Cass. civ., sez. I, sentenza 10/12/2008, n. 28980

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In tema di lottizzazione, l'art. 8, ottavo comma, della legge 6 agosto 1967 n. 765 (cosiddetta "Legge Ponte"), recante modifiche alla legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, fa salve le precedenti convenzioni di lottizzazione solo quando, alla data del 2 dicembre 1966, si sia perfezionato il relativo "iter" e, cioè, sia intervenuta non soltanto la stipulazione in forma pubblica delle convenzioni medesime, ma anche la deliberazione del Consiglio comunale, e l'autorizzazione degli organi di controllo. Sono salve , pertanto, le sole autorizzazioni a lottizzare rilasciate prima del 2 dicembre 1966, sulla base delle deliberazioni del Consiglio comunale approvate nei modi e nelle forme di legge, e non anche quelle munite della sola autorizzazione del sindaco, avendo il legislatore ritenuto conveniente limitare detto beneficio a quelle lottizzazioni che fossero autorizzate dall'organo collegiale, che poteva garantire in linea di massima una più attenta ed obiettiva valutazione circa l'opportunità del provvedimento ed al quale la relativa competenza veniva riconosciuta, con lo stesso art. 28, per le future lottizzazioni.

In tema di tutela risarcitoria per l'agire illegittimo della P.A., qualora l'area compresa in una lottizzazione convenzionata divenga inedificabile in base ad un successivo piano regolatore, l'annullamento di quest'ultimo da parte del giudice amministrativo, per non aver considerato, senza specifica e puntuale motivazione, che la lottizzazione era stata parzialmente eseguita, non comporta il risarcimento del danno per il mancato compimento della lottizzazione stessa, se ciò sia dipeso da fatti imputabili esclusivamente al proprietario (quali l'inadempimento alle prescrizioni della convenzione), risalenti ad epoca anteriore all'adozione del nuovo strumento urbanistico, ovvero quando, a tale momento, il piano stesso non sia più valido ed efficace (nella specie non operando la clausola di salvezza prevista dall'art. 28, ottavo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, come modificato dall'art. 8 della legge 6 agosto 1967, n. 765, in quanto per l'autorizzazione a lottizzare, alla data del 2 dicembre 1966, non era intervenuta la deliberazione del Consiglio comunale). In tali casi, viene meno l'interesse legittimo alla conservazione della qualità edificatoria del suolo, avente natura oppositiva e la cui lesione è di per sé danno ingiusto risarcibile, senza necessità di prognosi sulla effettiva realizzabilità dello "ius aedificandi", ed il proprietario è titolare di un interesse legittimo (pretensivo) al rilascio di (nuove) concessioni edilizie, implicante un giudizio prognostico sull'esistenza di una situazione giuridicamente protetta, in quanto destinata, in base alla disciplina applicabile e secondo un criterio di normalità, ad un esito favorevole; egli, quindi, ha diritto, oltre al recupero delle spese sostenute per la realizzazione delle opere di urbanizzazione, al risarcimento del danno qualora, rimasta inerte la P.A. dopo l'annullamento, fornisca elementi prognostici idonei a dimostrare che gli strumenti urbanistici adottandi in sostituzione di quello annullato avrebbero destinato i terreni ad utilizzazioni edificatorie e, quindi, provi di aver subito pregiudizi diversi da quelli derivanti dall'impossibilità di portare a compimento il piano di lottizzazione, quali l'impossibilità di vendere i terreni stessi ad un prezzo maggiore, ove ne fosse stata confermata la natura edificatoria.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 10/12/2008, n. 28980
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 28980
Data del deposito : 10 dicembre 2008
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C C - Presidente -
Dott. S S - rel. Consigliere -
Dott. R R - Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. T M A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 14813/2004 proposto da:
MONTESPINA S.R.L., in persona del Presidente del C.D.A. pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. G.

PORRO

8, presso l'avvocato A G, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato C S, giusta procura a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
C DI N, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.

CATALANI

26, presso l'avvocato D'ANNIBALE ENRICO, rappresentato e difeso dall'avvocato B E, giusta procura in calce al controricorso;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 1723/2003 della CORTE D'APPELLO di N, depositata il 22/05/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/10/2008 dal Consigliere Dott. S S;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. U F, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 24 marzo 2001, respinse la domanda di risarcimento del danno avanzata dalla s.r.l. M nei confronti del comune di Napoli, che, dopo aver autorizzato con licenza n. 405 del 21 maggio 1954 un piano di lottizzazione presentato da detta società, aveva approvato un nuovo P.R.G. con D.M. n. 1839 del 1972, nel quale l'area in questione era stata destinata a parco pubblico e dichiarata assolutamente inedificabile;

e malgrado il successivo annullamento del piano da parte del Consiglio di Stato, non aveva dato ottemperanza alla decisione provocando dallo stesso giudice, in sede di ottemperanza del giudicato (decisione 23 marzo 1996), la nomina di un commissario ad acta che tuttavia aveva preso atto dell'approvazione del piano paesistico per la zona Agnano-Camaldoli, che aveva dichiarato l'intera area a protezione integrale (dopo che con decreto del P.G.Reg. 5569/1995 era stato ribadito il vincolo di inedificabilità assoluta su di essa).
L'impugnazione della M è stata rigettata dalla Corte di appello di Napoli, con sentenza del 22 maggio 2003, in quanto: a) anche a seguire la sentenza 157/2003 di questa Corte che aveva definito interesse oppositivo quello del proprietario di un terreno già lottizzato divenuto inedificabile in forza di nuovo P.R.G., il danno ingiusto lamentato non si identifica necessariamente con la possibilità di portare a compimento la lottizzazione;
bensì nelle spese sostenute per le opere di urbanizzazione realizzate, nonché nel minor valore del terreno che la società non aveva neppure allegato, ne' a maggior ragione documentato;
b) in ogni caso la mancata edificazione era derivata non già dall'illegittimo P.R.G. del 1972, annullato dal giudice amministrativo, bensì dagli inadempimenti della società che non si era attenuta alle prescrizioni del piano, lasciando inutilmente scadere i termini entro cui lo stesso doveva essere attuato;
c) siffatti inadempimenti non potevano ritenersi superati dalla menzionata sentenza 800/1989 del Consiglio di Stato, che, lungi dal sancire la legittimità del piano di lottizzazione, si era limitata ad annullare il P.R.G. del 1972, esclusivamente per difetto di motivazione in merito agli interessi dei privati sacrificati dal vincolo di in edificabilità;
d) conseguentemente) difettava il nesso di causalità tra l'accertata illegittimità del P.R.G. e la mancata edificazione dell'area M che non aveva potuto, infine, conseguire le nuove licenze richieste anche perché entrata in vigore la Legge Ponte n. 765 del 1967,la società ricorrente non aveva provveduto ad osservare le nuove indicazioni di detta legge, come richiesto dall'amministrazione comunale. Per la cassazione della sentenza, la s.r.l. M ha proposto ricorso per 4 motivi;
cui resiste il comune di Napoli con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente, deducendo violazione del giudicato in relazione alla sentenza 800/1989 del Consiglio di Stato, nonché dell'art. 97 Cost., con riguardo alla tempestività dell'azione amministrativa, censura la sentenza impugnata per aver svalutato il vincolo derivante dalla menzionata decisione amministrativa che aveva annullato il P.R.G. per difetto di motivazione, senza considerare che si era trattato di un sacrificio illegittimo imposto ad interessi privati, che lo stesso aveva interrotto l'esecuzione di opere di urbanizzazione, nonché di edilizia abitativa già in parte realizzata;
e che tale mancanza di motivazione si era protratta per ben 24 anni fino al nuovo piano paesistico, che in circostanze di tempo e di luogo del tutto differenti aveva imposto un nuovo vincolo di inedificabilità. Sicché era stato proprio il precedente vincolo illegittimo, mai rimosso fino al 1996. a costituire la fonte del danno ingiusto:
sicuramente non legittimabile in conseguenza di un fatto sopravvenuto, peraltro dopo un tempo assolutamente irragionevole anche per effetto della L. n. 241 del 1990. Con il secondo motivo, deducendo violazione degli art. 99 e 112 c.p.c., nonché artt. 1223, 2907 e 2697 c.c., lamenta anzitutto che
la Corte territoriale abbia ritenuto non provati i danni allegati, documentati, invece, dalle opere di urbanizzazione eseguite e non contestate dal comune, dagli edifici realizzati, nonché da una perizia di parte prodotta e dalla richiesta di consulenza tecnica onde quantificarne l'ammontare: illegittimamente non disposta dai giudici di merito. D'altra parte, il danno lamentato consisteva proprio nella edificazione non potuta realizzare che non derivava dalle proprie inadempienze alle prescrizioni del piano dato che la Soprintendenza nel 1962 aveva dato parere favorevole alle proprie richieste di variante ed il comune negli anni 1965 - 1966 aveva proceduto al rilascio di nuove licenze edilizie;
ma esclusivamente dal P.R.G. del 1972 seguito a questi eventi ed incidente su di un piano valido ed in via di realizzazione, che in conseguenza del nuovo illegittimo provvedimento amministrativo( non aveva potuto essere portato a compimento. Restava, pertanto da quantificare detti danni, senza alcun altro onere probatorio gravante su di essa ricorrente, e l'unico strumento che si prestava al riguardo per il suo carattere strettamente tecnico, era proprio la consulenza da essa richiesta. Con il terzo motivo, deducendo altra violazione del giudicato amministrativo, addebita alla Corte di appello di non aver considerato che la decisione 800/1989 del Consiglio di stato si fonda sul presupposto della perdurante validità del piano di lottizzazione, non rimessa in discussione dalla L. n. 765 del 1967, art. 8, inerente ai soli piani approvati con delibera del Consiglio
comunale;
e comunque già in larga parte eseguita mediante opere di urbanizzazione ed edifici.
Con il quarto motivo, deducendo violazione della L. n. 765 del 1967, art. 28, e art. 2043 c.c., nonché motivazione illogica ed
insufficiente, si duole infine che la Corte di appello abbia attribuito alla sua posizione giuridica consistenza di interesse legittimo pretensivo al rilascio delle licenze edilizie e richiesto un giudizio prognostico favorevole, senza considerare: a)che il piano di lottizzazione non era divenuto inefficace per effetto della Legge - Ponte;
posto che l'art. 28 faceva salvi, secondo la giurisprudenza amministrativa, anche le lottizzazioni precedenti approvate con provvedimento sindacale;
e che la sentenza 800/1989 aveva confermato detto principio ritenendo valida e già (in parte) realizzata la lottizzazione del 1954;
b)che, d'altra parte, la propria posizione era di interesse legittimo oppositivo, per cui era sufficiente accertare l'illegittimità del P.R.G. del 1972 che aveva impedito ogni edificazione, per riconoscerle secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione (sent. 157/2003) il risarcimento del danno ingiusto sofferto: anche perché le opere già realizzate erano legittime e debitamente autorizzate.
Tutte queste doglianze sono infondate.
La sentenza impugnata ha accertato - e la società confermato- che quest'ultima con la citazione introduttiva del giudizio, premettendo di aver ricevuto dal comune licenza 405/1954 per un piano di lottizzazione, poi solo parzialmente realizzato, aveva chiesto il risarcimento del danno perché l'amministrazione comunale con un successivo P.R.G. approvato nel 1972 aveva modificato la destinazione del suo terreno rendendolo inedificabile, e perché il Consiglio di Stato con la ricordata decisione n. 800/1989 aveva annullato lo strumento urbanistico per difetto di motivazione proprio con riguardo al sacrificio dell'interesse del proprietario dell'immobile già oggetto di lottizzazione;
sicché, non avendo il comune prestato osservanza al giudicato amministrativo, neppure in seguito al giudizio di ottemperanza anche perché nel 1996 era stato approvato il Piano territoriale paesistico che aveva definitivamente modificato la destinazione del bene, si era realizzata una palese lesione dell'interesse legittimo della società al rilascio delle successive licenze per il completamento del programma edilizio, dalla stessa qualificato oppositivo (Cass. 157/2003): lesione che perciò non abbisognava di ulteriori prove o giudizi prognostici circa la sua effettiva consistenza, peraltro documentata mediante perizia, nella misura di L. 5.096.121.800.
Sennonché la giurisprudenza tanto ordinaria quanto amministrativa è fermissima nel ritenere che la novità introdotta dalle note sentenze nn 500 e 501/1999 delle Sezioni Unite di questa Corte, consiste nel fatto che^ prima di esse. risultava comunque preclusa la tutela risarcitoria in caso di lesione di interessi legittimi;
mentre il nuovo orientamento ha affermato chetai fini della configurabilità della responsabilità aquiliana in capo all'autore di un fatto lesivo di interessi giuridicamente rilevanti, non assume rilievo determinante la qualificazione formale della posizione giuridica vantata dal soggetto danneggiato poiché la tutela risarcitoria è assicurata solo in relazione alla ingiustizia del danno, che costituisce fattispecie autonoma, contrassegnata dalla lesione di un interesse giuridicamente rilevante. Ed ha quindi dichiarato ammissibile la risarcibilità anche degli interessi legittimi, quante volte risulti leso, per effetto dell'attività illegittima e colpevole della p.a., l'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo si correla, e sempre che il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce dell'ordinamento positivo.
Si è tuttavia avvertito che il nuovo corso, con questi principi non ha introdotto affatto una equazione in forza della quale il giudice ordinario)tutte le volte in cui riscontri la presenza di una posizione di interesse legittimo in capo al privato, debba procedere automaticamente ed indiscriminatamente al risarcimento del danno che il privato assuma essergli stato provocato dalla P.A.: in quanto la sussistenza di una situazione in tal senso qualificata è condizione necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., per la quale occorre anzitutto che l'interesse legittimo sia stato leso da un provvedimento, ovvero da un comportamento illegittimo dell'amministrazione, e;
quindi, attraverso l'esplicazione illegittima e colpevole della funzione amministrativa. Ed è necessario altresì che l'attività illegittima della P.A. abbia determinato la lesione al bene della vita al quale l'interesse legittimo, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega, e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell'ordinamento (Cass. sez. un. 2206/2005;
Cons. St.Ad. plen. 7/2005): nel caso identificabile con il provvedimento di
rilascio della richiesta concessione edilizia, perciò implicante un giudizio prognostico, da condurre in riferimento agli elementi offerti dal pretendente ed alla normativa di settore, sulla fondatezza o meno della istanza, onde stabilire se costui fosse titolare non già di una mera aspettativa priva di tutela, bensì di una situazione suscettibile di determinare un oggettivo affidamento circa la sua conclusione positiva;
e cioè di una situazione che, in base alla disciplina applicabile, era destinata, secondo un criterio di normalità, ad un esito favorevole, e risultava quindi giuridicamente protetta.
Ora la Corte territoriale con un'articolata motivazione ha escluso che il piano di lottizzazione della società ed il conseguente programma edificatorio non siano stati portati a compimento per causa ed in conseguenza del P.R.G. del 1972, poi dichiarato illegittimo dal giudice amministrativo, avendo accertato che la impossibilità di attuarlo era stata provocata dai numerosi inadempimenti della società alle prescrizioni del piano, eseguito solo in parte, in quanto: a) l'autorizzazione all'esecuzione era stata regolarmente rilasciata dal comune con licenza sindacale 21.5.1954 n. 405, poi rinnovata con licenza 674 del 6.6.1957,avente ulteriore validità di tre anni;
b) tuttavia la società, iniziato il programma edificatorio, non aveva presentato i progetti degli edifici realizzandi o in parte realizzati alla Sovrintendenza ai monumenti della Campania per il relativo parere, insistendo gli immobili in zona di pregio ambientale di cui alla L. n. 1497 del 1939, in violazione del punto 4 della licenza;
ed aveva realizzato un tracciato viario assolutamente difforme a quello del progetto, che cercava il collegamento con la via Domiziana ubicata nell'altro versante del MonteSpina, tagliandolo orizzontalmente e sbancando illegittimamente la montagna pur protetta dalla ricordata legge del 1939;
c) su richiesta della Sovrintendenza (lettera del 21.7.1958 e fono del 5.8.1958), il Commissario straordinario del comune con provvedimento del 12 agosto 1958 avrebbe ordinato la sospensione di tutti i lavori in corsi che più non erano stati ripresi negli anni successivi con conseguente inutile scadenza alla data del 6 giugno 1960, del termine di efficacia della licenza rinnovata e dello stesso piano di lottizzazione;
d) a nulla rileva che la M (peraltro dopo la scadenza suddetta) avesse presentato un progetto di variante che avrebbe ottenuto il parere favorevole dalla Soprintendenza, perché l'amministrazione comunale, titolare del relativo potere discrezionale, non aveva ritenuto di approvarlo ne' di revocare la sospensione: pretendendo, invece, dalla società la puntuale osservanza di quello originario. E, d'altra parte, la ricorrente non aveva mai ritenuto di impugnare davanti al giudice amministrativo, la legittimità di dette scelte, perciò a maggior ragione non sindacabili dal giudice ordinario soprattutto sotto il profilo della convenienza e dell'opportunità del nuovo progetto dedotte dalla società;
e) per tali ragioni risultava del tutto legittimo anche il rifiuto del comune, con specifico provvedimento, di rilasciare alla società nell'anno 1961 (neppur esso impugnato dalla ricorrente) altre 5 licenze con la motivazione che nessuna altra nuova costruzione poteva essere autorizzata se la stessa non avesse prima eliminato gli interventi e le opere non autorizzati e realizzati in difformità del piano;
perciò dimostrando di essersi attenuta alle prescrizioni di questo.
E poiché neppure detto provvedimento aveva ottenuto ottemperanza da parte della ricorrente, risulta assolutamente corretta la conclusione della sentenza impugnata che il mancato completamento del programma di edificazione previsto dal piano di lottizzazione era stato causato dalle menzionate vicende imputabili esclusivamente al lottizzante "che neppure per le opere di urbanizzazione primaria si attenne alle prescrizioni del medesimo piano di massima, si da comportare per la sua esclusiva responsabilità, la scadenza del termine all'uopo previsto dalla p.a.": ben prima del nuovo P.R.G., intervenuto soltanto nel 1972 senza spiegare per tale ragione alcuna influenza su di esso.
Consapevole delle effettive ragioni della sopravvenuta inefficacia del piano di lottizzazione, la società M, anche in questo giudizio di legittimità, ha tentato di attribuirgli una sorta di legittimazione successiva per effetto del giudicato (art. 2909 c.c.), costituito dalla citata decisione 800/1989 del giudice amministrativo, assumendo che la pronuncia avrebbe avuto come necessario presupposto la validità del piano di lottizzazione e della sua (parziale) esecuzione: sui quali avrebbe dovuto soffermarsi la motivazione del provvedimento di approvazione dello strumento urbanistico per giustificare il vincolo di inedificabilità imposto al terreno.
Ma il giudicato sostanziale - che fa stato ad ogni effetto tra le parti in ordine all'accertamento, positivo o negativo, della sussistenza del diritto controverso - opera entro i limiti degli elementi costitutivi dell'azione, presupponendo che tra la precedente causa e quella in atto vi sia identità di soggetti, oltre che di "petitum" e di "causa petendi";
e costituisce attività rimessa al giudice del merito l'accertamento del contenuto di tale giudicato e dei suoi limiti, perciò censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri di ermeneutica o per vizi di motivazione relativi alla loro applicazione.
Nel caso la Corte di appello ha accertato, e la società non ha contestato, che il giudizio in questione ebbe per oggetto una diversa questione giuridica da quella risarcitoria dedotta con la citazione introduttiva di questa controversia, costituita dalla impugnazione del p.r.g. 1972 da parte della M per vizi di legittimità:
accolta dal Consiglio di Stato perché l'amministrazione non avrebbe potuto apporre il vincolo di inedificabilità sulle aree della società giustificandolo con un mero richiamo alla prevalenza dell'interesse pubblico, ma doveva tener conto della parziale esecuzione del piano di lottizzazione anche con opere di urbanizzazione.
Pertanto, in quel giudizio non soltanto non fu dedotta ne' affrontata alcuna questione relativa al piano di lottizzazione del 1954, alla sua durata ed alla sua perdurante vigenza nell'anno 1972, ma nessuna delle relative questioni di fatto o di diritto divennero oggetto di accertamento da parte del giudice amministrativo, ne' incisero sulla sua decisione rappresentandone una premessa necessaria o il fondamento logico - giuridico: costituiti invece esclusivamente dall'avvenuta parziale esecuzione - del tutto pacifica in questo giudizio - del piano di lottizzazione da parte della società (nonché del suo dante causa), con riguardo sia alle opere di urbanizzazione (nella misura di circa il 60%), sia ad alcuni fabbricati previsti dal programma;
tant'è che il Consiglio di Stato rimproverò al comune di non aver risposto alle controdeduzioni presentate dalla M allo strumento urbanistico che evidenziavano tale situazione giuridica motivando in maniera adeguata e puntuale sull'interesse della collettività ad apporre egualmente il vincolo di inedificabilità malgrado la già realizzata parziale edificazione degli immobili in questione.
Il giudicato sostanziale si è dunque formato, oltre che sull'avvenuto annullamento del P.R.G. che ha costituito la statuizione finale adottata dal Consiglio di Stato, sugli accertamenti di cui si è detto perché ricollegabili in modo inscindibile con la decisione, di cui hanno formato il presupposto, così da coprire tutto quanto rappresenta il fondamento logico - giuridico della pronuncia (Cass. 9685/2003;
14412/2002
; sez. un. 6689/1995);
ma non anche su questioni del tutto estranee ai punti
oggetto di quella controversia, quali le vicende giuridiche del piano di lottizzazione sia a seguito degli inadempimenti in cui è incorsa la società lottizzante, sia per il sopravvenire di nuove disposizioni legislative;
che dunque la sentenza impugnata doveva autonomamente esaminare e valutare senza per questo incorrere nella dedotta violazione dell'art. 2909 c.c.. E proprio tale disamina ha indotto il giudice di appello a rilevare che la L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 8, comma 8, recante modifiche alla Legge Urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, ha fatto salve le precedenti convenzioni di lottizzazione solo quando, alla data del 2 dicembre 1966, si sia perfezionato il relativo "iter": e, cioè, sia intervenuta non soltanto la stipulazione in forma pubblica delle convenzioni medesime, ma anche la deliberazione del Consiglio comunale, e l'autorizzazione degli organi di controllo. Per cui, la giurisprudenza amministrativa, contrariamente all'opinione della M, ha costantemente interpretato la norma nel senso che essa ha previsto soltanto la salvezza delle autorizzazioni a lottizzare rilasciate prima del 2 dicembre 1966, sulla base delle deliberazioni del Consiglio comunale approvate nei modi e nelle forme di legge, e non anche quelle munite della sola autorizzazione del sindaco: in quanto il legislatore ha ritenuto conveniente limitare il detto beneficio a quelle lottizzazioni che fossero autorizzate dall'organo collegiale, che poteva garantire in linea di massima una più attenta ed obiettiva valutazione circa l'opportunità del provvedimento ed al quale la relativa competenza veniva riconosciuta, con lo stesso art. 28, per le future lottizzazioni (Cass. sez. un. 7088/1986;
Cons. St.V, 210/1997;
475/1993).
Pertanto, condizione essenziale per la concessione della sanatoria prevista dal più volte citato art. 28 è che si tratti di autorizzazioni rilasciate sulla base di deliberazioni del Consiglio comunale: condizione che la Corte di appello ha accertato difettare nel piano di lottizzazione conseguito dalla società ricorrente, perciò non rientrato nell'ambito della salvaguardia stabilita dalla Legge Ponte art. 8, e divenuto comunque inefficace per effetto di essa (a prescindere da quanto si è detto in ordine alla inutile scadenza del termine finale concesso dalla rinnovata licenza del 1957 per l'esecuzione del piano). Con le conseguenze, già in parte evidenziate dalla sentenza impugnata: a) che, dopo tale data, alla società non era più consentito proseguire nella realizzazione del piano di lottizzazione, ormai divenuto inefficace, ne' quindi completare il restante programma edificatorio dallo stesso autorizzato, ed a maggior ragione, possibili varianti allo stesso;

b)che alla M non avrebbero più potuto essere rilasciate nuove licenze edilizie e che, ove ciò fosse avvenuto, le concessioni, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza amministrativa, sarebbero state illegittime perché adottate in attuazione di un piano di lottizzazione non fatto salvo ai sensi dell'art. 28 della citata legge urbanistica, e) che non era più applicabile il principio enunciato da Cass. 157/2003, invocato tanto dalla sentenza impugnata, quanto dalla società ricorrente, che la posizione del proprietario, traducibile nell'interesse, conservazione della qualità edificatoria del suolo conseguita per effetto di una lottizzazione convenzionata, costituisce un interesse legittimo oppositivo, la cui lesione, determinata dalla successiva adozione di un piano regolatore che non tenga conto di essa, senza darne specifica e puntuale motivazione, costituisce di per sè danno ingiusto risarcibile, non richiedendosi ulteriormente ne' prognosi sulla effettiva realizzabilità dello "ius aedificandi": in quanto, nel caso di specie, all'epoca di approvazione del P.R. per cui è causa più non sussisteva alcun pregresso piano di lottizzazione valido ed efficace su cui lo stesso veniva ad incidere sfavorevolmente. E la posizione della M aveva al più la consistenza di un interesse legittimo pretensivo al rilascio di (nuove) concessioni edilizie (pag. 32 segg. sent. imp.): perciò implicante un giudizio prognostico, da condurre in riferimento agli elementi offerti dal pretendente ed alla normativa di settore, sulla fondatezza o meno della istanza, onde stabilire se costui fosse titolare non già di una mera aspettativa priva di tutela, bensì di una situazione suscettibile di determinare un oggettivo affidamento circa la sua conclusione positiva;
e cioè di una situazione che, in base alla disciplina applicabile, era destinata, secondo un criterio di normalità, ad un esito favorevole, e risultava quindi giuridicamente protetta. Anche siffatta disamina è stata compiuta dalla Corte territoriale, la quale, senza alcuna contestazione della società al riguardo,è pervenuta alla conclusione che nessun elemento prognostico favorevole al possibile rilascio di nuove licenze la M ha prospettato, al di fuori del solito riferimento al piano di lottizzazione del 1954 erroneamente ritenuto ancora vigente;
e che per le richieste anteriori alla legge - Ponte, costituite dalla pratica 111/1965 per la realizzazione di un fabbricato e da quella 1/1966 per la costruzione di 5 fabbricati di 4 piani cadauno (pag. 27 sent.), si conclusero con l'invito in data 29 dicembre 1969 dell'amministrazione comunale ad adeguare i relativi progetti alla nuova legge 765/1967,ricevuto il 7 gennaio 1970 dall'interessata;
che non ha mai contestato di non avervi dato attuazione.
Per cui, anche sotto tale profilo va confermata l'esclusione di qualsiasi nesso di causalità tra il mancato compimento del programma edilizio contenuto nel piano di lottizzazione del 1954 (ed in possibili varianti), e l'illegittimo P.R.G. adottato senza congrua motivazione dal Comune di Napoli che aveva modificato la destinazione edificatoria delle aree che ne erano oggetto, ad esse attribuendo destinazione a parco pubblico (zona i/l).
Il Collegio deve aggiungere, per completezza di indagine, che la sentenza impugnata si è chiesta pure se l'avvenuto annullamento del nuovo strumento urbanistico da parte di Cons. St. 800/1989, ed il fatto che l'amministrazione comunale sia rimasta inerte nei 7 anni successivi abbiano arrecato alla società pregiudizi diversi da quelli derivanti dall'impossibilità di portare a compimento il piano di lottizzazione;
e li ha ravvisati nella possibilità di vendita dei terreni ad un prezzo maggiore ove ne fosse stata confermata la natura edificatoria;
oppure nel recupero delle spese che la società aveva sostenuto di aver effettuato per le opere di urbanizzazione (pacificamente eseguite nella misura pari al 60%).
Ma, per ammettere la prima voce di danno, non ricavabile automaticamente dal difetto di motivazione in ordine al P.R.G. rilevato dal giudice amministrativo, occorreva quanto meno, che la società, per quanto si è appena detto, fornisse elementi prognostici idonei a dimostrare che gli strumenti urbanistici adottandi in sostituzione di quello annullato avrebbero destinato i terreni ad utilizzazioni edificatorie;
laddove la decisione di appello ha accertato che siffatta eventualità non è stata neppur prospettata dalla M, rimasta ancorata all'assunto che detta natura edificatoria derivasse dal piano di lottizzazione del 1954. E che anzi la vicenda urbanistica degli immobili forniva la prova del contrario, rientrando gli stessi nell'originario P.R.G. del 1939 in zona agricola, ed avendo il nuovo piano territoriale paesistico del 1996 (che non risulta impugnato dalla società) confermato definitivamente il vincolo di inedificabilità su di essi. Mentre, per quanto riguarda le opere di urbanizzazione, la Corte di merito non ha avuto neppure necessità di chiedersi in base a quale norma o principio le relative spese costituissero pregiudizio risarcibile da parte dell'amministrazione comunale, avendo rilevato che la ricorrente non soltanto non ne aveva documentato alcuna - perciò dimostrando gli effettivi esborsi sostenuti al riguardo come le imponeva il disposto dell'art. 2697 c.c., ma non aveva dedotto neppure in quali lavori o interventi fossero consistiti. Ragion per cui del tutto correttamente non ha ammesso la consulenza tecnica richiesta dalla M, la quale, come ha più volte avvertito questa Corte, non può essere invocata dalla parte per sottrarsi all'onere probatorio cui essa è tenuta: attenendo l'indagine peritale unicamente alla valutazione dell'oggetto della prova, che deve essere fornita dalla parte gravata del relativo onere, salva l'ipotesi non ricorrente nella fattispecie che i dati costituenti l'oggetto della prova invocata non siano percepibili, per la loro intrinseca natura, dal profano o dall'uomo di normale diligenza e debbano perciò essere rilevati, con l'ausilio di particolari strumentazioni e/o di particolari cognizioni, dal consulente tecnico. Anche sotto tale profilo, la sentenza impugnata va perciò confermata con conseguente condanna della soccombente società M al pagamento delle spese processuali;
che si liquidano come da dispositivo.

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