Cass. civ., sez. II, ordinanza 27/01/2020, n. 01746

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, ordinanza 27/01/2020, n. 01746
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 01746
Data del deposito : 27 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente ORDINANZA sul ricorso 2652-2019 proposto da: GHI G A, I A S, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA UGO BALZANI, 6, presso lo studio dell'avvocato A M, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato A M giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrenti -

contro

CITTA' M D G, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE GIULIO CESARE

14 A-4, presso lo studio dell'avvocato G P, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati C S, V M giusta procura in calce al controricorso;
- con troricorrente - avverso la sentenza n. 939/2018 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, depositata il 11/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/12/2019 dal Consigliere Dott. M C;
Lette le memorie depositate dai ricorrenti;

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Gcchi G A e la Mediterranea Acque S.p.A., poi divenuta Iren Acqua S.p.A., proponevano opposizione avverso l'ordinanza ingiunzione n. 51/A del 18/3/2013 con la quale la Città Metropolitana di Genova aveva accertato che per l'anno 2007 erano stati superati i limiti di cui alla tabella 1 in concentrazione e che per tre campioni in abbattimento percentuale era stata superata per oltre il 100% la concentrazione del valore BOD, in relazione all'impianto di depurazione denominato Puntavagno, avendo quindi ingiunto il pagamento della somma di € 6.010,00, alla luce del combinato disposto degli artt. 101 e 133 co. 1 del D. Lgs. n. 152/2006. Il Tribunale di Genova con la sentenza n. 2222/2013 rigettava l'opposizione. La Corte d'Appello di Genova con la sentenza n. 939 dell'11/06/2018 ha rigettato l'appello degli opponenti, condannandoli al rimborso delle spese del grado. Quanto all'eccezione di carenza assoluta di potere sanzionatorio, la Corte di merito rilevava che la Regione Liguria nella vigenza dell'art. 56 del D. Lgs. n. 152/1999 aveva stabilito con l'art. 42 della L.R. n. 43/1995 che le sanzioni amministrative in materia di scarichi fossero comminate dalla Provincia, in quanto autorità competente al rilascio dell'autorizzazione. Ric. 2019 n. 02652 sez. 52 - ud. 10-12-2019 -2- Con la successiva legge regionale n. 41/2014 la Regione, con una norma di interpretazione autentica (art. 22), aveva affermato che quanto previsto con l'art. 42 co. 2 lett. b) della legge regionale n. 43/1995 era da intendersi riferito anche alle sanzioni pecuniarie di cui all'art. 135 del d.lgs. n. 152/2006, così che doveva reputarsi che la Regione avesse inteso delegare alle Province il potere sanzionatorio in materia anche dopo la riforma del TU ambiente. A tal fine, sebbene la materia dell'ambiente fosse riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, doveva reputarsi che il potere di delega trovasse il suo fondamento nelle previsioni di cui alla legge n. 689/1981, essendo quindi giustificata la scelta regionale di attribuire il potere sanzionatorio allo stesso ente (nella specie la Provincia) cui erano affidate anche le funzioni di amministrazione sostanziale. Non è quindi esclusa la possibilità di delegare la potestà sanzionatoria, come peraltro risultava da una presa d'atto contenuta nella sentenza delle Sezioni Unite n. 6059/2015. Per l'effetto l'appello principale svolto sul punto era infondato. In relazione al motivo di appello che denunciava la violazione dell'art. 14 della legge n. 689/1981, per la pretesa tardività della notifica dell'ordinanza ingiunzione, la Corte di merito rilevava che, in assenza di contestazione immediata, era possibile procedere alla notifica nel termine di novanta giorni decorrente non già dalla data di consumazione dell'illecito né da quella di percezione del fatto, ma dalla data in cui risultano compiute tutte le indagini necessarie per acquisire piena consapevolezza dei fatti. Ric. 2019 n. 02652 sez. 52 - ud. 10-12-2019 -3- Nella specie, la Provincia aveva ricevuto i referti analitici dei campioni eseguiti nel 2007 da ultimo con nota del 2/2/2008, ricevuta in data 8/2/2008, potendo quindi ritenersi che le operazioni di accertamento fossero state completate alla data del verbale di accertamento del 21/4/2008, risultando quindi tempestiva la successiva notifica dell'8/5/2008. Era altresì disatteso il motivo di appello che sosteneva che fosse necessario il superamento di tutti e tre i parametri (BOD, COD e SST) ai fini della valutazione della non conformità, come del pari era rigettato il motivo con il quale si sosteneva l'indeterminatezza del verbale di accertamento per quanto concerne l'indicazione del numero totale dei campionamenti effettuati, attese le chiare ed esaustive indicazioni contenute nello stesso verbale. La Corte d'Appello aggiungeva che in relazione ai campioni non conformi tollerati, il cui numero varia in relazione al numero degli stessi campionamenti effettuati, occorreva però ricordare che l'allegato 5 parte 3 del D. Lgs. n. 152/2006 prevede che lo scarico non possa mai essere considerato regolare ove si accerti che anche un solo campionamento abbia valori di concentrazione superiori del 100% del BOD e del COD e del 150% dei limiti di cui alla tabella 1. Poiché nella fattispecie emergeva che i campioni del 5/2/2007, del 30/10/2007 e del 17/12/2007 avevano una concentrazione dei parametri superiore ai detti limiti, era irrilevante verificare se fosse stata o meno rispettata la soglia di tolleranza. Quanto alla deduzione secondo cui i dati valorizzati nel verbale sarebbero in contrasto con le diverse emergenze fornite Ric. 2019 n. 02652 sez. 52 - ud. 10-12-2019 -4- dall'ARPAL, la sentenza evidenziava che di trenta campioni solo cinque erano stati effettuati dall'ARPAL, e che pur essendovi una coincidenza di date per due di quelli effettuati dall'ente con quelli effettuati dalla stessa società opponente, in realtà si trattava di campioni diversi, non potendosi quindi trasmettere la valutazione di conformità dell'ARPAL anche ai diversi prelievi effettuati dalla società e riscontrati non conformi. Infine era disatteso il motivo di appello volto ad ottenere una riduzione della sanzione irrogata, atteso che, dovendo il giudice dell'opposizione autonomamente valutare la congruità della stessa, a prescindere dalle motivazioni dell'autorità amministrativa, nella specie era congrua la sanzione applicata in misura inferiore alla metà del massimo. Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso Gcchi G A, quale direttore della Gestione e Servizio di Iren Acqua S.p.A, nonché la stessa società, sulla base di quattro motivi, illustrati anche da memorie. La Città Metropolitana di Genova ha resistito con controricorso.

2. Con il primo motivo di ricorso è denunciata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 135, che ha abrogato la disciplina prevista dal D.Lgs n. 152 del 1999, art. 56, e si contesta la carenza di potere sanzionatorio in capo all'Ente Provincia. In materia di illeciti ambientali, infatti, la nuova norma avrebbe sancito la titolarità esclusiva del predetto potere in capo alle regioni e alle province autonome, senza possibilità di delega. Questa Corte ha già avuto modo di affermare che (Cass. n. 23383/2018;
Cass. n. 27909/2018;
Cass. n. 28108/2018) che Ric. 2019 n. 02652 sez. 52 - ud. 10-12-2019 -5- nella specie non è configurabile il vizio di incompetenza assoluta dell'amministrazione, che darebbe luogo all'inesistenza del provvedimento sanzionatorio rilevabile anche d'ufficio, posto che tale vizio, secondo la giurisprudenza consolidata, "ricorre soltanto se l'atto emesso concerne una materia del tutto estranea alla sfera degli interessi pubblici attribuiti alla cura dell'amministrazione cui l'organo emittente appartiene", mentre si ha incompetenza relativa nel rapporto tra organi od enti nelle cui attribuzioni rientra, sia pure a fini ed in casi diversi, una determinata materia (così, testualmente, Cass. 19/07/2012, n. 12555 che richiama il consolidato indirizzo, a partire da Cass. Sez. U 28/08/1990, n. 8987), là dove l'autorità che ha emesso il provvedimento sanzionatorio la Provincia di Genova - era all'epoca l'Ente competente a rilasciare le autorizzazioni in materia di scarichi idrici, ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006. Rimane perciò esclusa in radice la configurabilità dell'incompetenza assoluta rilevabile d'ufficio. Tale rilievo aveva permesso nei precedenti richiamati di ritenere irrilevante anche la verifica circa la ricorrenza di un'incompetenza relativa, atteso che nelle vicende oggetto di tali statuizioni il vizio relativo all'appartenenza in capo all'opposta della potestà sanzionatoria non era stato posto con gli originari motivi di opposizione, a differenza di quanto invece avvenuto nella fattispecie. Ritiene tuttavia il Collegio che debba essere condivisa la valutazione del giudice di appello che ha riscontrato l'effettiva potestà sanzionatoria in capo alla Provincia per effetto di una Ric. 2019 n. 02652 sez. 52 - ud. 10-12-2019 -6- valida delega da parte della Regione, non potendo avere seguito le tesi difensive dei ricorrenti. Gli opponenti hanno anche in questa sede riproposto la tesi che contesta la competenza della Provincia ad emettere l'ordinanza-ingiunzione opposta sul rilievo che l'art. 135, comma 1, del D.Lgs. 152 del 2006, nel sostituire il previgente art. 56 del D.Lgs. 152 del 1999 in materia di competenza regionale all'irrogazione delle sanzioni amministrative per le contravvenzioni a tutela delle acque dall'inquinamento, con la soppressione dell'inciso "salvo diversa disposizione delle regioni o delle province autonome" (contenuto nel previgente art. 56 D.Lgs. 152/1999, e non ripetuto nell'art. 135 D.Lgs. 152/2006, che contemplava, con una clausola di salvezza, il potere delle Regioni di disciplinare, con criterio derogatorio, la competenza ad applicare le sanzioni amministrative in materia, delegandola alle Province), avrebbe inteso escludere il potere delle Regioni di dettare norme in deroga ai criteri di attribuzione della potestà sanzionatoria, attraverso la delega - attualmente, pertanto, non più possibile - ad enti diversi del potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie di competenza regionale. Si sostiene che a seguito dell'entrata in vigore del citato art. 135 D.Lgs. 152/2006, l'unica autorità amministrativa investita del potere di sanzionare le violazioni in materia di tutela delle acque dall'inquinamento è la Regione e che tutte le previsioni normative precedentemente adottate dalle Regioni, con le quali sono stati delegati ad enti diversi i poteri regionali di irrogazione di sanzioni, devono intendersi tacitamente Ric. 2019 n. 02652 sez. 52 - ud. 10-12-2019 -7- abrogate, in quanto incompatibili con la successiva disposizione di legge statale. Ne discende che i provvedimenti sanzionatori emessi dalle amministrazioni provinciali in epoca posteriore all'entrata in vigore del D.Lgs. 152 del 2006 sono inficiati da un vizio di incompetenza assoluta (carenza di potere in astratto), causa di nullità del provvedimento stesso. La sentenza gravata sostiene in contrario che il Decreto legislativo 152 del 2006 - costituente un testo unificato, recante il mero riordino e coordinamento delle pregresse disposizioni disciplinanti la materia, prevedendo le medesime fattispecie sanzionatorie già disciplinate nel previgente art. 56 del D.Lgs. 152/1999 - non ha implicitamente abrogato l'art. 42 co. 2 lett. b) della legge della Regione Liguria n. 43/1995 che, in attuazione del previgente D.Lgs. 152 del 1999, ha attribuito alle province la competenza ad irrogare le sanzioni di cui all'art. 56 del citato D.Lgs., trovando conferma anche nella successive legge di interpretazione autentica (L.R. n. 41/2014). Rileva la Corte che debba in premessa evidenziarsi che, come precisato dalla Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 380 del 14/11/2007) il testo novellato dell'art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione - che attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva sulla " tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e dei beni culturali " - configura una competenza statale sovente connessa ed intrecciata inestricabilmente con altri interessi e competenze regionali concorrenti;
la tutela dell'ambiente - inteso come valore Ric. 2019 n. 02652 sez. 52 - ud. 10-12-2019 -8- costituzionalmente protetto - delinea, infatti, una sorta di competenza trasversale in ordine alla quale si manifestano competenze diverse anche regionali che si muovono nel quadro degli standard di tutela uniformi stabiliti sull'intero territorio nazionale da parte dello Stato;
non c'è violazione dell'art. 117 Cost., comma 2 lett. s - e, implicitamente - neppure dell'art. 118, commi 1 e 2, allorquando la regione delega alle province il relativo potere autorizzatorio, in quanto la stessa delega non risulta lesiva di alcun principio costituzionale ed anzi è coerente con il principio di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, posto dall'art. 118 Cost e dall'art. 3 del D.Lgs. 112/1998, secondo il quale " ciascuna regione " determina, in conformità al proprio ordinamento, le funzioni amministrative che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale, provvedendo contestualmente a conferire le altre agli enti locali". Inoltre non può ritenersi di per sè risolutivo il differente tenore normativo dell'art. 56 del D. Lgs. n. 152/1999 rispetto a quanto invece dettato dall'art. 135 del D. Lgs. n. 152/2006, in relazione all'omessa riproduzione in quest'ultimo della salvezza delle attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità, avendo la stessa Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 33/2016) dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale della L.R. Veneto n. 11/2012, attributiva alle Province del potere di irrogare sanzioni amministrative in materia ambientale, essendo necessario procedere ad una ricostruzione del quadro normativo di riferimento, non potendosi il giudizio di legittimità costituzionale risolversi in un Ric. 2019 n. 02652 sez. 52 - ud. 10-12-2019 -9- mero confronto binario, dato che la legge statale (art. 135, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006), modificando il regime previgente, non prevede più, come invece disponeva esplicitamente l'art. 56 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole), il potere delle Regioni e delle Province autonome, soggetti titolari della potestà di irrogare le sanzioni amministrative pecuniarie, di delegarne l'esercizio alle Province ordinarie. Ritiene il Collegio che invece proprio la disamina del quadro normativo e dei principi generali deponga per la correttezza della soluzione del giudice di appello. Innanzitutto, va sottolineato lo stesso tenore testuale dell'art. 135 comma 1 ("In materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, provvede, con ordinanza ingiunzione ai sensi degli articoli 18 e seguenti della legge 24 novembre 1981 n. 680, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall'art. 133, comma 8, per le quali è competente il comune, fatte salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità") nella parte in cui, pur non ripetendo l'inciso del previgente art. 56 D.Lgs. 152/1999, contiene la clausola di Ric. 2019 n. 02652 sez. 52 - ud. 10-12-2019 -10- salvezza "fatte salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità". Tale clausola di salvaguardia conserva la distribuzione delle attribuzioni amministrative sanzionatorie a diversi livelli ed impedisce di ritenere che il legislatore abbia inteso introdurre un principio inderogabile di competenza regionale di applicazione delle sanzioni amministrative in materia di inquinamento idrico. Ancora, va apprezzata la disciplina transitoria dettata dall'art. 170 del D.Lgs. 152/2006, in base al quale "Fino all'emanazione di corrispondenti atti adottati in attuazione della parte terza del presente decreto, restano validi ed efficaci i provvedimenti e gli atti emanati in attuazione delle disposizioni di legge abrogate dall'art. 175". Il riferimento specifico e congiunto ad "atti e provvedimenti " induce a ritenere che il legislatore allo scopo di evitare vuoti normativi in una materia così importante e di rilevanza costituzionale, ha inteso fare "salvi" sia i provvedimenti amministrativi che gli atti normativi adottati in base alla previgente disciplina abrogata e, dunque, anche le leggi regionali emanate in applicazione del D.Lgs. 152/1999, il che induce ad affermare che non possa sostenersi la tacita abrogazione dell'art. art. 42 co. 2 lett. B) della L.R. Liguria n. 43/1995, dimostrando la volontà legislativa di non considerare ex se le disposizioni emanate in contrasto antinomia con norme precedenti e quindi automaticamente abrogative delle stesse. Inoltre, la tesi dei ricorrenti secondo cui vi sarebbe la scelta del legislatore di sottrarre alle regioni la potestà normativa ed Ric. 2019 n. 02652 sez. 52 - ud. 10-12-2019 -11- organizzativa in materia di tutela delle acque dall'inquinamento prevedendo un implicito divieto di delega ad altri enti territoriali delle funzioni amministrative attribuitegli, appare in contrasto con l'intero impianto sistematico del decreto legislativo 152/2006 ed in particolare con le norme dello stesso decreto che attribuiscono alle regioni e ad altri enti locali ampi poteri normativi ed amministrativi in materia (art. 101 - Criteri generali della disciplina degli scarichi - secondo cui "Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori limite di emissione, diversi da quelli di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, sia concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto";
art. 124, commi 3 e 7 per cui "Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, servite o meno da impianti di depurazione delle acque reflue urbane, è definito dalle regioni nell'ambito di cui all'art. 101, commi 1 e 2 " e " salvo diversa disciplina regionale la domanda di autorizzazione " è presentata alla provincia ovvero all'Autorità d'ambito se lo scarico è in pubblica fognatura, norma questa che prevede la possibilità della regione di organizzare il sistema delle autorizzazioni e dei controlli). Una volta esclusa, alla luce dell'impianto normativo previsto dal citato Decreto legislativo 152/2006, la correttezza della tesi Ric. 2019 n. 02652 sez. 52 - ud. 10-12-2019 -12- della tacita abrogazione delle eventuali leggi regionali preesistenti che abbiano contemplato una delega alle Province del potere sanzionatorio in tale materia, dovendosi ritenere implausibile che con la semplice soppressione dell'inciso contenuto nell'art. 56, il legislatore statale abbia inteso privare le Regioni stesse del potere di conferire ad altri enti la funzione di accertare e comminare sanzioni per il mancato rispetto della normativa medesima, occorre, poi, considerare che la Regione Liguria, dopo l'emanazione del D.Lgs. 152/2006, è intervenuta nella materia della delega della funzione sanzionatoria degli illeciti amministrativi previsti dalla normativa statale con L n. 41 del 2014, che con una disposizione avente carattere di interpretazione autentica ha confermato l'operatività della previsione di cui all'art. 42 co. 2 lett. b) della L.R. n. 43/1995 successive modifiche anche alle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'art. 135 del D. Lgs. n. 152/2006, disposizione che in quanto di interpretazione autentica è perciò dotata di efficacia retroattiva, e che proprio per il suo carattere interpretativo non viola il principio di legalità posto dall'art. 1 della L. 689/1981, in quanto intervenuta solo per confermare la delega di funzioni di irrogazione delle sanzioni amministrative alle Province. Né rileva la successiva abrogazione dell'art. 22 della L. regionale n. 21/2014 per effetto dell'art. 27 co. 1 lett. f) della L. regionale Liguria n. 12/2017 (operante a far data dal 7 giugno 2017 ex art. 29 co. 1 della medesima legge), atteso che trattasi di abrogazione successiva e non influente quindi sulla vicenda oggetto di causa. Ric. 2019 n. 02652 sez. 52 - ud. 10-12-2019 -13- Correttamente i giudici di appello hanno attribuito rilevanza a tale ultima disposizione legislativa regionale che legittima l'emanazione dell'ordinanza-ingiunzione da parte della Provincia, non potendo certo essere disapplicata e non presentando profili di illegittimità costituzionale che ne impongano la remissione al vaglio della Corte Costituzionale. Ed, infatti, proprio alla luce della ricordata competenza trasversale in materia di ambiente, deve reputarsi che, se la potestà di disciplinare l'ambiente nella sua interezza, dettando standards uniformi di tutela, è stata affidata in via esclusiva allo Stato, ai sensi dell'art. 117, comma secondo, lett. s) della Costituzione, tuttavia, ciò non esclude il concorrente potere normativo della regione e delle province autonome su specifici interessi giuridicamente tutelati, così che la disciplina unitaria del bene ambiente rimessa in via esclusiva allo Stato, si pone come limite alla disciplina regionale e delle province autonome nelle materie di loro competenza, per cui queste ultime non possono in alcun modo derogare o peggiorare il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato. Il limite dell'intervento legislativo regionale è costituito dal rispetto dei principi regolatori stabiliti dal legislatore statale in tema di soglie minime di tutela dell'ambiente (cfr Corte Cost. n. 246/2006;
Corte Cost. n. 378/2007;
Corte Cost. n. 244/2012), soglie minime che non possono ritenersi attinte per la sola attribuzione del potere sanzionatorio in via di delega alle Province, avendo questa Corte affermato (Cass. n. 8511/2005), sebbene in relazione alla previgente disciplina di cui all'art. 56 D.Lgs. 152/1999 (nella formulazione anteriore Ric. 2019 n. 02652 sez. 52 - ud. 10-12-2019 -14- alle modifiche di cui all'art. 22 del D. Lgs. n. 258/2000, che hanno espressamente contemplato la salvezza di una diversa disposizione delle regioni o delle province autonome), ma con affermazione di principi ancora validi, che la norma, nel prevedere la competenza delle Regioni per l'irrogazione delle sanzioni amministrative, "non esprime un principio fondamentale della legislazione dello Stato tale da spiegare l'efficacia direttamente abrogativa nei confronti delle leggi regionali preesistenti con esse incompatibili atteso che "una simile disposizione, individuando tali autorità nella "regione" o nella "provincia autonoma" ed espressamente facendo salve le competenze del "comune" per le sanzioni previste dall'art. 54, commi ottavo e nono, nonchè "le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità", non appare diretta a realizzare nel settore un interesse "unitario" che richieda attuazione su tutto il territorio nazionale, così da produrre effetti di vincolo assoluto e generalizzato all'esplicazione della potestà legislativa delle regioni (conf. Cass. 24 febbraio 2004, n. 3620). Non sarebbe, infatti, comprensibile, perché il legislatore statale, ispiratosi ad evidenti criteri di promovimento delle autonomie locali e del decentramento amministrativo, abbia voluto impedire che, nelle singole legislazioni regionali, intervenissero "altre pubbliche autorità", di competenza territoriale più circoscritta, diverse da quelle previste e regolate nell'ordinamento generale" ai fini dell'esercizio delegato della potestà sanzionatoria. Il motivo deve quindi essere rigettato. Ric. 2019 n. 02652 sez. 52 - ud. 10-12-2019 -15- 3. Con il secondo motivo è denunciata violazione e/o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14 in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, e si ripropone la questione della tardività della contestazione. I ricorrenti evidenziano che l'ultimo campionamento dal quale sarebbe derivata la non conformità dell'impianto risaliva al 17/12/2007, mentre la redazione del verbale di accertamento era avvenuta in data 8/5/2008, ben oltre il termine di 90 giorni previsto dal richiamato art. 14. La doglianza è inammissibile occorrendo a tal fine richiamare la analoga soluzione alla quale è pervenuta questa Corte nell'ordinanza n. 28108/2018. Ed, infatti sulla premessa corretta che il termine perentorio previsto dalla L. n. 689 del 1981, art. 14 decorre dall'accertamento della violazione, e cioè dal momento di completamento di tutte le indagini ritenute necessarie all'acquisizione della piena conoscenza dei fatti e della determinazione della sanzione da parte dell'autorità procedente (ex plurimis, Cass. 16/04/2018, n. 9254;
Cass. 02/12/2011, n. 25836;
a partire da Cass. Sez. U 09/03/2007, n. 5395), la Corte d'appello ha osservato che i referti analitici dei campionamenti erano pervenuti alla Provincia di Genova in data 31 gennaio 2008, e che l'ultimo referto del 2007 era stato ricevuto solo il 2/2/2008, sicchè il tempo impiegato dal predetto Ente per il completamento del procedimento, risultava congruo, attesa l'esigenza di analizzare i dati, calcolare le percentuali di abbattimento dei valori rilevati in entrata ed in Ric. 2019 n. 02652 sez. 52 - ud. 10-12-2019 -16- uscita e di porli tra loro in relazione per accertare il numero dei superamenti.
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