Cass. civ., sez. III, sentenza 10/12/2021, n. 39232

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 10/12/2021, n. 39232
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 39232
Data del deposito : 10 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

eguente ULOA&. SENTENZA sul ricorso 29169-2018 proposto da: S F, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FLAMINIA VECCHIA

691, presso lo studio dell'avvocato M F L, che la rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

C G, elettivamente domiciliato in ROMA,

CIRCONVALLAZIONE CLODIA

88, presso lo studio dell'avvocato G A, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato M R;
- con troricorrente - nonchè

contro

B A, B A G, B B, N D, N M, N E;

- intimati -

avverso la sentenza n. 602/2017 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, depositata il 10/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/06/2021 dal Consigliere Dott. ANTONEETTA SCRIMA.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 2 settembre 1987, F S ed altri comproprietari dell'immobile denominato "Albergo Villa Cherubino", sito in Assisi, adirono il Tribunale di Perugia per ottenere la restituzione dell'edifico, ritenendo cessato, con decorrenza 31/03/1983, il contratto di locazione intercorso con G C. Gli attori chiesero, altresì, il risarcimento del danno per ritardata restituzione e la liberazione del terreno attiguo all'immobile e della casa del colono. Si costituì il C, resistendo alle domande proposte dalle controparti. Sostenne, in particolare, di detenere legittimamente l'immobile sia per esserne anch'egli comproprietario, sia in ragione del fatto che i locatori non gli avevano corrisposto l'indennità di avviamento commerciale. Il Tribunale di Perugia emise, all'esito dell'istruttoria, una prima sentenza non definitiva, accertando che il contratto di locazione era cessato ad ogni effetto dal 31 marzo 1983 e che il C era comproprietario dell'immobile per la quota di 4/96, successivamente aumentata a 50/320 per l'acquisto della quota di Maria Teresa Ravelli. La Corte di appello di Perugia, riunite le impugnazioni separatamente proposte da entrambe le parti avverso la sentenza, condannò il C al rilascio dell'immobile. Ric. 2018 n. 29169 sez. 53 - ud. 09-06-2021 - 2 - Quest'ultimo propose ricorso per cassazione, che venne accolto dalla Corte di Cassazione con rinvio alla Corte di appello di Firenze. All'esito del giudizio di rinvio, il C venne condannato al rilascio dell'intero immobile con sentenza n. 1557/03. Il giudizio di legittimità relativo alla decisione di appello si concluse con la sentenza di questa Corte n. 15604/2007 di rigetto del ricorso proposto dal C. Il giudizio innanzi al Tribunale di Perugia proseguì con l'emissione di una nuova sentenza non definitiva, n. 2037/2010, che rigettò la domanda attorea di risarcimento del danno da ritardata riconsegna dell'immobile, dichiarò cessata la materia del contendere tra il C e Maria Teresa Ravelli, alla luce della transazione inter partes stipulata in data 9 dicembre 1997 (e in forza della quale il primo era divenuto comproprietario dell'albergo nella misura di 50/320), dispose nuova c.t.u. per la quantificazione della somma dovuta dal C a titolo di canoni di locazione nel periodo tra il 10 aprile 1983 e il 9 dicembre 1997. Con sentenza definitiva n. 86/2013 il Tribunale di Perugia, precisato che l'attrice non aveva mai chiesto la corresponsione dei canoni nel periodo compreso tra il 1983 e il 1997, affermò che il rapporto tra le parti, successivamente al 9 dicembre 1997, doveva ritenersi regolato dalle norme sulla comunione. Pertanto, respinse integralmente le richieste risarcitorie e di indennizzo proposte dagli attori. Avverso detta sentenza e avverso la sentenza non definitiva n. 2037/2010, F S interpose appello, in proprio e quale erede di A S. La Corte di appello di Perugia, in accoglimento dell'appello, condannò G C al pagamento, in favore di S F, della somma di curo 13.687,25, «da ridurre Ric. 2018 n. 29169 sez. 53 - ad. 09-06-2021 - 3 - proporzionalmente secondo la quota di comproprietà dell'immobile», oltre interessi di legge. La Corte territoriale reputò che il C avesse legittimamente ritenuto l'immobile fino al momento in cui i locatori non lo avevano costituito in mora, attraverso l'offerta reale di pagamento dell'indennità di avviamento. Quanto al fatto che il locatore fosse contestualmente anche comproprietario dell'edificio, la Corte ritenne che tale circostanza non incidesse sull'obbligo di riconsegna, potendo al più determinare una riduzione dell'ammontare del canone preso a riferimento quale criterio di quantificazione del danno, proporzionalmente alla quota di comproprietà. Per quanto ancora in questa sede rileva, la Corte territoriale reputò, altresì, sine titulo l'occupazione - da parte del C - dei terreni circostanti la struttura e della casa del colono, quantificò il danno per mancata restituzione dei beni già locati, ex art. 1591 cod. civ., a decorrere dal 12 luglio 2009 (data di notifica dell'offerta reale di pagamento dell'indennità di avviamento) sino all'effettivo rilascio, nella somma di euro 8.687,25, (euro 10.296,00 da cui quella Corte detrasse i 50/230 relativi alla comproprietà del C), precisando che detto danno andava quantificato prendendo a parametro l'importo del canone vigente al momento della cessazione del titolo locatizio e tenendo conto della quota parte di proprietà dell'appellante. Per l'occupazione abusiva dell'abitazione del colono e dei terreni, la Corte dispose il risarcimento del danno, determinato equitativamente nella somma di euro 5.000,00. La Corte di merito, pertanto, in accoglimento dell'appello, condannò il C al pagamento, in favore di F S, della somma di euro 13.687,25 da ridurre proporzionalmente secondo la quota di comproprietà dell'immobile, oltre interessi di legge dalla data di quella pronuncia, e condannò l'appellato C alle spese di lite. Ric. 2018 n. 29169 sez. 53 - ud. 09-06-2021 - 4 - Avverso la pronuncia della Corte territoriale ha interposto ricorso per cassazione in cinque motivi F S, in proprio e quale erede di A S. Ha resistito con controricorso G C. Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli intimati Alessandra, Alberto Giuseppe e Bruna Biondi nonché Donatella, Maurizio ed Emanuele Neri. Fissato per l'udienza pubblica del 9 giugno 2021, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal sopravvenuto art. 23, comma 8-bis, del decreto legge n. 137 del 2020, inserito dalla legge di conversione n. 176 del 2020, senza l'intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale. Il P.M., in prossimità della camera di consiglio, ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l'accoglimento del secondo e terzo motivo di ricorso. Sia la ricorrente che il controricorrente hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1591 c.c. prima parte (diritto al pagamento dell'indennità di occupazione) e dell'art. 1220 c.c. (offerta non formale)» per avere la Corte territoriale negato il risarcimento del danno subito dai proprietari dello stabile nel periodo antecedente alla data di offerta reale del pagamento dell'indennità di avviamento commerciale al C. Osserva la Sommaruga che se il diritto al risarcimento del maggior danno è legato all'offerta dell'indennità di perdita d'avviamento, al contrario l'indennità di occupazione è comunque dovuta al conduttore fino al momento dell'effettiva riconsegna, a Ric. 2018 n. 29169 sez. 53 - ud. 09-06-2021 -5- prescindere dalla corresponsione di (rectius: dall'offerta formale di corrispondere) detta identità. La Corte territoriale non avrebbe rettamente inteso la massima giurisprudenziale richiamata in motivazione (Cass. n. 19634/2016), così erroneamente pervenendo a tali conclusioni. Sostiene la ricorrente che il conduttore, il quale alla scadenza del contratto rifiuti la restituzione dell'immobile, in attesa che il locatore gli corrisponda l'indennità di avviamento dovuta, è pur sempre obbligato al pagamento del corrispettivo convenuto per la locazione, anche se il risarcimento del maggior danno resta condizionato all'offerta formale dell'indennità di avviamento.

1.1. Il motivo è fondato. 2 Tzs pur vero che questa Corte ha affermato in alcune sue pronunce che «nei rapporti di locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo, in cui l'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile è condizionata all'avvenuto versamento della indennità per l'avviamento commerciale, ex artt. 34, comma 3, e 69, comma 8, della I. n. 392 del 1978, fin quando tale corresponsione non avvenga, anche solo nella forma dell'offerta reale non accettata, la ritenzione dell'immobile da parte del conduttore avviene "de iure" e rappresenta la causa di giustificazione impeditiva della scadenza dell'obbligo di consegna, con la conseguenza che non insorgono la mora nella riconsegna ed il conseguente obbligo di risarcimento ai sensi dell'art.1591 c.c.» (Cass. 3/10/2016, n. 19634;
Cass., ord., 16/10/2017, n. 24285;
Cass., ord., 27/03/2018, n. 13492). Tali precedenti, tuttavia, non si confrontano con i principi affermati dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte 15/11/2000, n. 1177 che ha esaminato funditus la questione relativa al rapporto tra la disciplina dettata dal codice civile all'art. 1591 e quella posta dall'art. 69 della legge n. 392 del 1978 (seguita da numerose pronunce conformi)t che ha affermato, sulla base di esaustiva motivazione cui si rinvia, il principio - condiviso da questo Ric. 2018 n. 29169 sez. 53 - ud. 09-06-2021 - 6 - Collegio e che va ribadito in questa sede - così ufficialmente massimato: «Nelle locazioni di immobili urbani adibiti ad attività commerciali disciplinate dagli artt. 27 e 34 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (e, in regime transitorio, dagli artt. 68, 71 e 73 della stessa legge), il conduttore che, alla scadenza del contratto, rifiuti la restituzione dell'immobile, in attesa che il locatore gli corrisponda la dovuta indennità di avviamento, è obbligato al solo pagamento del corrispettivo convenuto per la locazione, e non anche al risarcimento del maggior danno». È stato pure affermato - proprio nel solco della pronuncia delle Sezioni Unite appena richiamate - che in materia di locazioni di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello abitativo, dal momento della cessazione del rapporto contrattuale sino a quello del pagamento dell'indennità di avviamento si viene ad instaurare tra le parti un rapporto ex lege, che risulta collegato geneticamente a quello precedente, ma nel quale le rispettive obbligazioni non si pongono in relazione di sinallagmaticità. Ne consegue che il conduttore, rimasto nella detenzione dell'immobile, per sottrarsi all'obbligo di pagamento del canone non può invocare l'applicazione dell'art. 1460 cod. civ., dovendo piuttosto compiere l'offerta di restituzione del bene a norma dell'art. 1216 cod. civ. Quanto al pagamento dei canoni, il conduttore, alla scadenza del contratto, resta obbligato al pagamento dei canoni tutte le volte in cui permanga nella detenzione dell'immobile (quand'anche sia cessato l'esercizio dell'attività commerciale nell'immobile locato), a nulla rilevando che il locatore sia a sua volta inadempiente all'obbligo di pagamento dell'indennità per la perdita dell'avviamento. Per sollevarsi da tale obbligo, il conduttore hai l'onere di costituire in mora il locatore offrendo contestualmente, anche in modo informale, la restituzione dell'immobile (Cass., n. 15876/2013). Ric. 2018 n. 29169 sez. 53 - uct 09-06-2021 - 7 - Va pure posto in rilievo che questa Corte con la sentenza 20/01/2016, n. 890, che richiama espressamente l'arresto delle Sezioni Unite sopra menzionato, ha affermato che: «Nelle locazioni di immobili urbani adibiti ad attività commerciali, disciplinate dagli artt. 27 e 34, della I. n. 392 del 1978 (e, in regime transitorio, dagli artt. 68, 71 e 73 della stessa legge), il conduttore che, alla scadenza del contratto, rifiuti la restituzione dell'immobile, in attesa che il locatore gli corrisponda la dovuta indennità di avviamento, è esonerato solo dal risarcimento del maggior danno ex art. 1591 c.c., restando comunque obbligato al pagamento del corrispettivo convenuto per la locazione, salvo che offra al locatore, con le modalità dell'offerta reale formale ex artt. 1216, comma 2, e 1209 c.c., la riconsegna del bene condizionandola al pagamento dell'indennità di avviamento medesima, atteso il forte legame strumentale che lega le due prestazioni». Orbene, nel caso di specie, la Corte territoriale, richiamando Cass.19634/2016, ha rigettato la domanda di risarcimento del danno da occupazione abusiva, fino al 2009, e cioè fino al momento dell'offerta formale, da parte dei locatori, del pagamento dell'indennità di avviamento, ritenendo sussistente il diritto di ritenzione del conduttore finché questi «non venga messo in mora tramite la proposta di offerta reale, a prescindere a'al fatto che questa venga poi accettata o meno. Solo a decorrere da tale momento il titolo di rilascio non è più inibito per legge ed acquista efficacia, così da far nascere in capo al locatore il diritto al risarcimento per la ritardata consegna ex art. 1591 C.C.». Poiché l'offerta documentale risulta perfezionata in data 10 luglio 2009, solo da tale momento deve, per la Corte di merito, calcolarsi il periodo in cui il conduttore ritarda la restituzione (salvo poi, per mero evidente lapsus calami, v. sentenza p. 10, far riferimento per il 9\( Ric. 2018 n. 29169 sez. .53 - ud. 09-06-2021 - 8 - calcolo di tale danno alla data de112.7.2009, come pure evidenziato dalla ricorrente). L'odierna ricorrente afferma che la Corte avrebbe dovuto, nel rispetto dei - dalla medesima - citati orientamenti giurisprudenziali, disporre il pagamento dei canoni di locazione per il periodo corrispondente all'esercizio del diritto di ritenzione da parte del C. E tale doglianza risulta fondata, non avendo la Corte di merito al riguardo fatto corretta applicazione dei principi sopra riportati.
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