Cass. civ., sez. II, sentenza 19/04/2022, n. 12439

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 19/04/2022, n. 12439
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12439
Data del deposito : 19 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

10.02.2022 SENTENZA SEGNALAZIONE PPR IRIT". sul ricorso 10579-2017 proposto da: C.U. aft. co I ESPOSTO ROBERTO ed ESPOSTO MASSIMO, rappresentati e difesi dall'Avv. S P, ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Roma, Circ.ne Clodia, 82;

- ricorrenti -

contro

S S, rappresentato e difeso dagli Avv. A L e A L, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell'Avv. L P, in Via Magliano Sabina, 24;
- controricorrente- avverso la sentenza n. 193/2017 della CORTE d'APPELLO di ANCONA, pubblicata il 07/02/2017;
Udita la relazione delle cause svolta nella pubblica udienza del 10/02/2022 dal Consigliere U B;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale F C, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Uditi l'Avv. S P per i ricorrenti e l'Avv. F L per il controricorrente, i quali hanno rispettivamente concluso come in atti.

FATTI DI CAUSA

S S e M G, nella qualità eredi di S C, convennero in giudizio E R ed E M, chiedendo la condanna dei convenuti al rilascio dell'immobile sito in Numana di cui il loro dante causa era divenuto proprietario in forza della sentenza n. 479 del 1995 del Tribunale di Fermo, che gli aveva trasferito la proprietà del predio ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., in esecuzione del contratto preliminare di compravendita da lui stipulato con S Graziano. I convenuti resistettero alla domanda attorea, eccependo che l'acquisto della proprietà da parte dei S non si era perfezionata, non avendo essi provveduto a pagare allo S il prezzo residuo, cui la sentenza aveva condizionato l'effetto traslativo;
chiedevano di essere dichiarati proprietari dell'immobile. Veniva chiamato in giudizio il promittente venditore, S Graziano (residente all'estero), che si costituiva. In un primo momento il difensore dello S, munito di procura generale, eccepiva che il prezzo non era stato interamente pagato e chiedeva il rigetto della domanda attorea;
in un secondo momento, però, si costituiva un nuovo difensore dello S, munito questa volta di procura speciale, che dichiarava al contrario che il suo assistito era stato integralmente soddisfatto del pagamento del residuo prezzo dovutogli in forza del contratto preliminare e chiedeva, pertanto, che i S fossero dichiarati proprietari dell'immobile. Con sentenza n. 1658 del 2010, il Tribunale di Ancona rigettava la domanda attorea, ritenendo che la sentenza del Tribunale di Fermo n. 479 del 1995 non avesse avuto efficacia traslativa;
rigettava anche la domanda riconvenzionale di accertamento della proprietà proposta dagli Esposto. Avverso detta sentenza proponeva appello S S, quale erede di S C e M G (nel frattempo deceduta);
E R ed E M proponevano appello incidentale, chiedendo di essere dichiarati gli unici proprietari dell'immobile per cui è causa. Con sentenza n. 193 del 2017, la Corte d'Appello di Ancona, in riforma della sentenza di primo grado, accogliendo la domanda attorea, dichiarava che S S era proprietario dell'immobile per cui è causa;
ordinava ad E R ed E M il rilascio dell'immobile;
confermava il rigetto della domanda riconvenzionale proposta dai medesimi. In particolare, la Corte d'Appello riteneva che l'eventuale mancato saldo del prezzo - al quale, nella sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ., era subordinato l'effetto traslativo della proprietà - legittimava il promittente venditore ad agire per ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento del rapporto negoziale e sinallagmatico originato dalla sentenza;
ma la domanda di risoluzione poteva essere proposta solo dal promittente venditore, sempre che egli dimostrasse che l'inadempimento non fosse di scarsa importanza. Pertanto, risultava fondata l'eccezione sollevata in primo grado dagli attori, i quali avevano dedotto che solo lo S, e non gli Esposto, avrebbe potuto esperire il rimedio della risoluzione per inadempimento deducendo la non scarsa importanza dello stesso. Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione E R ed E M sulla scorta di quattro complessi motivi, illustrati da memoria. Resiste S S con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. - Con i quattro motivi di ricorso si formulano le seguenti censure. 1.1. - Col primo motivo si deduce: A) la «Illegittimità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. - Error in procedendo - con riferimento alla domanda di risoluzione, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.»;
B) l'«Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione [la procura per atto notarile del 18.5.2004] in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c.;
conseguente violazione dell'art. 229 c.p.c. e degli artt. 2730, 2733 e 2735 c.c.;
violazione dell'art. 2932, comma 2 c.c. in relazione all'art. 2697 c.c. e agli artt. 1350 e 1351 c.c., ex art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.»;
C) la «Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1241, 1242 e 1243 c.c. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.»;
D) la «Violazione dell'art. 75 c.p.c. in relazione all'art. 100 c.p.c. in punto di legittimazione a eccepire con riferimento al giudicato con sentenza n. 479/1995, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.»;
E) la «Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2909 c.c. con riguardo al giudicato definito dalla sentenza n. 479/1995 del Tribunale di Fermo in relazione all'art. 2932, comma 2 c.c.». 1.2. - Col secondo motivo si deduce: A) la «Abnormità della sentenza impugnata, in ordine alla pronunciata elisione di domande contrapposte»;
B) la «violazione degli artt. 183 e 184 cod. proc. civ.»;
C) la «violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c.»;
D) la «Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2909 c.c. con riferimento al giudicato interno formatosi sulla prima domanda del terzo chiamato. Conseguente violazione o falsa applicazione dell'art.2932, comma 2 c.c. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.». 1.3. - Col terzo motivo si deduce la «Violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. - Illegittimità della statuizione in punto di dichiarazione di proprietà. Violazione dell'art. 2909 c.c. in relazione al giudicato ex sentenza n. 479/1995 Tribunale di Fermo. Violazione e falsa applicazione dell'art. 2932, comma 2 c.c. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.». 1.4. - Col quarto motivo si deduce la «Violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. - Conseguente violazione o falsa applicazione dell'art. 948 c.c. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.». 2. - I motivi così formulati, connotati da spiccata complessità ed eterogeneità, risultano inammissibili per difetto di specificità, sotto un duplice profilo. 2.1. - Innanzitutto, i motivi presentano una mescolanza e una sovrapposizione di censure eterogenee, che non consente di ritenere adempiuto l'onere di specificità sancito dall'art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c. Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, condivisa dal Collegio, nel ricorso per cassazione, i motivi di impugnazione che prospettino una pluralità di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme asseritamente violate sono inammissibili, in quanto, da un lato, costituiscono una negazione della regola della chiarezza e, dall'altro, richiedono un intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure (tra le tante, Cass., Sez. 5, n. 18021 del 14/09/2016). Nella specie, i ricorrenti prospettano una serie di doglianze trattate in modo promiscuo e cumulativo, che non consente a questa Corte di cogliere con chiarezza il contenuto delle censure, esigendo piuttosto dalla Corte un'attività di precisazione e delimitazione dei confini delle stesse, che è la negazione della specificità e chiarezza dei motivi. 2.2. - In secondo luogo, poi, il ricorso risulta inammissibile per il fatto di denunciare la violazione di plurime e numerose norme della legge sostanziale e processuale senza minimamente prendere in esame il contenuto precettivo delle norme asseritamente violate e senza dimostrare in quali termini la Corte territoriale sia incorsa nella pretesa erronea interpretazione della legge. Le Sezioni Unite di questa Suprema Corte hanno statuito in proposito che, in tema di ricorso per cassazione, l'onere di specificità dei motivi, sancito dall'art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d'inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare - con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni - la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., Sez. U, n. 23745 del 28/10/2020). Tale onere di specificità non è stato adempiuto dalla parte ricorrente, la quale ha denunciato la violazione di una serie di norme di legge senza esaminarne minimamente il contenuto precettivo e senza raffrontarlo con le statuizioni della sentenza impugnata, rendendo così le censure mosse di significato criptico, prive della necessaria chiarezza, tali da chiamare la Corte ad una inammissibile attività di supplenza. 3. — Ciò posto, va altresì osservato che i motivi di ricorso, oltre a risultare inammissibili sul piano processuale per difetto di specificità, risultano anche inammissibili sul piano sostanziale ai sensi dell'art. 360 bis, n. 1, cod. proc. civ., perché le statuizioni della Corte territoriale risultano conformi alla giurisprudenza della Corte e l'esame di motivi non offre elementi per mutare orientamento. Con riferimento al contenuto delle censure, nei limiti in cui esse sono comprensibili, il Collegio ritiene di osservare quanto segue.3.1. - Con riferimento al primo complesso motivo, va rilevato che la statuizione del giudice di merito è conforme al principio di diritto dettato da questa Corte, secondo cui, in tema di contratto preliminare, le sentenze emesse ai sensi dell'art. 2932 cod. civ. producono dal momento del passaggio in giudicato gli effetti del negozio comportando, nel caso di vendita, il trasferimento della proprietà del bene e correlativamente l'obbligo dell'acquirente di versare il prezzo (o il suo residuo) eventualmente ancora dovuto, obbligo sancito con una pronuncia di accertamento o di condanna o di subordinazione dell'efficacia traslativa al pagamento;
si origina, così, un rapporto di natura negoziale e sinallagmatica suscettibile di risoluzione nel casi di inadempimento che, ai sensi dell'art. 1455 cod. civ. sia di non scarsa importanza, il che può verificarsi anche nel caso di ritardo (rispetto al termine eventualmente fissato nella sentenza o altrimenti in relazione alla data del suo passaggio in giudicato) che risulti eccessivo in rapporto al tempo trascorso, all'entità della somma da pagare (in assoluto e in riferimento all'importo in ipotesi già versato) e a ogni altra circostanza utile ai fini della valutazione dell'interesse dell'altra parte (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 690 del 16/01/2006). Nella specie, la Corte territoriale ha accertato che lo S non ha proposto domanda di risoluzione del rapporto negoziale per mancato pagamento del prezzo, né ha proposto eccezione di inadempimento. Infatti, lo S (residente all'estero) ha rilasciato una procura speciale in forza della quale il nuovo difensore, costituitosi in giudizio in sostituzione di precedente difensore munito di procura generale, ha espressamente dichiarato che il suo assistito era stato soddisfatto del pagamento del residuo prezzo dovutogli in forza del contratto preliminare, chiedendo dichiararsi i S proprietari dell'immobile. Esattamente, perciò, la Corte di Appello ha ritenuto che la questione del mancato pagamento del prezzo e della conseguente mancanza dell'effetto traslativo della proprietà, in forza della sentenza emessa ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., non potesse essere presa in esame, essendo stata tale questione dedotta da terzi (gli Esposto) estranei rispetto al rapporto negoziale, spettando solo al promittente venditore far valere l'eventuale inadempimento nel pagamento del prezzo e dolersi della non scarsa importanza dello stesso. La mancata proposizione di domanda di risoluzione del rapporto negoziale per mancato pagamento del prezzo o di eccezione di inadempimento, da parte dello S, assorbe ogni altra questione. 3.2. - Quanto al secondo motivo di ricorso, relativo all'interpretazione che la Corte territoriale ha dato degli atti processuali dello S e della posizione difensiva dallo stesso assunta (ossia al fatto che, in un primo momento, il procuratore generale dello S ha formulato eccezione di inadempimento, e, in un secondo momento, il procuratore speciale del medesimo, appositamente da lui nominato, costituendosi, ha rinunciato a tale eccezione, dichiarando espressamente - al contrario - che lo S era stato soddisfatto del pagamento del prezzo), si tratta di una censura radicalmente non scrutinabile, perché non si confronta col contenuto precettivo di alcuna delle disposizioni processuali di cui denuncia la violazione e rimane del tutto generica e non intellegibile. In ogni caso, vale la pena di aggiungere che è ben possibile nel corso del giudizio di primo grado la rinuncia ad una eccezione (o ad una domanda) già proposta, non configurando ciò alcuna violazione degli artt. 183 e 184 cod. proc. civ., in quanto tali norme hanno lo scopo di impedire la tardiva proposizione di nuove domande ed eccezioni, non certo la rinuncia a domande ed eccezioni già proposte. Va osservato, infine, che nessun giudicato si è formato sulle statuizioni adottate dal Tribunale in proposito, essendo state le stesse puntualmente appellate dai S, proprio sui profili oggetto di riforma da parte della Corte di Appello.3.3. - In ordine al terzo motivo, va osservato poi che è palesemente priva di fondamento la doglianza dei ricorrenti secondo cui la sentenza impugnata sarebbe affetta da extrapetizione per il fatto che Corte territoriale non si è limitata ad ordinare il rilascio dell'immobile in favore del S, ma ha dichiarato anche il S proprietario del cespite. Invero, fin dalla domanda introduttiva del giudizio di primo grado l'accertamento della proprietà dell'immobile in capo al S, per effetto del trasferimento coattivo disposto con la sentenza pronunciata ex art. 2932 cod. civ., ha fatto parte del thema decidendum della causa, in quanto presupposto della domanda di rilascio;
di modo che la pronuncia della Corte territoriale non ha superato i limiti del petitum né della causa petendi. 3.4. - In ordine, infine, al quarto motivo, col quale i ricorrenti lamentano l'erroneità del rigetto della loro "domanda di rivendicazione", la statuizione della Corte territoriale non è contraria a diritto. Infatti, la domanda riconvenzionale di "rivendicazione" degli Esposto (recte di accertamento della loro proprietà dell'immobile) è stata fondata sulla pretesa simulazione assoluta del contratto di compravendita in forza del quale lo S è divenuto proprietario. Epperò, la sussistenza della simulazione assoluta di tale contratto è stata esclusa nell'ambito di precedente giudizio (ossia nel giudizio avente ad oggetto la domanda del S proposta nei confronti del S al fine di ottenere l'esecuzione in forma specifica del preliminare, al quale avevano preso parte anche gli Esposto, che avevano dedotto la detta simulazione), con sentenza della Corte di Appello di Ancona, passata in cosa giudicata a seguito del rigetto del ricorso per cassazione pronunciato questa Suprema Corte con sentenza n. 6232 del 2022.Non ha errato, perciò, la Corte territoriale a ritenere infondata la domanda riconvenzionale degli Esposto, dovendo escludersi - per effetto del vincolo del giudicato - la simulazione assoluta dell'atto di acquisto dello S. 4. - In definitiva, risultando tutti i motivi inammissibili, sia sotto il profilo del difetto di specificità sia ai sensi dell'art. 360 bis, n. 1, cod. proc. civ., il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. Va emessa la dichiarazione ex art. 13, c.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi