Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 14/08/2004, n. 15882
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La qualità di cittadino di uno dei Paesi in via di sviluppo indicati dalla legge n. 49 del 1987 costituisce elemento essenziale per il conseguimento del diritto alla erogazione della borsa di studio prevista dalla stessa legge ai fini della formazione di medici specialistici, mentre non è previsto dalla legge l'ulteriore requisito della permanenza della cittadinanza straniera in capo allo specializzando fino al termine del corso, nè l'obbligo del borsista, una volta terminato questo, di tornare nel suo Paese d'origine. Ne consegue l'illegittimità della circolare del Ministero degli Affari esteri del novembre 1994, che aveva fatto riferimento ad un obbligo di rientro del borsista al termine del corso di specializzazione, in quanto introduce un requisito non richiesto dalla legge e che sarebbe in contrasto con i principi di libertà di sviluppo della personalità umana e di circolazione e lavoro, previsti dalla Costituzione.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. M S - Presidente -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. V G - Consigliere -
Dott. F C - rel. Consigliere -
Dott. D'AGOSTINO Giancarlo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende ope legis;
- ricorrente -
contro
Z N, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE ANGELICO 38, presso lo STUDIO NAPOLITANO, rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPE PALMA, PATRIZIA KIVEL MAZULY, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 4588/01 del Tribunale di NAPOLI, depositata il 13/11/01 R.G.N. 43613/98;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 17/05/04 dal Consigliere Dott. C FORO;
Udito l'Avvocato FERRANTE;
Udito l'Avvocato DE LORENZO per delega PALMA;
Udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. F R che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 24 ottobre - 13 novembre 2001 il Tribunale di Napoli, in riforma della decisione del locale Pretore, dichiarava il diritto di Az Zeqeh Nashat - medico proveniente dalla Giordania, considerato Paese in via di sviluppo - a percepire la borsa di studio assegnatagli ai sensi della legge n. 49 del 26 febbraio 1987 n. 49 e del decreto legislativo n. 257 del 1991, anche per il periodo novembre 1991-27 novembre 1992, trascorso presso la Scuola di specializzazione della Università degli Studi di Napoli. La borsa era stata negata per tale periodo in quanto il Nashat non aveva più la cittadinanza di un Paese in via di sviluppo, avendo contratto matrimonio con una italiana (era stata concessa invece per alcuni anni, dopo il novembre 1992).
Lo stesso Tribunale spiegava che nessuna disposizione di legge richiedeva la permanenza nello stato di cittadino straniero, ai fini della concessione della borsa di studio.
Del resto, aggiungevano i giudici di appello, una condizione del genere - se esistente - si sarebbe posta in insanabile contrasto con il diritto fondamentale di libertà di ogni cittadino. Avverso tale decisione il Ministero degli Affari Esteri ha proposto ricorso per Cassazione sorretto da un unico motivo.
Resiste l'Az Zequeh Nashat con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'unico motivo il Ministero ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1 e 2 della legge 26 febbraio 1987 n. 49, DPR 12 aprile 1988 n. 177, art. 6 Decreto legislativo 8 agosto 1991 n. 257, nonché motivazione omessa e contraddittoria su un punto
decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 codice di procedura civile. Il ricorrente nega qualsiasi validità alla tesi
contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale "il requisito della permanenza della qualità di cittadino straniero per il beneficio della borsa di studio di cui al decreto legislativo n. 257 del 1991, in tema di formazione di medici specialistici "non sarebbe
richiesta dalle disposizioni in vigore. Non solo la lettera, ma anche la ratio della stessa - ad avviso del ricorrente - consentono di comprendere come la concessione delle borse si inserisca nell'ambito degli interventi di cooperazione, in quanto strumento di formazione professionale di cittadini di Paesi in via di sviluppo stabilendo un preciso obbligo di rientro nel paese di origine e, prima ancora, la permanenza del requisito della cittadinanza straniera. I requisiti prescritti dalle disposizioni in vigore devono sussistere entrambi per poter accedere alla erogazione della borsa: la cittadinanza straniera dell'aspirante che deve essere di uno dei Paesi in via di sviluppo (tale requisito deve non solo sussistere al momento della domanda, ma deve permanere fino al termine dei corsi) ed inoltre che il candidato faccia rientro nel Paese di origine al termine della borsa di studio.
Nel caso di specie, sottolinea il ricorrente, il N A Z aveva chiesto ed ottenuto la cittadinanza italiana ed, in ogni caso, al termine del corso, non era più rientrato nel Paese di origine per utilizzare le conoscenze ottenute.
Il ricorso è infondato.
Con motivazione adeguata e sufficiente i giudici di appello hanno spiegato per quali ragioni la tesi del Ministero degli Affari Esteri non potesse essere condivisa.
I giudici di appello hanno spiegato che il requisito della permanenza della qualità di cittadino straniero sarebbe impedito non dalla lettera, dalla ratio della norma.
In realtà, come è stato posto in rilievo dalla sentenza impugnata, nè nella legge 26 febbraio 1987 n. 49 ne' nel suo regolamento di attuazione dettato con D.P.R. 12 aprile 1988 n. 177, comunque inapplicabile "ratione temporis", si richiede il requisito della permanenza dello stato di cittadino straniero dei beneficiari delle borse di studio.
La richiesta di pagamento dei primi ratei della borsa di studio riguarda il periodo gennaio 1991 - novembre 1992.
Appare pertanto immune da qualsiasi vizio logico e giuridico la conclusione cui è pervenuto il Tribunale, secondo il quale la qualità di cittadino straniero proveniente da uno dei Paesi in via di sviluppo indicati nella legge è elemento essenziale per il conseguimento del diritto alla erogazione della borsa di studio;ma non è previsto dalla stessa l'ulteriore requisito del mancato cambiamento di nazionalità (requisito che, osserva incidentalmente la sentenza impugnata, sarebbe del resto fortemente sospetto di illegittimità costituzionale).
Nel caso di specie, tra l'altro, come ha osservato il
controricorrente (senza alcuna contestazione da parte del Ministero degli Affari Esteri) il Dottor Az Zeqeh Nashat, all'epoca (1991/ 1992), non aveva ancora conseguito la doppia cittadinanza e successivamente non aveva affatto perduto quella straniera. Del tutto infondata, infine, appare la pretesa del Ministero ricorrente di fare assurgere ad ulteriore presupposto l'obbligo del borsista di tornare nel Paese di origine al termine del corso di specializzazione.
Tale obbligo, infatti, non era previsto originariamente dalla legge e ad esso fa riferimento solo una Circolare del Ministero degli Affari Esteri del novembre 1994.
Una Circolare, come è già stato posto in luce dalla sentenza impugnata, non ha capacità di innovare, integrare o sostituirsi ad una norma di legge, della quale rimane fonte subordinata. La Circolare in questione - oltre ad essere successiva al periodo di riferimento (novembre 1994/gennaio 1991 - novembre 1992) - è pertanto illegittima, in quanto introduce un requisito che la legge non pone affatto e che sarebbe in contrasto con i principi di libertà di circolazione e di lavoro previsti dalla Carta Costituzionale, mortificando quella libertà di esplicazione e di sviluppo della personalità umana che si esprime nell'esercizio dei diritti fondamentali dell'uomo sia esso cittadino o straniero. La Circolare, nell'interpretare la legge come destinata soprattutto a favorire la capacità di crescita del Paese e non invece quella del singole borsista, tralascia di considerare che la finalità della concessione della borsa di studio è, prima di tutto, quella di favorire la formazione professionale del singolo borsista. Con la conseguenza che questi è libero, una volta conseguita la specializzazione, di fare ritorno al suo Paese di origine, soddisfacendo così, indubbiamente, la più ampia finalità della legge sulla cooperazione, ovvero di svolgere la propria attività in un Paese del quale abbia, successivamente, chiesto ed ottenuto la cittadinanza.
Da ultimo, merita di essere sottolineata la contraddittorietà insita nel definire - ai fini della concessione della borsa dì studio - un obbligo verificabile solo ex post, cioè dopo la concessione della borsa di studio e, quindi, dopo il completamento della scuola di specializzazione e l'effettiva prestazione, da parte dello specializzando, di una attività a tempo pieno, che deve essere remunerata, ai sensi dell'art. 36 della Costituzione, proprio mediante la concessione di una borsa di studio.
Appare circostanza sintomatica - e sotto altro profilo contraddittoria rispetto alla tesi qui astenuta dal Ministero - che quest'ultimo abbia negato la borsa di studio per i primi due anni, concedendola, invece, per gli anni successivi.
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo. Le spese devono essere distratte in favore degli avvocati antistatali, che ne hanno fatto richiesta.