipendiali porta con sé anche la loro non assoggettabilità a pegno, dal momento che il pegno su crediti, qualora ineseguito, può essere consolidato dal creditore solo attraverso procedure di espropriazione presso il terzo, ai sensi degli artt. 2803 e 2786 cod. civ.>>. -«Ne consegue conclude la Corte lombarda che, da un lato, il pegno volontario su quote di stipendio, stipulato da A con Luigi C, mira a realizzare un vincolo cedutivo non consentito dalla legge ed è, pertanto, invalido e inopponibile ai terzi;
dall'altro, la cessione del credito Fiditalia rappresenta, invece, una forma di cessione di quote di stipendio esplicitamente prevista dal d.P.R. n. 180 del 1950 (la cd. cessione del quinto dello stipendio), e costituisce contratto valido ed efficace, opponibile ai terzi».
3. Avverso tale decisione A Ducato S.p.a. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resistono Fiditalia S.p.a. e S S s.n.c., depositanda