Cass. civ., sez. I, sentenza 03/07/2019, n. 17836

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 03/07/2019, n. 17836
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17836
Data del deposito : 3 luglio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

SANTA MARIA CAPUA VETERE, depositata il 21/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/06/2019 dal cons. FRANCESCO TERRUSI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale S D M che si riporta alle osservazioni scritte già depositate e chiede l'inammissibilità del ricorso;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato A B che ha chiesto l'accoglimento.

Fatti di causa

Il tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha rigettato il reclamo proposto dalla Fondazione Villaggio dei Ragazzi Don Salvatore D'Angelo contro la decisione di rigetto della domanda di ammissione alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento nelle forme della liquidazione del patrimonio (art. 14-ter della I. n. 3 del 2012). Ha osservato che la Fondazione svolgeva attività d'impresa di tipo commerciale, così da essere assoggettabile, per dimensioni, alle procedure concorsuali maggiori, e che a ogni modo la proposta di liquidazione, avendo previsto la continuazione dell'attività dell'ente e la sottrazione alla procedura di beni a ciò funzionali, delle rette scolastiche e dei fondi pubblici stanziati annualmente, si palesava in contrasto con la finalità della norma. La Fondazione ha proposto ricorso per cassazione in due motivi, illustrati da memoria. L'organismo di composizione della crisi è rimasto intimato. Il procuratore generale ha presentato una requisitoria scritta. Ragioni della decisione Il ricorso è inammissibile. La facoltà del debitore di richiedere la liquidazione concorsuale dei propri beni in alternativa all'accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento (o al piano del consumatore, ove ne ricorrano i presupposti soggettivi) è accordata dalla legge n. 3 del 2012 su base pienamente concorsuale.Le corrispondenti norme (art. 14-ter e seg. della legge citata) mutuano non solo lo schema generale delle procedure concorsuali liquidatorie (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria), ma anche la struttura procedimentale, che postula un decreto di apertura, una fase di definizione della consistenza dell'attivo, un sub-procedimento di accertamento del passivo, una fase di liquidazione, un sub-procedimento di esdebitazione. Unica mancante è la disciplina della ripartizione dell'attivo. Questa specificità non rileva in vista del regime di impugnazione del provvedimento di diniego di apertura (o di rigetto della domanda). Poiché si discute dell'ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma settimo, cost., occorre tener conto della giurisprudenza di questa Corte su tale istituto, la quale, come noto, ammette il rimedio in questione avverso i provvedimenti che, pur avendo forma diversa dalla sentenza, presentino tuttavia i requisiti della decisorietà e della definitività. Da ogni punto di vista codesti requisiti fanno difetto. Innanzi tutto, tenuto conto della similitudine procedimentale appena sopra rappresentata, debbono essere anche in questa fattispecie applicati i principi desunti dall'orientamento sedimentato con riguardo al decreto di rigetto della domanda di fallimento. E' assolutamente pacifico che il decreto reiettivo dell'istanza di fallimento - al pari di quello confermativo del rigetto in sede di reclamo - non è idoneo al giudicato e non è, dunque, ricorribile per cassazione ex art. 111, settimo comma, cost., trattandosi di provvedimento non definitivo e privo di natura decisoria su diritti soggettivi, dal momento che nessun istante è portatore di un diritto al fallimento (v. Cass. n. 5069-17, Cass. n. 16411-18;
cfr. pure Cass. n. 6683-15) e men che meno lo è il debitore. Alla stessa conclusione deve accedersi considerando l'orientamento di questa Corte sul tema specifico della soluzione delle crisi da sovraindebitamento.Più volte si è affermato che avverso il decreto del tribunale che abbia dichiarato inammissibile la proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti, presentata dal debitore che versi in stato di sovraindebitamento, non è proponibile ricorso per cassazione ex art. 111 cost., perché il provvedimento è privo dei caratteri della decisorietà e definitività, e pertanto non è suscettibile di passaggio in giudicato (di recente Cass. n. 30534-18, Cass. n. 4500-18 e altre);
conclusione, codesta, che non determina alcun vulnus al diritto di difesa di cui all'art. 24 cost., dal momento che il decreto, in relazione al quale non è prevista alcuna forma di impugnazione, non preclude la riproposizione della medesima domanda, anche prima del decorso dei cinque anni di cui all'art. 7, secondo comma, lett. b), della legge n. 3 del 2012, operando tale termine preclusivo nella sola ipotesi che il debitore abbia concretamente beneficiato degli effetti riconducibili a una procedura della medesima natura. La comunanza di funzione - il superamento giustappunto della crisi da sovraindebitamento - rende i detti principi estensibili anche al caso in cui la composizione sia prospettata nella forma della liquidazione del patrimonio. Da ogni angolo visuale lo si consideri, dunque, il presente ricorso va ritenuto inammissibile.
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