Cass. civ., sez. V trib., sentenza 21/06/2022, n. 19898
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Testo completo
o la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 22399/2016 R.G. proposto da FIP Industriale S.p.a., in persona del suo legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato A T, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
- ricorrente -
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del suo Direttore p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12, ope legis domicilia;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 291/16, depositata il 25 febbraio 2016, della Commissione tributaria regionale del Veneto;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 12 aprile 2022, dal Consigliere dott. L P;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. F T, che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. - Con sentenza n. 291/16, depositata il 25 febbraio 2016, la Commissione tributaria regionale del Veneto ha rigettato l'appello di FIP Industriale S.p.a., così confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l'impugnazione del silenzio rifiuto formatosi sull'istanza di rimborso proposta dalla contnbuente, istanza avente ad oggetto la tassa sulle concessioni governative (in breve TCG) corrisposta, in relazione al periodo dal settembre 2007 al giugno 2010, per contratto di abbonamento di utenza telefonica mobile. Il giudice del gravame ha ritenuto, in sintesi, che la legittimità del prelievo tributario aveva trovato conferma in una pronuncia a Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 9560 del 2 maggio 2014), oltrechè nella disposizione interpretativa di cui al d.l. n. 4 del 2014, art. 2, c. 4, conv. in I. n. 50 del 2014, e che la stessa Corte di Giustizia aveva affermato la compatibilità della tassa con la disciplina eurounitaria. 2. - FIP Industriale S.p.a. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di otto motivi;
l'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso. Fissato all'udienza pubblica del 12 aprile 2022, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal d.l. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. in I. n. 176 del 2020, e dal sopravvenuto d.l. n. 228 del 2021, art. 16, c. 1, conv. in I. n. 15 del 2022, senza l'intervento in presenza del Procuratore Generale, che ha depositato conclusioni scritte, e dei difensori delle parti, che non hanno fatto richiesta di discussione orale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Il ricorso è articolato sui seguenti motivi. 1.1 - Il primo motivo, formulato ai sensi dell'art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.p.r. n. 641 del 1972, art. 1 e tariffa allegata, art. 21, al d.l. n. 4 del 2014, art. 2, c. 4, conv. in I. n. 50 del 2014, ed al d.lgs. n. 259 del 2003, art. 160, deducendo, in sintesi, la ricorrente che, come chiarito dalla giurisprudenza unionale (CGUE, 17 settembre 2015), le direttive comunitarie (5/99, 20/02 e 21/02), - diversamente da quanto ritenuto dalle Sezioni Unite della Corte (sentenza n. 9560/2014), - non trovano applicazione nei confronti della telefonia mobile;
ne consegue, per un verso, che il presupposto impositivo della tassa non può essere correlato alla disposizione di cui al d.lgs. n. 259 del 2003, art. 160, - disposizione, questa, che, nel riprodurre il contenuto del previgente d.p.r. n. 156 del 1973, art. 318, non può, dunque, che essere ascritta alla (sole) stazioni radioelettriche (non escluse dalla specifica disciplina), non anche alla telefonia mobile, - e, per il restante, che, - anche qui come rilevato dalla Corte di Giustizia, - il contratto di abbonamento della utenza di telefonia mobile, - siccome non costituendo provvedimento amministrativo, - non può operare quale presupposto della tassa sulle concessioni governative. Soggiunge la ricorrente che le citate disposizioni nazionali, - volte a identificare il presupposto impositivo della tassa col contratto di abbonamento di utenza di telefonia mobile, abbonamento così equiparato alla licenza di esercizio di stazione radioelettrica, - non risulterebbero armonizzabili con le direttive comunitarie di settore laddove intese a sottoporre le apparecchiature terminali di telecomunicazione (utenze cellulari) ad un provvedimento amministrativo che, a sua volta, si porrebbe in contrasto col principio di libera circolazione, e messa in servizio, delle apparecchiature terminali di telecomunicazione (telefonia mobile). 1.2 - Il secondo motivo, ai sensi dell'art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.p.r. n. 641 del 1972, art. 1 e art. 21 della tariffa allegata, al d.lgs. n. 259 del 2003, art. 2, c. 2, lett. b), ed all'art. 97 Cost. La ricorrente deduce, in sintesi, che la gravata sentenza ha ritenuto sussistente il presupposto impositivo, - in violazione del principio di legalità, - nonostante l'abrogazione del d.p.r. n. 156 del 1973, art. 318, ad opera del d.lgs. n. 259 del 2003, art. 218, e la conseguente separazione delle fonti di disciplina delle stazioni radioelettriche (d.lgs. n. 259, cit.) e dei telefoni cellulari (d.lgs. n. 269 del 2001), con conseguente abrogazione dello stesso d.m. n. 33 del 1990, art. 3, c.
2. In ragione, dunque, dell'evoluzione normativa della disciplina di settore: - il d.lgs. n. 259 del 2003, art. 2, c. 2, lett. b), ha escluso dal suo ambito di applicazione le «apparecchiature contemplate dal decreto legislativo 9 maggio 2001, n. 269, che attua la direttiva 1999/5/CE ...» (id est i telefoni cellulari);
- il riferimento, contenuto nell'art. :I.60 dello stesso d.lgs. n. 259 del 2003, - che ha riprodotto il contenuto del previgente art. 318, cit., - non può, dunque, che essere ascritto alla (sole) stazioni radioelettriche (non escluse dalla specifica disciplina),, non anche alla telefonia mobile;
- la disposizione di cui al d.m. n. 33 del 1990, art. 3, c. 2, è stata tacitamente abrogata, per incompatibilità, dal d.lgs. n. 269 del 2001;
- la voce tariffaria di cui al d.p.r. n. 641 del 1972, art. 21, - che ha riguardo all'art. 318, cit., oggetto di rinvio formale, ed all'art. 3, c. 2, d.m. n. 33, cit., - risulterebbe, così, priva di oggetto, siccome venuto meno il (previgente e) necessario riferimento alla licenzia di esercizio, quale atto amministrativo costituente presupposto della tassa sulle concessioni governative (d.p.r. n. 641, art. 1 cit.). 1.3 - Col terzo motivo, sempre ai sensi dell'art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente ripropone la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 641 del 1972, art. 1 e tariffa allegata, art. 21, assumendo, in sintesi, che sin dal 2003, - a seguito dell'abrogazione del d.p.r. n. 156 del 1973, art. 318, disposta dal d.lgs. n. 259 del 2003, art. 218, - la tassa non risultava più applicabile alle «apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione» previste dal d.l. n. 151 del 1991, art. 3, conv. in I. n. 202 del 1991 (che aveva, per l'appunto, introdotto la voce n. 131 della tariffa, allegata al d.p.r. n. 641 del 1972);
ciò in ragione delle successive modifiche intervenute in ordine alla (originaria) disciplina della tassa, quali conseguenti alla riformulazione stessa della tariffa allegata al d.p.r. n. 641, cit., e per effetto delle quali il presupposto impositivo si radicava, per l'appunto, nella (sola) disposizione di cui all'art. 318, cit. (che aveva riguardo agli impianti radioelettrici) e che, ad ogni modo, costituiva presupposto necessario (e non solo alternativo) della stessa tassa. 1.4 - Il quarto motivo, sempre ai sensi dell'art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., ripropone anch'esso la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 641 del 1972, art. 1 e tariffa allegata, art. 21, sull'assunto che la previsione tariffaria di cui all'art. 21, cit., deve ritenersi abrogata, per incompatibilità e, da ogni modo, per ridisciplina generale dell'intera materia, ad opera del d.lgs. n. 259 del 2003, disciplina, quest'ultima, incentrata sull'istituto dell'autorizzazione generale che, per l'appunto, esclude la necessità di un provvedimento autorizzatorio (puntuale) in ragione della liberalizzazione della fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica. 1.5 - Il quinto motivo, formulato ai sensi dell'art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone anch'esso la denuncia di violazione e falsa applicazione delle disposizioni normative (d.p.r. n. 641 del 1972 art. 1 e tariffa allegata, art. 21) oggetto dei precedenti motivi di ricorso, sotto il profilo, questa volta, del difetto di presupposto impositivo che (in tesi) non sarebbe più riconducibile ad un provvedimento amministrativo (art. 1, cit.) siccome il contratto di abbonamento non più equiparabile a (ovvero sostitutivo di) una licenza (art. 21, cit.). Si assume, dunque, che, - giustificandosi, in origine, la tassazione delle «apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione» per l'attività amministrativa di controllo tecnico preventivo da parte del Ministero che, a norma del d.m. n. 33 del 1990, art. 3, aveva ad oggetto la verifica tecnica dell'apparecchiatura terminale e la sua omologazione, - a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 269 del 2001 (recante attuazione della direttiva 1999/5/CE), - che non prevede più alcun controllo preventivo finalizzato all'immissione in commercio dei telefoni cellulari e che contempla il libero uso degli apparecchi cellulari, - non v'era più alcuna identità tra il potere autorizzatorio (rilascio della licenza di esercizio) previsto per le stazioni radioelettriche (d.lgs. n. 259 del 2003, art. 160) ed il mero controllo (postumo) previsto dal d.lgs. n. 269 del 2001, cit., così che, - la disciplina dettata dal d.lgs. n. 269/2001 e dalla direttiva 1999/5/CE ponendosi in rapporto di specialità con quella di cui al
- ricorrente -
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del suo Direttore p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12, ope legis domicilia;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 291/16, depositata il 25 febbraio 2016, della Commissione tributaria regionale del Veneto;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 12 aprile 2022, dal Consigliere dott. L P;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. F T, che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. - Con sentenza n. 291/16, depositata il 25 febbraio 2016, la Commissione tributaria regionale del Veneto ha rigettato l'appello di FIP Industriale S.p.a., così confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l'impugnazione del silenzio rifiuto formatosi sull'istanza di rimborso proposta dalla contnbuente, istanza avente ad oggetto la tassa sulle concessioni governative (in breve TCG) corrisposta, in relazione al periodo dal settembre 2007 al giugno 2010, per contratto di abbonamento di utenza telefonica mobile. Il giudice del gravame ha ritenuto, in sintesi, che la legittimità del prelievo tributario aveva trovato conferma in una pronuncia a Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 9560 del 2 maggio 2014), oltrechè nella disposizione interpretativa di cui al d.l. n. 4 del 2014, art. 2, c. 4, conv. in I. n. 50 del 2014, e che la stessa Corte di Giustizia aveva affermato la compatibilità della tassa con la disciplina eurounitaria. 2. - FIP Industriale S.p.a. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di otto motivi;
l'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso. Fissato all'udienza pubblica del 12 aprile 2022, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal d.l. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. in I. n. 176 del 2020, e dal sopravvenuto d.l. n. 228 del 2021, art. 16, c. 1, conv. in I. n. 15 del 2022, senza l'intervento in presenza del Procuratore Generale, che ha depositato conclusioni scritte, e dei difensori delle parti, che non hanno fatto richiesta di discussione orale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Il ricorso è articolato sui seguenti motivi. 1.1 - Il primo motivo, formulato ai sensi dell'art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.p.r. n. 641 del 1972, art. 1 e tariffa allegata, art. 21, al d.l. n. 4 del 2014, art. 2, c. 4, conv. in I. n. 50 del 2014, ed al d.lgs. n. 259 del 2003, art. 160, deducendo, in sintesi, la ricorrente che, come chiarito dalla giurisprudenza unionale (CGUE, 17 settembre 2015), le direttive comunitarie (5/99, 20/02 e 21/02), - diversamente da quanto ritenuto dalle Sezioni Unite della Corte (sentenza n. 9560/2014), - non trovano applicazione nei confronti della telefonia mobile;
ne consegue, per un verso, che il presupposto impositivo della tassa non può essere correlato alla disposizione di cui al d.lgs. n. 259 del 2003, art. 160, - disposizione, questa, che, nel riprodurre il contenuto del previgente d.p.r. n. 156 del 1973, art. 318, non può, dunque, che essere ascritta alla (sole) stazioni radioelettriche (non escluse dalla specifica disciplina), non anche alla telefonia mobile, - e, per il restante, che, - anche qui come rilevato dalla Corte di Giustizia, - il contratto di abbonamento della utenza di telefonia mobile, - siccome non costituendo provvedimento amministrativo, - non può operare quale presupposto della tassa sulle concessioni governative. Soggiunge la ricorrente che le citate disposizioni nazionali, - volte a identificare il presupposto impositivo della tassa col contratto di abbonamento di utenza di telefonia mobile, abbonamento così equiparato alla licenza di esercizio di stazione radioelettrica, - non risulterebbero armonizzabili con le direttive comunitarie di settore laddove intese a sottoporre le apparecchiature terminali di telecomunicazione (utenze cellulari) ad un provvedimento amministrativo che, a sua volta, si porrebbe in contrasto col principio di libera circolazione, e messa in servizio, delle apparecchiature terminali di telecomunicazione (telefonia mobile). 1.2 - Il secondo motivo, ai sensi dell'art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.p.r. n. 641 del 1972, art. 1 e art. 21 della tariffa allegata, al d.lgs. n. 259 del 2003, art. 2, c. 2, lett. b), ed all'art. 97 Cost. La ricorrente deduce, in sintesi, che la gravata sentenza ha ritenuto sussistente il presupposto impositivo, - in violazione del principio di legalità, - nonostante l'abrogazione del d.p.r. n. 156 del 1973, art. 318, ad opera del d.lgs. n. 259 del 2003, art. 218, e la conseguente separazione delle fonti di disciplina delle stazioni radioelettriche (d.lgs. n. 259, cit.) e dei telefoni cellulari (d.lgs. n. 269 del 2001), con conseguente abrogazione dello stesso d.m. n. 33 del 1990, art. 3, c.
2. In ragione, dunque, dell'evoluzione normativa della disciplina di settore: - il d.lgs. n. 259 del 2003, art. 2, c. 2, lett. b), ha escluso dal suo ambito di applicazione le «apparecchiature contemplate dal decreto legislativo 9 maggio 2001, n. 269, che attua la direttiva 1999/5/CE ...» (id est i telefoni cellulari);
- il riferimento, contenuto nell'art. :I.60 dello stesso d.lgs. n. 259 del 2003, - che ha riprodotto il contenuto del previgente art. 318, cit., - non può, dunque, che essere ascritto alla (sole) stazioni radioelettriche (non escluse dalla specifica disciplina),, non anche alla telefonia mobile;
- la disposizione di cui al d.m. n. 33 del 1990, art. 3, c. 2, è stata tacitamente abrogata, per incompatibilità, dal d.lgs. n. 269 del 2001;
- la voce tariffaria di cui al d.p.r. n. 641 del 1972, art. 21, - che ha riguardo all'art. 318, cit., oggetto di rinvio formale, ed all'art. 3, c. 2, d.m. n. 33, cit., - risulterebbe, così, priva di oggetto, siccome venuto meno il (previgente e) necessario riferimento alla licenzia di esercizio, quale atto amministrativo costituente presupposto della tassa sulle concessioni governative (d.p.r. n. 641, art. 1 cit.). 1.3 - Col terzo motivo, sempre ai sensi dell'art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente ripropone la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 641 del 1972, art. 1 e tariffa allegata, art. 21, assumendo, in sintesi, che sin dal 2003, - a seguito dell'abrogazione del d.p.r. n. 156 del 1973, art. 318, disposta dal d.lgs. n. 259 del 2003, art. 218, - la tassa non risultava più applicabile alle «apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione» previste dal d.l. n. 151 del 1991, art. 3, conv. in I. n. 202 del 1991 (che aveva, per l'appunto, introdotto la voce n. 131 della tariffa, allegata al d.p.r. n. 641 del 1972);
ciò in ragione delle successive modifiche intervenute in ordine alla (originaria) disciplina della tassa, quali conseguenti alla riformulazione stessa della tariffa allegata al d.p.r. n. 641, cit., e per effetto delle quali il presupposto impositivo si radicava, per l'appunto, nella (sola) disposizione di cui all'art. 318, cit. (che aveva riguardo agli impianti radioelettrici) e che, ad ogni modo, costituiva presupposto necessario (e non solo alternativo) della stessa tassa. 1.4 - Il quarto motivo, sempre ai sensi dell'art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., ripropone anch'esso la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 641 del 1972, art. 1 e tariffa allegata, art. 21, sull'assunto che la previsione tariffaria di cui all'art. 21, cit., deve ritenersi abrogata, per incompatibilità e, da ogni modo, per ridisciplina generale dell'intera materia, ad opera del d.lgs. n. 259 del 2003, disciplina, quest'ultima, incentrata sull'istituto dell'autorizzazione generale che, per l'appunto, esclude la necessità di un provvedimento autorizzatorio (puntuale) in ragione della liberalizzazione della fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica. 1.5 - Il quinto motivo, formulato ai sensi dell'art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone anch'esso la denuncia di violazione e falsa applicazione delle disposizioni normative (d.p.r. n. 641 del 1972 art. 1 e tariffa allegata, art. 21) oggetto dei precedenti motivi di ricorso, sotto il profilo, questa volta, del difetto di presupposto impositivo che (in tesi) non sarebbe più riconducibile ad un provvedimento amministrativo (art. 1, cit.) siccome il contratto di abbonamento non più equiparabile a (ovvero sostitutivo di) una licenza (art. 21, cit.). Si assume, dunque, che, - giustificandosi, in origine, la tassazione delle «apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione» per l'attività amministrativa di controllo tecnico preventivo da parte del Ministero che, a norma del d.m. n. 33 del 1990, art. 3, aveva ad oggetto la verifica tecnica dell'apparecchiatura terminale e la sua omologazione, - a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 269 del 2001 (recante attuazione della direttiva 1999/5/CE), - che non prevede più alcun controllo preventivo finalizzato all'immissione in commercio dei telefoni cellulari e che contempla il libero uso degli apparecchi cellulari, - non v'era più alcuna identità tra il potere autorizzatorio (rilascio della licenza di esercizio) previsto per le stazioni radioelettriche (d.lgs. n. 259 del 2003, art. 160) ed il mero controllo (postumo) previsto dal d.lgs. n. 269 del 2001, cit., così che, - la disciplina dettata dal d.lgs. n. 269/2001 e dalla direttiva 1999/5/CE ponendosi in rapporto di specialità con quella di cui al
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