Cass. civ., sez. V trib., sentenza 26/06/2003, n. 10201
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In tema di compravendita immobiliare, ed al fine del computo dell'aliquota IVA, la quota di mutuo che costituisce parte del prezzo corrisposto al cedente ed accollata dal cessionario va computata nella base imponibile per la determinazione dell'imposta sul valore aggiunto.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P E - Presidente -
Dott. D'ALONZO Michele - rel. Consigliere -
Dott. F N - Consigliere -
Dott. R G - Consigliere -
Dott. B G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO delle FINANZE (ora MINISTERO dell'ECONOMIA e delle FINANZE), in persona del Ministro pro tempore, legalmente domiciliato in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12 presso l'Avvocatura Generale dello Stato che lo difende ope legis;
- ricorrente -
contro
la s.r.l. CO.GE.LA, con sede in Latina alla Via E. Filiberto n. 9, in persona del legale rappresentante pro tempore A T (domiciliato in Latina al Viale Picasso, Centro Morbella);
- intimata -
avverso la sentenza n. 293/21/97 depositata il 4 dicembre 1997 dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio. - udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 4 febbraio 2003 dal Cons. Dott. Michele D'ALONZO;
- udito l'avv. dello Stato A D S;
- udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. U D A, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso notificato alla s.r.l. CO.GE.LA. il 19 gennaio 1999 (depositato il 3 febbraio 1999), il Ministero delle Finanze ricorreva avverso la sentenza n. 293/21/97 depositata il 4 dicembre 1997 dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio che aveva confermato la decisione (n. 78/03/96) con la quale la Commissione Tributaria di primo grado di Latina aveva accolto il ricorso proposto dalla predetta società avverso la parte dell'avviso di rettifica della dichiarazione IVA relativa all'anno 1993 in cui era stata ad essa contestata "l'omessa fatturazione di parte dei corrispettivi convenuti per la cessione di alcuni appartamenti" e, allegando (in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. ed all'art. 62, primo comma, D. Lg.vo 31 dicembre 1992 n. 546) "violazione e falsa applicazione dell'art. 13, primo comma, DPR 26.10.1972 n. 633 e dell'art. 1213 c.c." nonché "motivazione insufficiente ed illogica su punti decisivi della controversia", chiedeva, con vittoria di spese, di "annullare in parte qua l'impugnata sentenza" dichiarando "la legittimità della rettifica ... nella parte relativa alla tassazione degli importi dei corrispettivi soddisfatti mediante accollo del mutuo da parte dei cessionari". La società intimata non si costituiva in giudizio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Nella sentenza impugnata si legge:
"esattamente i giudici di primo grado pongono in evidenza che dal contratto tipo di compravendita risulta il prezzo pattuito dell'immobile, la somma corrisposta e quella residua da corrispondersi sul medesimo mediante accollo del mutuo. . in virtù del citato contratto la parte acquirente si è assunta in proprio e limitatamente alla quota accollata tutti gli obblighi derivanti dal mutuo alla società venditrice.
In altre parole, i maggiori oneri derivanti dal mutuo non possono in alcun modo essere considerati operazioni accessorie rispetto alla cessione del bene".
2. Con l'unico motivo di gravame il Ministero ricorrente - dopo avere esposto che "i giudici tributari hanno incongruamente ritenuto che l'accollo del mutuo inerisse al contratto di finanziamento a suo tempo stipulato dal costruttore dell'immobile, e non pure alla cessione dell'immobile" e che, quindi, "le somme dovute dal cessionario all'Istituto di credito a titolo di restituzione del capitale e di interessi seguissero la disciplina fiscale del finanziamento e non concorressero a determinare l'imponibile della vendita, che sarebbe costituito dalle sole somme concretamente pagate al cedente" - deduce, ai sensi degli "artt. 360 ... n. 3 e 5 c.p.c. e ... 62, primo comma, D. L.vo 31 dicembre 1992 n. 546", (a)
che con tale decisione il giudice a quo è incorso in "violazione e falsa applicazione dell'art. 13, primo comma, DPR 26.10.1972 n. 633 e dell'art. 1213 c.c." nonché b) che la decisione stessa sia affetta da "motivazione insufficiente ed illogica su punti decisivi della controversia" in quanto l'art. 13, primo comma, d.p.r. 633/72 dispone espressamente che "la base imponibile delle cessioni di beni .... è costituito dall'ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente secondo le condizioni contrattuali, compresi.... i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario". Il Ministero ritiene "tale previsione... del tutto ovvia" perché, a suo giudizio, "agli stessi risultati si Corte Suprema di Cassazione R.G. n. 19S9/99 -4/9 - perverrebbe attraverso la corretta applicazione dei principi generali in tema di vendita e di accollo":
essendo "il prezzo di vendita ... costituito non solo dalla somma versata al venditore, ma anche dall'importo dei debiti accollati al compratore" ed essendo "l'accollo ... uno schema negoziale astratto nel quale occorre distinguere una pluralità di rapporti" - "un rapporto di valuta tra il terzo assuntore ed il creditore, ed un sottostante rapporto di provvista tra debitore accollato terzo (accollante)" -, "i giudici tributari si sono ... limitati ad esaminare il rapporto esteriore che si instaura tra l'accollante ed il creditore, e che attiene alla estinzione del contratto di finanziamento, ed hanno completamente ignorato l'elemento causale dell'accollo, costituito dall'animus solvendi dell'accollante nei confronti dell'accollato", cioe,' hanno ignorato che il cessionario si è accollato il debito del venditore per estinguere la propria obbligazione di pagamento nei confronti di quest'ultimo, e che pertanto l'assunzione dell'obbligo di liberare il venditore dalle obbligazioni verso il proprio creditore costituisce una forma di adempimento della sua obbligazione di pagare il prezzo di vendita. Pertanto, l'accollo del mutuo non rappresenta affatto un'operazione diversa rispetto alla vendita, come hanno sostanzialmente ritenuto i giudici tributari, ma costituisce piuttosto una modalità di adempimento dell'obbligazione di pagamento assunta con la venditrice che concorre a determinare il corrispettivo della vendita, alla pari del pagamento eseguito nei diretti confronti del venditore". La censura proposta dal Ministero deve essere accolta.