Cass. civ., sez. I, sentenza 15/07/2004, n. 13115

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In tema di espropriazione per pubblica utilità, a sostegno di pretese indennitarie verso l'espropriante relative all'attività industriale - pregiudicata dall'espropriazione - svolta da soggetto diverso dal proprietario attraverso il godimento, a titolo di comodato, del suolo espropriato e dei manufatti su di esso installati, non è invocabile l'applicazione ne' dell'art. 19 della legge n. 865 del 1971 - che facultizza all'opposizione, oltre ai proprietari, gli "altri interessati" - essendo questi ultimi individuabili nei titolari di diritti o pretese reali sul bene, in concorso ovvero in conflitto con la posizione dei proprietari; ne' dell'art. 17 della stessa legge n. 865, che si riferisce soltanto al "fittavolo, mezzadro, colono o compartecipante"; ne' dell'art. 27 della legge n. 2359 del 1865, che si riferisce soltanto al "conduttore" del fondo (senza, peraltro, attribuirgli un ulteriore, autonomo indennizzo rivolto a compensare il pregiudizio per le attività di fatto espletate sull'immobile ed interrotte dall'espropriazione); ne' degli artt. 39 e 40 della stessa legge n. 2359, che si riferiscono esclusivamente all'"indennità dovuta all'espropriato" per la perdita del suo diritto dominicale, in conformità, del resto, alla "ratio" ed al contenuto dell'intera legge, la quale non prevede che all'imprenditore, sia esso o meno proprietario dell'immobile, spetti un'indennità per il fatto di vedere dissolta l'organizzazione aziendale.

In tema di espropriazione per pubblica utilità, la legittimazione ad opporsi contro la stima amministrativa delle indennità di espropriazione ed occupazione va presuntivamente riconosciuta non a tutti i soggetti che chiedano e/o ottengano l'accatastamento dei suoli espropriati e/o dei manufatti che su di essi insistono, bensì a chi sia indicato negli atti del procedimento ablativo come proprietario del fondo, e quindi titolare del diritto indennitario, fino a quando non si deduca e dimostri un errore al riguardo; sicché limitatamente a quest'ultimo soggetto non sono necessarie ulteriori allegazioni o prove in ordine alla spettanza del diritto di proprietà, essendo per un verso la sua legittimazione insita nella coincidenza con il soggetto indicato in quella fase come titolare dei diritti indennitari, e, per altro verso, vertendosi in tema di tutela di posizioni creditorie, e non di rivendicazione o, comunque, di azioni di natura reale; invece a chi si pretenda effettivo titolare della proprietà sull'immobile la legittimazione è riconosciuta soltanto in presenza della prova della sua qualità di proprietario, contrastante con quanto risulta dalla procedura ablativa. (Nella fattispecie la S.C. ha escluso la legittimazione dell'autore di costruzione realizzata sul suolo altrui espropriato, non essendo stata fornita la prova del titolo che superava la regola dell'accessione della proprietà del manufatto alla proprietà del suolo, ai sensi dell'art. 934 cod. civ., ne' essendo tale prova surrogabile da equipollenti, quali la richiesta di accatastamento dei manufatti o di sanatoria edilizia).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 15/07/2004, n. 13115
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13115
Data del deposito : 15 luglio 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D M R - Presidente -
Dott. P U R - Consigliere -
Dott. C W - Consigliere -
Dott. S S - rel. Consigliere -
Dott. P C - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI GABBIA GIUSEPPE IN PROPRIO E QUALE LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA S.A.S. ADOLFO DI GABBIA E FIGLIO DI GIUSEPPE DI GABBIA &
e, elettivamente domiciliato in

ROMA LUNGOTEVERE FLAMINIO

46 presso STUDIO GREZ, rappresentato e difeso dagli avvocati N CALOGERO E BENUSSI DOMENICO giusta mandato a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
A.N.A.S.;
CONSORZIO MONTENERO S.C.A.R.L.;



- intimati -


avverso la sentenza n. 31/02 della Corte d'Appello di FIRENZE, depositata il 12/01/02;

udita la relaziona della causa svolta nella Pubblica udienza del 11/02/2004 dal Consigliere Dott. S S;

udito per il ricorrente, l'Avvocato N che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A U che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1. La Corte di appello di Firenze con sentenza non definitiva dal 29 maggio 2000 n. 981 ha dichiarato il difetto di legittimazione della s.n.c. A. D G e figlio a richiedere l'indennità per l'avvenuta occupazione temporanea (in seguito a decreto prefettizio dell'8 settembre 1990) e successiva espropriazione (con decreto prefettizio del 16 settembre 1998) di alcuni terreni e sovrastanti impianti industriali da parte del Consorzio Montanaro, ubicati nel territorio del comune di Livorno (in catasto al fg. 48, part. 574) onde realizzare per conto dell'ANAS la variante di Livorno della via Aurelia. Ha dichiarato altresì la legittimazione attiva di G D G, proprietario degli immobili ed il difetto di legittimazione passiva dell'ANAS che, con concessione traslativa, aveva attribuito i poteri di compiere la procedura ablativa al Consorzio.
Con sentenza definitiva, del 12 gennaio 2002 ha respinto anche le domande del D G.
Ha osservato nelle due decisioni: a) che unico soggetto legittimato a proporre opposizione alla stima ovvero a chiedere la determinazione dell'indennità è il proprietario dell'immobile che nella specie risultava essere G D G;
che la società non aveva prodotto alcun atto di conferimento dei terreni in suo favore;
e che nessun rilievo avevano a tal fine le dichiarazioni ICI, ovvero la richiesta di concessione in sanatoria dei fabbricati, ne' il contratto di comodato intercorrente con il proprietario, non opponibile all'espropriante;
b) che l'immobile aveva destinazione non edificabile, essendo classificato nel P.R.G. del comune di Livorno in zona E 40 agricola, per cui l'indennità era stata correttamente calcolata con il criterio tabellare di cui alla legge 865/1971 e con l'aggiunta del valore di mercato dei manufatti, pur se per essi non era stato concesso il condono;
Oche non era applicabile lo speciale indennizzo previsto dall'art. 46 della legge 2359 del 1865 appartenente alla competenza del Tribunale, ne' il criterio di calcolo dell'indennità c.d. differenziale di cui al precedente art. 40 perché il danno all'attività industriale era stato invocato dalla società non legittimata a ricevere l'indennizzo;
e perché la natura agricola dal terreno escludeva qualsiasi pregiudizio del proprietario.
Per la cassazione della sentenza G D G sia in proprio che n.q. di legale rappresentante della società ha proposto ricorso per quattro motivi. Il Consorzio e l'ANAS non hanno spiegato difese. MOTIVI DELLA DECISIONE


2. Con il terzo motivo del ricorso, dall'evidente carattere pregiudiziale per la questione di legittimazione prospettata, i ricorrenti, denunciando violazione degli art. 10 e segg. della legge 865 del 1971, 27 e 52 della legge 2359 del 1865 e 100 cod. proc. civ.
censurano la sentenza impugnata per aver dichiarato il difetto di legittimazione della s.n.c. D G a richiedere la determinazione giudiziale della indennità di espropriazione che aveva avuto per oggetto non solo i terreni, ma anche le costruzioni da essa realizzate per svolgervi attività industriale, senza considerare che detta legittimazione spetta (anche per giurisprudenza del tutto pacifica) ai soggetti che negli atti catastali risultino proprietari del bene e che i manufatti in questiona erano stati accatastati a noma di essa società che aveva peraltro presentato apposita domanda di sanatoria edilizia. Rilevano ancora che lo stesso art. 19 attribuisce detta legittimazione non soltanto ai proprietari del suolo, ma anche agli "altri interessati" in cui perciò rientrava la società che, con l'esercizio dall'attività industriale aveva conferito ai terreni un plusvalore da calcolare nella stima dell'indennizzo;
e che essendo essa comodataria di questi ultimi aveva il diritto per il disposto degli art. 27, 52 e segg. della legge generale del 1865 di agire o intervenire in giudizio a tutela delle proprie ragioni indennitarie.
Con il quarto motivo, deducendo altra violazione delle medesime norme, lamentano che la Corte di appello abbia disatteso pure il principio della unicità dell'indennità, che consentiva al D G, proprietario dei terreni espropriati, di far valere anche il pregiudizio oggettivo subito dalla società da includere nella determinazione dell'indennizzo, e perciò anche alla società di agire autonomamente per la tutela della propria posizione, in definitiva questa estromettendo dal giudizio, e, per altro, verso precludendo al proprietario dei terreni di tutelarne le ragioni.

3. Entrambi i motivi sono infondati.
Tanto la sentenza impugnata, quanto il ricorrente hanno riferito che l'espropriazione ha avuto per oggetto un appezzamento di terreno esteso mq. 4400 iscritto nel N.C.E.U. del comune di Livorno al fg. 48 part. 574 onde consentire agli enti convenuti la realizzazione di variante che congiunge detto comune con la strada statale denominata "via Aurelia" per cui è proprio con riferimento a detto immobile non scindibile e considerato nella sua globalità (Cass. 45/1991) che andava applicata la regola ricordata dalla società e tratta dagli art. 16 e ss. della legge 2359 del 1865, 10 e segg. della legge 865 del 1971 e da ultimo, dall'art. 3 della legge 1 del 1978, che la
procedura espropriativi deve svolgersi per quanto riguarda la individuazione del soggetto passivo, (art. 10 della legge 865/1971) nei confronti del proprietario iscritto negli atti catastali (l'elenco dei quali deve essere allegato a corredo della relazione esplicativa dell'opera da realizzare), e proseguire nei confronti di detto soggetto fino alla pronuncia del decreto di espropriazione, da effettuarsi (art. 13, stessa legge) "sulla base dei dati risultanti dalla documentazione di cui all'art. 10".
Detta normativa consente all'amministrazione espropriante sia di individuare le aree da espropriare in base alle mappe catastali (art. 10, 1 comma), sia di eseguire gli avvisi di deposito, nonché le notifiche degli atti del procedimento ablativo (esclusivamente) a coloro che risultano proprietari del terreno sulla base delle risultanze catastali, senza esser gravata dall'onere di accertare l'identità di coloro che sono effettivamente titolari della proprietà, - senza che ne risulti perciò compromessa la legittimità della procedura (Cons. St. 1200/2003;
3850/2000;

2940/2000): ritenendo il legislatore irrilevante al riguardo la corrispondenza o meno delle risultanze catastali all'effettiva situazione proprietaria e le successive variazioni che dovessero intervenire nelle more della procedura medesima. E comporta altresì, secondo la giurisprudenza tanto di questa Corte, quanto dei giudici amministrativi, che la legittimazione ad opporsi alla stima amministrativa di terreni espropriati vada presuntivamente riconosciuta (non a tutti i soggetti che chiedano e/o ottengano l'accatastamento dei suoli espropriati e/o dei manufatti che su di essi insistono, bensì) a chi sia indicato negli atti del procedimento ablativo come proprietario del fondo, e quindi titolare del credito indennitario, fino a quando non si deduca e dimostri un errore al riguardo;
sicché limitatamente a quest'ultimo soggetto non sono necessario ulteriori allegazioni o prove in ordine alla spettanza dal diritto di proprietà, essendo per un verso la sua legittimazione insita nella coincidenza con il soggetto indicato in quella fase come titolare dei diritti indennitari, e, per altro verso, vertendosi in tema di tutela di posizioni creditorie, e non di rivendicazione o, comunque, di azioni di natura reale (Cass. 710/1995;
1116/1994;
11178/1992
).
Pertanto siccome nel caso concreto la Corte di appello ha accertato che l'intera procedura ablativa è stata condotta nei confronti di G D G, intestatario catastale (al fg. 48, part. 574) dei terreni espropriati, ivi comprese quelle parti su cui la società ha realizzato i manufatti per l'esercizio della propria attività industriale, e, comunque nessuna delle parti ha sollevato dubbi in merito alla titolarità dei sudetti immobili in capo a costui, del tutto correttamente ha attribuito soltanto al D G la legittimazione a proporre opposizione alla stima dell'indennità, escludendola invece nei confronti della società.
Il che non comporta che a quest'ultima (così come a qualsiasi titolare di pretesi diritti reali sugli stessi immobili) sia stato impedito di agire autonomamente per chiedere la determinazione dell'indennità relativa a porzioni dell'immobile asseritamente acquisite e successivamente espropriate, ovvero di esplicare intervento nell'azione di opposizione alla stima proposta dal proprietario catastale (Cass. 14587/1999), posto che la relativa legittimazione era subordinata alla prova della sua qualità di proprietaria effettiva - in contrasto con quella risultante dalla procedura ablativa - delle aree sudette contenenti le costruzioni;
in relazione alla quale, dunque, la sentenza impugnata ha correttamente ritenuto che era necessaria la dimostrazione del titolo di acquisto del bene (dal D G o da altri) confortante il passaggio di proprietà fino ad essa società (applicando la giurisprudenza del tutto consolidata che a tal fine non sono sufficienti le risultanze delle mappe catastali ed a maggior ragione quella ricavabili dalle iscrizioni catastali (e/o ipotecarie), in quanto forme di pubblicità prive di effetti costitutivi sulla titolarità del diritto dominicale (Cass. 5635/2002;
6885/1999;
515/1994
). Ed in effetti la ricorrente ha dedotto anche in questa sede di legittimità di avere realizzato essa le costruzioni per cui è controversia sul suolo del D G, nonché di averle accatastate;

e che la circostanza, assolutamente pacifica, trovava conferma nel provvedimento di sanatoria, pur esso a suo nome, ottenuto per i sudetti manufatti, per i quali aveva del resto corrisposto anche l'imposta ICI.
Sennonché non ha considerato che il regime dei manufatti costruiti su suolo altri non è disciplinato ne' dalle risultanze catastali, nè dalle dichiarazioni (e/o ammissioni) delle parti al riguardo, ma direttamente ed inderogabilmente dalle disposizioni del codice civile che vietano, per un verso la possibilità di mantenere divise la proprietà del suolo e quella delle costruzioni su di esso realizzate (sa non nei limiti di cui all'art. 952 cod. civ. che qui non vengono in discussione);
e stabiliscono di conseguenza che la loro proprietà si acquista immediatamente al proprietario di questo, per effetto e nel momento della loro incorporazione (art. 934), senza attribuire alcun affetto reale alla circostanza obbiettiva che le stesse siano state realizzate (e/o accatastate) da un terzo cui spettano soltanto (nei confronti del proprietario del suolo) lo ius tollendi e/o il diritto di credito nei limiti ed alle condizioni previste dagli art. 936 segg. cod. civ. Con la conseguenza ulteriore che solo il proprietario del terreno espropriato può chiedere che l'indennità venga rapportata anche al valore dalle (ormai proprie) costruzioni che stabilmente vi insistono e sono state in questo incorporate (Cass. sez. un. 1465/1977), se la loro valutabilità non è esclusa dalla legge (art. 42 e 43 della legge 2359/1865). Vero è che lo stesso art. 934 esclude il principio dell'accessione tutte le volte in cui risulti diversamente dal titolo o dalla legge. Ma nel caso, Corte territoriale ha accertato che la società non ha prodotto alcun atto traslativo dell'immobile (o delle porzioni di esso su cui insistono le costruzioni) in suo favore, costituente il titolo necessariamente richiesto dal precedente art. 922 per acquistarne la proprietà unitamente alla legittimazione a richiedere l'indennità per la relativa porzione di immobile espropriata;
ragion per cui del tutto correttamente ha escluso che l'atto traslativo richiesto da dette norme potesse essere sostituito da equipollenti, fra i quali la richiesta di accatastamento dei manufatti e quella di sanatoria: anche perché le stesse possono essere avanzate pure da soggetti non proprietari dell'immobile (cfr. art. 13 della legge 47 del 1985 che legittima ad ottenere la concessione in sanatoria "il
responsabile dell'abuso").

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