Cass. civ., sez. III, sentenza 10/05/2018, n. 11274

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 10/05/2018, n. 11274
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11274
Data del deposito : 10 maggio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

to la seguente SENTENZA sul ricorso 27518-2015 proposto da: GIANESINI E, SCHIVO ANTONELLA, GIANESINI LUCA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

GIOVANNI NICOTERA

29, presso lo studio dell'avvocato A F, rappresentati e difesi dall'avvocato M P giusta procura speciale in calce al ricorso;

- ricorrenti -

contro

R F, in proprio e in qualità di Presidente della Scuola Tecnica Federale della F.I.S.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CRESCENZIO

91, presso lo studio dell'avvocato C L, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati L S V, ANTONIO DE FEO giusta procura speciale a margine del controricorso;
GIANESINI E, SCHIVO ANTONELLA, GIANESINI LUCA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

GIOVANNI NICOTERA

29, presso lo studio dell'avvocato A F, rappresentati e difesi dall'avvocato M P giusta procura speciale in calce al ricorso;
GENERALI ITALIA SPA, in persona dei suoi procuratori speciali dott. P C e dott. M P, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MONTE ZEBIO

28, presso lo studio dell'avvocato G C, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;
FISI (FEDERAZIONE ITALIANA SPORT INVERNALI), in persona del suo Presidente e legale rappresentante dott. F R, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CRESCENZIO

91, presso lo studio dell'avvocato C L, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANTONIO DE FEO, L S V giusta procura speciale a margine del controricorso;
ZERO LUPI SRL , in persona del legale rappresentante MAGNANI PAOLO, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE ANGELICO

38, presso lo studio dell'avvocato ELENA ALLOCCA, rappresentata e difesa dall'avvocato ALESSANDRO LENTINI giusta procura speciale a margine del controricorso;
GENERALI ITALIA SPA, in persona dei procuratori speciali COLAIANNI PIERFRANCESCO e PORZIO MARCO , elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GIUSEPPE FERRARI

35, presso lo studio dell'avvocato MARCO VINCENTI, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 2251/2015 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 25/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/02/561e9::LR12274209FA88AC67EBEE::1995-06-03">2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per il rigetto del ricorso, assorbiti i ricorsi incidentali condizionati;
udito l'Avvocato M P;
udito l'Avvocato C L;
udito l'Avvocato UGO MARIA CILIBERTI per delega orale;
udito l'Avvocato ELENA ALLOCCA per delega;
udito l'Avvocato ROBERTO OTTI per delega;

FATTI DI CAUSA

.

1. Nel 2010, Emilio G, A S e Luca G, rispettivamente genitori e fratello di Roberta G, convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, la Zero Lupi S.r.l., la F.I.S.I.- Federazione Italiana Sport Invernali e F R, per vedere accertata la loro responsabilità nella causazione del decesso della figlia e sorella, occorso su di una pista da sci in località Corno alle Scale, nel corso di una selezione per l'accesso al corso per allenatori di sci alpino, riservato ai maestri di sci, organizzata dalla Federazione e dal Roda personalmente, con la collaborazione della Zero Lupi. Esposero che la G, quasi al termine della prova, in prossimità del traguardo, perdendo il controllo dei propri sci nell'impostare una curva, era finita fuori dal tracciato andando a colpire gli alberi posti a margine dello stesso e decedendo per il violento urto. Rappresentarono che sussisteva la grave responsabilità dei convenuti nella causazione dell'evento, lamentando la mancanza di protezioni adeguate a bordo pista, nonché le pessime condizioni del manto nevoso. Chiesero quindi il risarcimento dei danni subiti, iure proprio e iure ereditario. Si costituirono in giudizio i convenuti, negando che fosse loro ascrivibile alcuna colpa, in considerazione delle caratteristiche della prova sportiva o dello stato dei luoghi. Chiamarono in causa le rispettive compagnie assicuratrici Augusta Assicurazioni (oggi Generali Italia S.p.a.), il Roda e la F.I.S.I., e Assicurazioni Generali S.p.a. (anch'essa oggi confluita in Generali Italia S.p.a.). La causa fu trattenuta in decisione senza alcuna attività istruttoria, ritenendo il giudice di prime cure non contestate le circostanze rilevanti ai fini della sua definizione. Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 11531/2013, rigettò la domanda, ritenendo che la pista utilizzata per la prova non presentasse profili di pericolosità tali da suggerire l'adozione di cautele diverse da quelle adottate.

2. La decisione è stata confermata dalla Corte d'Appello di Milano, con la sentenza n. 2251 del 25 maggio 2015. La Corte di Appello, conformemente al giudice di primo grado, ha ritenuto che, nel caso di specie, la pratica sportiva messa in atto dalla danneggiata non esulava dal rischio normalmente connesso (e quindi accettato) allo sport praticato e che l'evento non era prevedibile o evitabile con l'adozione di semplici precauzioni. Infatti, la pista, larga 40 metri, pari al doppio di quella minima necessaria per le piste rosse, era stata abilitata dai prescritti provvedimenti regionali e omologata per l'attività agonistica. Non vi era alcuna ragione che imponesse la segnalazione o la protezione degli alberi ai bordi della pista, che erano perfettamente visibili e posti a distanza considerevole (5-6 mt come ammesso dagli stessi G negli scritti di primo grado e come risulta anche nella relazione di servizio del brigadiere Daniele Giovannini). Sia dalla testimonianza del Giovannini, sia dal rapporto dei Carabinieri intervenuti, oltre che dalla consulenza tecnica di parte dei convenuti, emerge che il bordo della pista dove è avvenuto non presentava elementi di rischiosità tali da far ritenere ex ante prevedibile un incidente o da far valutare quale prudente misura di sicurezza la predisposizione di una protezione mobile. La discesa era libera, in quanto ciascun candidato poteva scegliere il percorso. Di conseguenza sarebbe stato ancora più complesso localizzare una misura di sicurezza utile per ciascun candidato.In base agli elementi istruttori acquisiti, non risultava riscontrata la presenza di un dosso, bensì di un normale cambiamento di pendenza, ben raccordato. Non aveva rilievo la circostanza del precedente incidente avvenuto sul luogo, poiché tale evento si era verificato nel corso di una gara di slalom gigante, quindi in presenza di un percorso obbligato e con l'esigenza di tenere la massima velocità possibile. La G, invece, non partecipava ad una gara agonistica, ma ad una selezione per la quale non erano richieste prove di velocità. Inoltre, nessuno dei 365 maestri di sci che avevano partecipato alla competizione prima della G aveva segnalato un qualche pericolo o situazione anomala sulla pista. Non sarebbero quindi convincenti le dichiarazioni degli stessi partecipanti dopo la gara, né avrebbero valenza probatoria le altre dichiarazioni portate dai G, prelevate da siti internet. Non era poi contestato che, prima della partenza della G fossero state effettuate almeno sette discese di controllo al fine di verificare le condizioni per la prosecuzione della gara. Quanto alla condizione del manto nevoso (peraltro osservata solo dopo che la zona, a seguito dell'incidente, era stata calpestata da decine di persone), la neve bagnata, poiché rallenta l'andatura, non poteva essere stata la causa della perdita di controllo degli sci da parte della vittima. Inoltre si trattava di un'evenienza prevedibile e quindi dominabile da una sciatrice esperta come la G.

3. Avverso tale sentenza propongono ricorso in Cassazione Emilio G, A S e Luca G, sulla base di undici motivi.

3.1. Resistono con separati controricorsi la Federazione Italiana Sport Invernali e il signor F R, formulando entrambi identico ricorso incidentale condizionato sulla base di due motivi illustrati da memoria, nonché la Zero Lupi S.r.l. e Generali Italia S.p.a., quest'ultima con due separati controricorsi, l'uno quale compagnia chiamata in causa dalla Federazione e dal Roda, l'altro quale chiamata in causa dalla Zero Lupi S.r.l. I G-Schivo, a loro volta, resistono con controricorso al ricorso incidentale condizionato formulato dalla Federazione e dal Roda.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Il primo motivo (con cui si lamenta la "violazione dell'art. 360 n. 3 c.p.c., per errore e falsa applicazione degli artt. 2043, 2050 e 2051 c.c., nella parte in cui ritiene che l'incidente mortale occorso a Roberta G-ianesini rientrasse nel c.d. rischio sportivo consentito") ed il quinto motivo ("violazione dell'art. 360 n. 3 c.p.c., per errore e falsa applicazione degli artt. 1218, 2043, 2050 e 2051 c.c. nel ritenere non necessario apporre delle segnalazioni del bordo pista e protezioni agli ostacoli posti a bordo pista") possono essere esaminati congiuntamente. La sentenza, pur partendo da premesse teoriche condivisibili, finirebbe per pervenire ad una soluzione concreta erronea, ammettendo che uno sciatore accetterebbe consapevolmente, come rischio consentito ed inevitabile, quello di poter morire in seguito ad un incidente in pista. In realtà, l'unico rischio consentito, connesso alla pratica dello sci, sarebbe quello di poter perdere l'equilibrio e cadere, non quello di perdere la vita in seguito ad una caduta per la mancata predisposizione di normali protezioni. Non sarebbe poi rilevante, in base ai principi legali in tema di responsabilità, la distinzione tra la natura delle attività svolte dalla vittima del sinistro (nel caso, gara agonistica oppure prova di selezione), quanto piuttosto la condotta dei responsabili che devono dimostrare di aver adottato tutte le misure possibili per evitare il danno. Pur trattandosi di una selezione e non di una gara agonistica, i partecipanti avrebbero comunque dovuto tenere una particolare velocità. Sussisterebbe in ogni caso la responsabilità del gestore della pista e dell'organizzatore della gara in tutte le ipotesi in cui lo sciatore, cadendo sugli sci, a prescindere dalle cause della caduta, vada ad impattare contro alberi o ostacoli non protetti. La pericolosità degli alberi posti a bordo pista sarebbe stata prevedibile per aver già causato incidenti in passato. Inoltre, i profili di pericolosità della pista, consistenti negli alberi posti ai bordi, sarebbero stati evidenziati anche nel certificato di omologazione nazionale. I giudici di merito avrebbero quindi dovuto valutare se la predisposizione di reti di protezione sugli alberi avrebbe potuto diminuire la pericolosità oggettiva della pista da sci, come successo in precedenza. Inoltre, la mancanza della segnalazione obbligatoria sul bordo pista, particolarmente pericoloso nel punto precedente l'uscita di pista per la presenza di un dosso, avrebbe costituito un inganno-trabocchetto per la sciatrice, la quale non poteva comprendere dove terminava la pista né il fatto che il bordo pista era una scarpata verso gli alberi. Proprio l'incidente mortale occorso alla G confermerebbe l'obiettiva pericolosità della pista, che avrebbe potuto essere attenuata con la semplice apposizione di protezioni. Il motivo è inammissibile.Infatti, i ricorrenti, pur lamentando il vizio di violazione di legge, censurano l'accertamento di fatto compiuto dalla Corte di Appello in ordine alla mancanza di pericolosità della pista. Al riguardo, va ribadito che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un'erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge, implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa;
viceversa, l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione (Cass. S.U., n. 10313/2006;
Cass., n. 7394/2010;
Cass., n. 16698/2010;
Cass., n. 8315/2013;
Cass., n. 26110/2015;
Cass., n. 195/2016). Nel caso di specie, tuttavia, vertendosi in un'ipotesi di c.d. "doppia conforme", la deduzione di un simile vizio è preclusa ai sensi dell'art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5. In ogni caso, la ricostruzione del fatto operata dalla Corte di appello risulta adeguatamente motivata e tiene conto di tutti gli elementi indicati dai G(presenza di alberi, mancanza di segnalazione del bordo pista, asserita presenza di un dosso, precedente incidente avvenuto nel medesimo luogo). Occorre poi ricordare che, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, il giudizio di pericolosità della cosa deve essere espresso non sulla base dell'evento dannoso effettivamente verificatosi, ma secondo una prognosi postuma, che il giudice deve compiere (con il suo giudizio di merito insindacabile in cassazione se correttamente motivato) sia facendo uso delle nozioni della comune esperienza, sia in relazione alle circostanze di fatto che si presentavano al momento dell'esercizio dell'attività e che erano conosciute o conoscibili dall'agente in considerazione del tipo di attività esercitata (Cass. civ. Sez. III, 15/10/2004, n. 20334).
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi