Cass. civ., sez. I, sentenza 23/11/2003, n. 19862

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Ai sensi dell'art. 1 legge n. 184 del 1983 (sul punto non modificato dall'art. 1 legge n. 149 del 2001), il minore ha diritto non già "ad una famiglia" bensì a crescere ed essere educato nell'ambito "della propria famiglia". Ne consegue che solamente quando quest'ultima non sia in grado di provvedere alla sua educazione e alla sua crescita, soddisfacendo quantomeno al livello di cura minimo al di sotto del quale quest'ultima possa venire a risultare irreparabilmente compromessa, per il medesimo sorge l'interesse ad essere eventualmente introdotto e vivere in una famiglia diversa da quella d'origine, che si profili idonea ad assicurargli quanto è spiritualmente e materialmente necessario per il suo sviluppo, con conseguente applicazione dei previsti istituti dell'affidamento o dell'adozione, sempre che, peraltro, le gravi carenze morali e materiali integranti lo stato di abbandono non dipendano da causa di forza maggiore transitoria, giacché, in tal caso, ove le suddette carenze ci siano o si attenuino (fino al suindicato limite minimo di accettabilità) viene meno il presupposto stesso della dichiarazione di adottabilità, restando irrilevante la valutazione prognostica della situazione che verrebbe per il minore a realizzarsi presso eventuali affidatari, non essendo questa comparabile con la prospettiva che attende il minore al rientro nella famiglia d'origine, posto che l'adozione non è volta ad assicurare al minore le migliori condizioni di vita possibili, ma costituisce una "extrema ratio".

Il ricorso per cassazione avverso sentenze della corte d'appello in tema di adottabilità di minorenni, pronunziate ai sensi dell'art. 17 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (il cui ultimo comma è tuttora in vigore, benché novellato dall'art. 16, comma secondo, legge n. 149 del 2001 - in virtù del quale il ricorso è ammesso anche per altri motivi -, essendo l'efficacia della legge modificatrice tuttavia sospesa, limitatamente alle regole di carattere processuale, dalla disposizione transitoria contenuta nell'articolo 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, conv., con modif., nella legge n. 240 del 2001, fino all'emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio, e comunque non oltre il 30 giugno 2002, termine peraltro prorogato), è ammissibile soltanto per violazione di legge, dovendosi ritenere compreso in tale vizio anche il caso di totale inesistenza o di mera apparenza della motivazione, per insanabile contraddittorietà, ed essendo invece da escludere l'ammissibilità di qualsiasi controllo sull'adeguatezza e sufficienza della medesima, anche con riferimento alla valutazione delle risultanze probatorie acquisite.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 23/11/2003, n. 19862
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19862
Data del deposito : 23 novembre 2003

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. G L - Presidente -
Dott. Giuseppe V.A. Magno - Cons. Rel. -
Dott. A C - Consigliere -
Dott. C P - Consigliere -
Dott. L M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D M I, nella qualità di curatore speciale del minore O C, elettiv. domicil. in Roma, via Gallonio, n. 18, presso l'Avv. M F, rappresentata e difesa dall'Avv. M C per procura speciale a margine del ricorso

- ricorrente -


contro
M L e M F, elettivamente domiciliati in Roma, via Pisanelli, n. 2, presso l'Avv. S D M, che li rappresenta e difende con l'Avv. C M per procura speciale a margine del controricorso


- controricorrenti -


Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Cagliari


- intimato -


avverso la sentenza n. 104/2003 della Corte d'appello di Cagliari, depositata il 31.3.2003. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9.12.2003 dal Relatore Cons. G V A M;

Uditi gli Avvocati M I D, per delega, per il ricorrente e S D M per i controricorrenti;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. U D A, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbito il secondo.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con decreto 25.6.2001, il tribunale per i minorenni di Cagliari dichiarò l'adottabilità di Cristian Onali, figlio di Flavio Onali e di Fabiola Marongiu, nato a Oristano il 7.1.2000, avendone ritenuto sussistente lo stato di abbandono dovuto ad assenza e disinteresse del padre naturale, trascuratezza, immaturità ed incapacità della madre, non disponibilità dei nonni materni e disponibilità insufficiente di quelli paterni.
2.- Tale decreto, opposto da M F e dal padre di lei, M L, fu successivamente confermato dallo stesso tribunale, su conformi conclusioni del curatore speciale e del pubblico ministero, con sentenza in data 29.11.2001, che fu poi gravata d'appello dai medesimi opponenti. Il bambino fu quindi provvisoriamente affidato dal tribunale per i minorenni ad una famiglia avente i requisiti per l'eventuale futura adozione. 3.- La corte d'appello di Cagliari - sezione minorenni, con sentenza depositata il 31.3.2003, notificata il 9.4.2003, accolse il gravame, su conclusioni difformi del procuratore generale e del curatore speciale, e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, revocato il decreto di adottabilità, confermò i provvedimenti assunti dal tribunale a carico del padre naturale del minore, dette disposizioni per il graduale riaffidamento del minore alla madre e compensò interamente fra le parti le spese di giudizio. Ritenne, infatti, la corte territoriale, anche in base alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio esperita, che doveva essere rispettato il preminente diritto del minore di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia d'origine, giacché la complessiva situazione d'inadeguatezza, che aveva dato origine alla dichiarazione dello stato di abbandono, doveva considerarsi di carattere transeunte ed era stata effettivamente superata, attraverso un più approfondito esame delle condizioni di salute psichica di M F, che era stata opportunamente curata e che, oltre ad essere affettivamente legata al figlio, aveva iniziato un processo di stabilizzazione del carattere e poteva quindi svolgere in modo soddisfacente il proprio ruolo genitoriale;

che, pertanto, il bambino poteva esserle riaffidato, in modo graduale e con le opportune cautele, non essendo peraltro di ostacolo al reinserimento nella famiglia d'origine il fatto che egli avesse sviluppato un solido legame affettivo con le persone cui era stato affidato provvisoriamente.
4.- Per la cassazione di tale sentenza, il curatore speciale del minore propone ricorso, notificato in data 8.5.2003, con due motivi;

cui resistono M L e M F. Entrambe le suddette parti hanno presentato memorie illustrative. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Cagliari non ha svolto difese in questo giudizio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5.- Si deve esaminare pregiudizialmente l'eccezione formulata dai controricorrenti, concernente pretesa inammissibilità del ricorso per cassazione, in quanto proposto, senza ulteriore autorizzazione, dal curatore speciale del minore, nominato dal presidente del tribunale per i minorenni a seguito dell'opposizione contro il provvedimento di adottabilità, ai sensi dell'articolo 17, 2° co., legge 4 maggio 1983, n. 184, con decreto in data 17.8.2001 la cui efficacia sarebbe limitata alle fasi di merito del giudizio. 5.1.- L'eccezione è infondata perché, come già ritenuto da questa suprema corte (Cass. n. 12491/2000) con argomentazione condivisa dal collegio, il curatore speciale del minore, nominato in virtù della norma citata, assume nel giudizio la veste di contraddittore necessario, munito di legittimazione processuale autonoma e, quindi, del potere d'impugnare le decisioni (come si ricava espressamente dal comma quarto ed implicitamente dal comma quinto dello stesso articolo 17), anche con ricorso per cassazione, senza necessità di ulteriori autorizzazioni.
6.- Dei due motivi di ricorso va esaminato innanzitutto il secondo, per ragioni di priorità logica e giuridica. Con esso si denunzia infatti, ai sensi dell'articolo 360, 1°
co., n. 3, c.p.c., violazione degli articoli 115, 116, 132 c.p.c., e 17, legge n.184/1983, per avere il giudice d'appello, pur non soggiacendo la
specifica materia ai limiti posti dall'articolo 115 c.p.c. circa la disponibilità delle prove, omesso di svolgere "ogni altro accertamento ed indagine opportuni", al di là della relazione di servizio sociale, dei colloqui e della relazione di C.T.U. (peraltro risalenti nel tempo e non aggiornati), al fine di conoscere l'esatta portata traumatica del distacco del bambino dagli affidatari, la reale sussistenza di una possibilità residua di relazione significativa con la madre e l'effettiva evoluzione della situazione di salute e di lavoro di quest'ultima e di adeguatezza del suo nucleo familiare;
per avere inoltre la carte territoriale omesso assolutamente di motivare in proposito, previa valutazione dell'intero materiale probatorio.
6.1.- Il motivo è infondato e, sotto certi aspetti, inammissibile. 6.2.- Occorre premettere che il ricorso per cassazione avverso sentenze della corte d'appello in tema di adottabilità di minorenni, pronunziate ai sensi dell'articolo 17, legge 4 maggio 1983, n.184, è ammissibile soltanto per violazione di legge, non
per pretesi vizi di motivazione (Cass. nn. 4388/1995, 10011/1993, 8055/1993, 3459/1993, 12241/1992). 6.3.- In effetti, l'ultimo comma del citato articolo 17, limitante i motivi di ricorso per cassazione all'ipotesi di violazione di legge, deve ritenersi tuttora in vigore, benché novellato dall'articolo 16, co. 2, legge 28 marzo 2001, n. 149, in virtù del quale il
ricorso è ammesso anche per altri motivi, essendo l'efficacia della legge modificatrice tuttavia sospesa, limitatamente alle regole di carattere processuale, dalla disposizione transitoria contenuta nell'articolo 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito con modificazioni nella legge 2 giugno 2001, n. 240, entrato in vigore il 27.4.2001, fino all'emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio, e comunque non oltre il 30.6.2002 (termine poi prorogato al 30.6.2003 con D.L. 1 luglio 2002, n. 126, convertito con modificazioni nella legge 2 agosto 2002, n. 175, ed ulteriormente prorogato fino al 30.6.2004, in virtù dell'articolo 15, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, convertito con modificazioni nella
legge 1 agosto 2003, n. 200). 6.4.- Il presente motivo di ricorso risulta dunque inammissibile nelle parti in cui, al di là delle violazioni di legge formalmente denunziate, sollecita un controllo sull'adeguatezza e sufficienza della motivazione, anche con riferimento alla pretesa necessità od opportunità di ulteriori accertamenti ed indagini (Cass. nn. 14858/2000, 9208/1995, 11491/1992) ed alla valutazione delle risultanze probatorie acquisite (Cass. nn. 13419/1999, 4292/1999, 4139/1999, 3101/1998, 7139/1996). 6.5.- Esso è infondato relativamente alla censura, astrattamente ammissibile, di violazione di legge e di mancanza assoluta di motivazione sulle circostanze indicate al punto 6.
Infatti, la motivazione della sentenza impugnata tiene adeguato conto - in base alle sufficienti prove acquisite e con logica esente da contraddizioni tali da renderla meramente apparente - sia del possibile trauma derivante al minore a causa del distacco dagli affidatari, essendo espressamente ravvisata la necessità di adottare ogni opportuna cautela nel graduale reinserimento del minore presso la madre" (pag. 47);
sia della persistenza o recuperabilità di un rapporto affettivo tra madre e figlio e della positiva evoluzione della situazione complessiva di costei e del suo nucleo parentale, avendo la corte territoriale motivato il proprio convincimento positivo in proposito, facendo riferimento alle "concordanti informazioni acquisite attraverso l'ulteriore attività istruttoria svolta", alla "osservazione diretta della Marongiu" ed alle "conclusioni raggiunte dal perito", ritenute di "esemplare chiarezza, esaustività e puntuale aderenza, in ogni passaggio delle stesse, alle necessità della decisione" (sentenza impugnata, pag. 42).
7.- Col primo motivo il ricorrente curatore speciale si duole, ai sensi dell'articolo 360, 1°
co., n. 3, c.p.c., della violazione e falsa applicazione degli articoli 1, legge 28 marzo 2001, n. 149;

1, 2, 8, 17, legge n. 184/1983, sotto i seguenti profili:
- la causa di forza maggiore (malattia della madre), che aveva determinato lo stato di abbandono riscontrato in primo grado, non poteva essere giudicata ex post di carattere transitorio, così da giustificare la revoca della dichiarazione di adottabilità, perché la guarigione, precaria nella realtà attuale ed incerta in prospettiva, era intervenuta comunque dopo che il bambino aveva già riportato gravi ed irreversibili danni psichici;
sicché era durata un tempo superiore a quello tollerabile, secondo un'interpretazione della legge orientata alla tutela del minorenne;

- la cessazione della causa di forza maggiore sarebbe stata, inoltre, illegittimamente valutata con riguardo all'interesse dell'adulto (di riavere con sè il figlio) anziché a quello del bambino (di avere una famiglia);

- il diritto, attribuito al minore dalle norme sopra citate, di crescere in una famiglia senza ulteriori rischi per il proprio sviluppo psico-fisico - e quindi presso gli affidatari, che garantiscono la soddisfazione dei suoi bisogni - sarebbe stato pure subordinato dalla corte territoriale alle aspirazioni degli adulti e, principalmente, della madre, la cui disponibilità a farsi curare sarebbe fittizia e strumentale, essendo maturata solo per timore di perdere il figlio.
7.1.- La lamentata violazione di legge non sussiste sotto alcuno dei profili dedotti, sicché la censura è infondata.
7.2.- Diversamente da quanto mostra di ritenere il ricorrente, la legge - e, in particolare, l'articolo 1 della legge n. 149/2001, che non ha modificato sostanzialmente sul punto l'analoga norma della legge n. 184/1983 - non stabilisce il diritto del minore "ad una famiglia", bensì quello di crescere ed essere educato nell'ambito "della propria famiglia" (co. 1). Solo se questa "non è in grado di provvedere alla crescita e all'educazione del minore" - e cioè dopo avere giudizialmente accertato che le condizioni della famiglia d'origine non soddisfano il livello minimo indispensabile di cure, al di sotto del quale è compromessa irreparabilmente la crescita (Cass. n. 2718/1989) - debbono applicarsi, a seconda dei casi, gli istituti dell'affidamento o dell'adozione (co. 4) e, quindi, sorge il diritto del minore di essere introdotto e di vivere in una famiglia diversa da quella d'origine, capace di assicurargli quanto è necessario spiritualmente e materialmente per il suo sviluppo. 7.3.- Ciò comporta, in primo luogo, che il giudice di merito debba accertare, a fronte della segnalazione di un possibile stato di abbandono, l'esistenza delle gravi carenze materiali e morali che lo determinano, tenendo conto del fatto che primaria esigenza e preminente interesse del minore, secondo la legge, sono quelli di crescere nella propria famiglia d'origine e che tali esigenza ed interesse non possono essere sacrificati, se non in presenza di una reale e piena inidoneità del genitore ad assolvere il proprio compito educativo (Cass. nn. 3988/2002, 2010/2001, 4139/1999, 120/1998, 10656/1996, 5130/1987). In secondo luogo, che la tutela dell'esigenza e dell'interesse suddetti suppone l'estensione dell'indagine sulla persistenza della situazione di abbandono - quando questa dipende da causa di forza maggiore eventualmente transitoria (articolo 8 di entrambe le leggi citate) - alle circostanze sopravvenute nel corso dei giudizi di opposizione e d'appello, allo scopo di verificare la dichiarata evoluzione positiva delle condizioni di disponibilità e capacità del genitore (Cass. n. 2718/1989). 7.4.- Qualora, a seguito dell'indagine, il giudice di merito accerti la cessazione o l'attenuazione, fino al limite minimo di accettabilità, della suddetta causa di forza maggiore, viene meno il presupposto della dichiarazione di adottabilità e, prevalendo in tal caso l'interesse del minore a restare od a rientrare nella propria famiglia, diviene irrilevante l'analisi della sua situazione presso gli affidatari, restando peraltro esclusa qualsiasi comparazione fra questa e quella che lo attende al rientro nella famiglia d'origine, posto che la legge colloca l'adozione al rango di extrema ratio e non la considera strumento per assicurare al minorenne le migliori condizioni possibili di vita (Cass. nn. 9861/1996, 4956/1989) 7.5.- In forza delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata devesi ritenere esente dal vizio di violazione di legge denunziato, con riferimento sia al riesame, doverosamente compiuto dalla corte di merito, sulla persistenza della causa di forza maggiore (malattia psichica), ed alla conseguente revoca della dichiarazione di adottabilità;
sia alla preminente contemplazione dell'interesse - che è propriamente del bambino, non degli adulti di rientrare nella propria famiglia, appena cessata o modificata utilmente la situazione ostativa. 7.6.- Gli ulteriori profili di censura, attinenti alla precarietà attuale della situazione familiare e della salute materna (circostanze su cui il ricorrente ha specialmente insistito nella memoria illustrativa), alle incertezze per il futuro, alla natura permanente o transitoria della causa di forza maggiore, in relazione alla gravità e (ir)reversibilità dei traumi subiti dal bambino fino al momento di cessazione di essa, ed alla ponderazione di quelli prevedibili in occasione del distacco dagli affidatari, investono valutazioni riservate al giudice di merito, la cui decisione è insindacabile in questa sede, anche per i motivi esposti ai punti 6.2-6.3.
8.- In virtù delle argomentazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese di questo giudizio di legittimità debbono essere equamente compensate fra le parti, in considerazione della natura della causa.

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