Cass. civ., SS.UU., sentenza 16/04/2009, n. 8987

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Massime2

Benché la P.A., nel suo operare negoziale, si trovi su un piano paritetico a quello dei privati, ciò non significa che vi sia una piena ed assoluta equiparazione della sua posizione a quella del privato, poiché l'Amministrazione è comunque portatrice di un interesse pubblico cui il suo agire deve in ogni caso ispirarsi; ne consegue che alla stessa è preclusa la possibilità di avvalersi, nella risoluzione delle controversie derivanti da contratti di appalto conclusi con privati, dello strumento del c.d. arbitrato irrituale o libero, poiché in tal modo il componimento della vertenza verrebbe ad essere affidato a soggetti (gli arbitri irrituali) individuati, nell'ambito di una pur legittima logica negoziale, in difetto di qualsiasi procedimento legalmente determinato e, perciò, senza adeguate garanzie di trasparenza e pubblicità della scelta.

I contratti di appalto stipulati dalla P.A. italiana, nel quadro della politica di cooperazione e sviluppo, in vista della realizzazione di opere all'estero, non sono qualificabili come contratti di opera pubblica e, pertanto, ai medesimi non possono essere applicate le relative disposizioni, neppure in ordine al riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in tema di revisione prezzi dell'appalto; ne consegue che la pretesa dell'appaltatore in ordine alla revisione del prezzo - avendo un fondamento esclusivamente contrattuale - ha consistenza di diritto soggettivo, con conseguente devoluzione della giurisdizione al giudice ordinario.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 16/04/2009, n. 8987
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 8987
Data del deposito : 16 aprile 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Primo Presidente -
Dott. MATTONE Sergio - Pres. di Sezione -
Dott. PAPA Enrico - Pres. di Sezione -
Dott. VIDIRI Guido - Consigliere -
Dott. D'ALONZO Michele - Consigliere -
Dott. SETTIMJ Giovanni - Consigliere -
Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere -
Dott. RORDORF Renato - rel. Consigliere -
Dott. AMATUCCI Alfonso - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ASTALDI S.P.A. (01216211001), in proprio e quale mandataria delle imprese Cogefar Costruzioni Generali s.p.a. e Cooperativa Edilter a r.l., SACES S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FLAMINIA 318, presso lo studio degli avvocati CORAPI DIEGO, CAPPUCCILLI VITTORIO, che li rappresenta e difende, per procura a margine del ricorso;

- ricorrenti -

contro
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI - DIREZIONE GENERALE PER LA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO, in persona del Ministro pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 798/2006 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 13/02/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/03/2009 dal Consigliere Dott. RENATO RORDORF;

uditi gli avvocati Diego CORAPI, Gianni DE BELLIS dell'Avvocatura Generale dello Stato;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI DOMENICO, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il 4 marzo 1986 il Ministero degli affari esteri italiano (che in prosieguo verrà indicato solo come Ministero), nel quadro degli interventi nella Repubblica Somala di cui alla L. 8 marzo 1985, n.73, appaltò alla LD s.p.a., alla Cogefar Costruzioni Generali
(ora Impregilo) s.p.a. ed alla Edilter soc. coop. a r.l. (ora Demostene s.r.l.) - riunite in associazione temporanea e rappresentate dalla capogruppo LD - l'esecuzione di una complessa serie di opere da realizzare in. Somalia, poi affidate ad un'ulteriore società, la AC s.r.L., costituita dalle predette appaltatrici appunto allo scopo di provvedere alla realizzazione unitaria di quelle opere. Essendo sorta controversia tra le parti per la definizione di quanto dovuto alle società appaltatrici, queste promossero nel confronti del Ministero un procedimento arbitrale, come previsto da un'apposita clausola del capitolato. Con pronunzia del 14 luglio 1994 il collegio arbitrale dichiarò che il Ministero si era reso inadempiente agli obblighi contrattuali;

accertò l'obbligo del medesimo Ministero di pagare alle controparti la complessiva somma di L. 12.042.583.164 a titolo di corrispettivo per la vendita di un campo base, di revisione dei prezzi contrattuali, di restituzione della ritenuta per infortuni e d'indennizzo per la perdita d'impianti e mezzi d'opera (oltre agli interessi ed al maggior danno);
stabilì che il Ministero era tenuto a corrispondere alle imprese anche la somma di L. 15.930.593.859 per le riserve iscritte in contabilità, oltre alla revisione dei prezzi (con relativi interessi e maggior danno), ed ai due terzi spese processuali e di quelle per il funzionamento del Collegio arbitrale. L'amministrazione, dopo aver corrisposto le somme indicate, con riserva di ripetizione, attivò due giudizi: l'uno dinanzi alla Corte d'appello di Roma, avente ad oggetto l'impugnazione per nullità del lodo, a norma dell'art. 829 c.p.c., l'altro dinanzi al Tribunale di Roma, sempre al fine di far dichiarare la nullità del lodo, ma sul presupposto che questo fosse espressione di un arbitrato irrituale, come tale non consentito alla pubblica amministrazione. Il primo giudizio si concluse definitivamente con la sentenza di questa corte n. 5527 del 2001, la quale, avendo qualificato irrituale l'arbitrato in esame, cassò senza rinvio la pronuncia in precedenza emessa dalla corte territoriale, dichiarando assorbita ogni altra questione.
Il secondo giudizio portò invece ad una sentenza con cui l'adito tribunale, pur dichiarando la nullità della clausola arbitrale e del conseguente lodo, rigettò le domande di restituzione formulate dal Ministero: in parte perché le ritenne abbandonate, ed in parte perché accolse le contrapposte domande riconvenzionali con le quali, in via subordinata, le società convenute avevano chiesto di vedersi riconoscere il diritto alla revisione dei prezzi dell'appalto. La Corte d'appello di Roma, chiamata pronunciarsi sui contrapposti gravami delle parti, con sentenza resa il 13 febbraio 2006, condivise la decisione del primo giudice in ordine alla nullità della clausola per arbitrato irrituale apposta ad un contratto della pubblica amministrazione, clausola che stimò comunque incompatibile con il carattere indisponibile della controversia in tema di revisione del prezzo dell'appalto;
reputò che la domanda riconvenzionale con cui le società appaltatrici avevano azionato la loro pretesa concernente la revisione del prezzo esulasse dalla competenza giurisdizionale del giudice ordinario;
e pertanto condannò la LD e la AC a restituire al medesimo Ministero la somma di Euro 3.845.739,35 (con interessi dalla data della domanda), da esse incassata per revisione del prezzo in forza del lodo arbitrale invalidamente pronunciato. Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso la LD e la AC, prospettando tre motivi di censura, illustrati poi anche con memoria, ai quali il Ministero ha replicato con controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo le ricorrenti, lamentando la violazione di molteplici articoli del codice civile e di procedura civile e di leggi speciali, nonché vizi di motivazione dell'impugnata sentenza, insistono nel rivendicare la piena validità della clausola per arbitrato irrituale contenuta nel contratto d'appalto stipulato col Ministero. Sostengono che erroneamente la corte d'appello ha fatto discendere la nullità di detta clausola dalla pretesa valenza transattiva dell'arbitrato irrituale, ritenuta non compatibile con l'agire della pubblica amministrazione.
Secondo le ricorrenti, invece, l'arbitrato irrituale non necessariamente postula che il lodo abbia natura e contenuto di un atto di transazione, ne' la comune volontà delle parti, desumibile anche dal loro comportamento nell'ambito del procedimento arbitrale, consente di ritenere che, nel caso specifico, agli arbitri fosse stato conferito un mandato a transigere: ragione per cui - sempre a parere delle ricorrenti - non vi sono ragioni ostative alla validità della clausola compromissoria e del conseguente arbitrato. Il secondo motivo di ricorso, denunciando vizi analoghi al precedente, si sofferma più in particolare sull'affermazione della corte territoriale che ha negato la compromettibilità in arbitrato irrituale di una controversia avente ad oggetto la revisione del prezzo dell'appalto. Negano le ricorrenti che quello in esame possa definirsi un appalto per la costruzione di opere pubbliche, tali non potendosi considerare le opere realizzate nell'ambito della cooperazione internazionale a beneficio di uno Stato estero. Non si sarebbe potuto perciò fare applicazione dei principi erroneamente invocati nella sentenza impugnata, ma si sarebbe viceversa dovuto tener conto del fatto che la L. n. 73 del 1985, art. 4, lett. d), dando facoltà al sottosegretario competente di concludere, per finalità di cooperazione e sviluppo, contratti anche in deroga alle norme sull'amministrazione e contabilità generale dello Stato, consente per ciò stesso la stipulazione in tale ambito anche di

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi