Cass. civ., sez. VI, sentenza 25/02/2015, n. 3780
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I vizi di genericità o indeterminatezza dei motivi del ricorso per cassazione non possono essere sanati da integrazioni, aggiunte o chiarimenti contenuti nella memoria di cui all'art. 378 cod. proc. civ., la cui funzione è quella di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrare quelli originariamente inammissibili.
Sul provvedimento
Testo completo
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. F M - Presidente -
Dott. V R - Consigliere -
Dott. A U - Consigliere -
Dott. F R - Consigliere -
Dott. S L A - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 26978-2011 proposto da:
F.LLI FARA DI FARA ROSARIO &C. SNC 01500920846 in persona del socio amministratore e legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 71, presso lo studio dell'avvocato A B, rappresentata e difesa dall'avvocato B T, giusta procura speciale in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
SIAT DI S G &C. SNC;
- intimata -
avverso la sentenza n. 551/2011 della CORTE D'APPELLO di PALERMO del 25.3.2011, depositata il 03/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/10/2014 dal Consigliere Relatore Dott. L A S;
udito per la ricorrente l'Avvocato A B (per delega avv. T B) che si riporta al ricorso e alla memoria. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 3/5/2011 la Corte d'Appello di Palermo, in accoglimento del gravame interposto dalla società Siat di Salamone Giuseppe &C. s.a.s. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Sciacca 27/3/2006, ha respinto la domanda nei confronti della medesima monitoriamente azionata dalla società F.lli FARA di FARA Lorenzo &C. s.n.c. di pagamento di somma a titolo di preteso corrispettivo del godimento di "diverse macchine concesse a nolo".
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società F.lli FARA di FARA Lorenzo &C. s.n.c. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, illustrati da memoria. L'intimata non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1 motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Con il 2 motivo denunzia "omessa, insufficiente e contraddittoria" motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili.
Va anzitutto posto in rilievo come il ricorso risulti formulato in violazione del disposto di cui all'art. 366 c.c., comma 1, n. 3, in quanto compendiato sostanzialmente dalla mera riproduzione di parte degli atti del giudizio di merito (es., le conclusioni dalla controparte società SIAT s.a.s. spiegate nell'atto di opposizione al decreto ingiuntivo;le proprie conclusioni precisate nel giudizio di 1 grado;il dictum della sentenza di 1 grado, le conclusioni assunte dalla controparte nell'atto di appello;il dictum della sentenza di 1 grado), laddove è al riguardo necessario che dei medesimi vengano riportati gli specifici punti di interesse nel giudizio di legittimità, con eliminazione del "troppo e del vano", non potendo gravarsi questa Corte del compito, che non le appartiene, di ricercare ed utilizzare ciò che possa servire (v. Cass., Sez. Un., 11/4/2012, n. 5698;Cass., 14/6/2011, n. 12955;Cass., 22/10/2010, n. 21779;Cass., 23/6/2010, n. 15180;Cass., 18/9/2009, n. 20093;Cass., Sez. Un., 17/7/2009, n. 16628). Il ricorrente è pertanto al riguardo tenuto non già ad un'attività materiale meramente compilativa, alternando pagine con richiami ad atti processuali del giudizio di merito alla relativa allegazione o trascrizione, bensì a rappresentare e interpretare i fatti giuridici in ordine ai quale richiede l'intervento della Corte Suprema, trovando a tale stregua ragione il tenore dell'art. 366 c.p.c. là dove impone di redigere il ricorso per cassazione esponendo sommariamente i fatti di causa, sintetizzando cioè i medesimi con selezione dei profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice, nonché indicazione delle ragioni di critica nell'ambito della tipologia dei vizi elencata dall'art. 360 c.p.c., in un'ottica di economia processuale che evidenzi i profili rilevanti ai fini della formulazione dei motivi di ricorso, che altrimenti finiscono per risolversi in censure astratte e prive di supporto storico (v. Cass., 23/6/2010, n. 15180). Un tanto anche e in particolare avuto riguardo al requisito - richiesto a pena di inammissibilità - ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nel caso non osservato laddove viene operato il riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito es., il "contratto intercorso tra le parti in causa ... qualificato come "nolo a freddo"" senza che gli stessi risultino debitamente - per la parte d'interesse in questa sede - riprodotti nel ricorso ne' puntualmente ed esaustivamente indicati i dati necessari al relativo reperimento in atti (es., la "deposizione resa dal teste Vitale Antonino all'udienza del 23 dicembre 2002") (v. Cass., Sez. Un., 3/11/2011, n. 22726;Cass., 23/9/2009, n. 20535;Cass., 3/7/2009, n. 15628;Cass., 12/12/2008, n. 29279), con riferimento (anche) alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l'esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell'esatta collocazione nel fascicolo d'ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937;Cass., 12/6/2008, n. 15808;Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza pur di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., 19/9/2011, n. 19069;Cass., 23/9/2009, n. 20535;Cass., 3/7/2009, n. 15628;Cass., 12/12/2008, n. 29279. E da ultimo, Cass., 3/11/2011, n. 22726;Cass., 6/11/2012, n. 19157). Non sono infatti sufficienti affermazioni - come nel caso - apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente viceversa porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851). Nè al riguardo alcun rilievo può invero assegnarsi alla riproduzione nella memoria ex art. 378 c.p.c. di parte dell'art. 5 del contratto tra le parti stipulato oggetto di causa giacché (al di là della riproduzione meramente parziale del medesimo e della - persistente - mancanza di esaustiva indicazione dei dati necessari al suo reperimento in atti) il vizio del ricorso per cassazione non può essere invero sanato da integrazioni, aggiunte o chiarimenti contenuti nella memoria di cui all'art. 378 c.p.c., essendo la relativa funzione quella di meramente illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente enunziati nel ricorso, sicché non è idonea a far venire meno una causa di inammissibilità ex art. 366 c.p.c. del ricorso, sostituendosi quoad effectum ad essi (cfr. Cass., 15/4/2011, n. 8749;Cass., 29/3/2006, n. 7237;Cass., 7/4/2005, n. 7260. E già Cass., Sez. Un., 19/05/1997, n. 4445: Cfr. altresì, con riferimento alla memoria ex art. 380 bis c.p.c., Cass., 23/8/2011, n. 17603). Deve quindi porsi in rilievo che il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5 non consiste invero nella difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle prove preteso dalla parte rispetto a quello operato dal giudice di merito (v. Cass., 14/3/2006, n. 5443;Cass., 20/10/2005, n. 20322). La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce infatti al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, di dare (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (v. Cass., 7/3/2006, n. 4842;. Cass., 27/4/2005, n. 8718). Va al riguardo d'altro canto ribadito che il vizio di motivazione non può essere invero utilizzato per far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte, non valendo esso a proporre in particolare un pretesamente migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all'ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti attengono al libero convincimento del giudice (cfr. Cass., 9/5/2003, n. 7058). Il motivo di ricorso per cassazione viene altrimenti a risolversi in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice del merito, id est di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di legittimità.
Nè ricorre d'altro canto vizio di omessa pronuncia su punto decisivo qualora la soluzione negativa di una richiesta di parte sia implicita nella costruzione logico-giuridica della sentenza, incompatibile con la detta domanda (v. Cass., 18/5/1973, n. 1433;Cass., 28/6/1969, n. 2355). Quando cioè la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte comporti necessariamente il rigetto di quest'ultima, anche se manchi una specifica argomentazione in proposito (v. Cass., 21/10/1972, n. 3190;Cass., 17/3/1971, n. 748;Cass., 23/6/1967, n. 1537). Secondo risalente orientamento di questa Corte, al giudice di merito non può infatti imputarsi di avere omesso l'esplicita confutazione delle tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, giacché ne' l'una ne' l'altra gli sono richieste, mentre soddisfa l'esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento come nella specie risulti da un esame logico e coerente, non di tutte le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, bensì di quelle ritenute di per sè sole idonee e sufficienti a giustificarlo.
In altri termini, non si richiede al giudice del merito di dar conto dell'esito dell'avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell'adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse (v. Cass., 9/3/2011, n. 5586). Emerge dunque evidente come, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni della ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, si risolvono in realtà nella mera doglianza circa l'asseritamente erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell'inammissibile pretesa di una lettura dell'asserto probatorio diversa da quella nel caso dal medesimo operata (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932). Per tale via, lungi dal censurare la sentenza per uno dei tassativi motivi indicati nell'art. 360 c.p.c., in realtà sollecita, contra ius e cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento degli stessi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443). All'inammissibilità dei motivi consegue l'inammissibilità del ricorso.
Non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l'intimata svolto attività difensiva.