Cass. pen., sez. IV, sentenza 14/06/2022, n. 23129
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: B S nato a FIRENZE il 12/08/1964 CINAUSERO MARIA GRAZIA nata a PELAGO il 08/06/1966 parte civile NETTI ARACHCHIGE CHAMINDA ATULA KA avverso la sentenza del 11/12/2020 della CORTE APPELLO di FIRENZEvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO A;
lette le conclusioni della Procura generale presso la Suprema Corte, in persona del Sostituto Procuratore L O, che ha chiesto, riqualificata la fattispecie in termini di appropriazione indebita aggravata, per C, kannullamento senza rinvio, per non aver commesso il fatto, e, per B, nel kannullamento senza rinvio, per le condotte realizzate fino a metà novembre 2014 (in quanto oggetto di intervenuta prescrizione), e kannullamento con rinvio in merito alle condotte successive al novembre 2014;
lette le conclusioni della difesa di parte civile, che ha chiesto il rigetto dei ricorso (con deposito anche di nota spese);
lette le conclusioni della difesa dell'imputato B S, che ha insistito nell'accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di Firenze con la statuizione indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza emessa all'esito di giudizio abbreviato dal Tribunale di Firenze il 10 luglio 2018, ha condannato Stefano B e Maria Grazia C per l'ascritto delitto di furto oltre che al risarcimento dei danni cagionati alla persona offesa, costituitasi parte civile, F A C A K (di seguito anche: «K»), con provvisionale pari a 575.000,00 euro.
2. Gli imputati sono stati tratti a giudizio per rispondere di furto aggravato, in concorso, commesso, con le modalità di seguito sintetizzate, in offesa di Hetti Arachchige Chaminda Atula K ed avente a oggetto parte dei beni da questi ricevuti quale erede universale di Zupo Renato (deceduto il 2 novembre 2009). Secondo l'impostazione accusatoria, l'Avvocato B avrebbe agito quale difensore di K nel procedimento a suo carico per l'omicidio di due connazionali del 4 aprile 2010, all'esito del quale il suo assistito è stato successivamente giudicato non imputabile ex art. 85 cod. pen. (ma ritenuto in grado di partecipare coscientemente al processo). L'imputato avrebbe agito anche quale procuratore speciale della persona offesa (per atto notarile del 10 aprile 2010) e in concorso con C, dipendente della Banca Intesa. La citata funzionaria, ricevuta la dichiarazione di successione di Zupo in favore di K, avrebbe predisposto e poi lei stessa sottoscritto, ancorché non autorizzata, il nulla osta a che il conto corrente e il deposito titoli intestati al defunto Zupo venissero estinti e il ricavato girato sul conto corrente intestato a K (nulla osta rinvenuto nell'abitazione di C e sottoposto a sequestro). Fatto firmare per quietanza il :3 giugno 2011, a cura di B, il nulla osta di cui innanzi da Kunnara, ristretto in O.P.G. per i fatti di cui al duplice omicidio, e liquidati i titoli, i due imputati il 30 maggio 2013, tramite bonifico predisposto da C, avrebbero trasferito il complessivo importo (pari a 575.000 euro), senza autorizzazione da parte di Kunnara, dal conto corrente intestato a Zupo (deceduto nel 2010) al conto corrente intestato alla stessa persona offesa K presso l'istituto Monte Paschi di Siena (così «svuotando totalmente» il conto corrente intestato al defunto). Con tale condotta, secondo la prospettazione accusatoria, C avrebbe dunque concorso con l'avvocato B nell'attività d'impossessamento di 575.000,00 euro di Kunnara, somma della quale B si sarebbe impossessato con successive condotte e avvalendosi della procura speciale conferitagli da K, il 10 aprile 2010 e per atto notarile redatto presso il carcere il Sollicciano (punto 1 del capo d'imputazione). Trattasi in particolare di procura in forza della quale B avrebbe avuto accesso al citato conto corrente acceso da K presso la Banca Monte dei Paschi di Siena nonché ai rapporti contrattuali intrattenuti con il suddetto istituto di credito al fine del compimento di atti di ordinaria amministrazione tra cui pagamenti di bollette, imposte, tributi in genere, debiti nascenti da atti aventi data certa e comunque documentati, notule a professionisti di qualsiasi genere (legali, notarili, tecniche, mediche, peritali et similia) il tutto dietro presentazione del titolo giustificativo (notula, fattura, bolletta, contratto), e con previsione non solo di esonero da responsabilità per gli istituti di credito ma anche con promessa di retribuzione per l'attività svolta. L'avvocato B, nel dettaglio, avrebbe però utilizzato la detta procura non solo per il compimento di atti documentati e rientranti nell'oggetto di essa e per il pagamento di professionisti ma anche per impossessarsi, nel tempo, sottraendoli a K, di circa 623.171,08 euro (anche sottoforma di parcelle per proprie prestazioni gonfiate) con operazioni non documentate (con condotte specificate nel punto 2 del capo d'imputazione).
3. Con sentenza del 10 luglio 2018, resa all'esito di giudizio abbreviato, il Tribunale di Firenze ha assolto Maria Grazia C dal reato alla stessa ascritto in concorso con B (descritto dal puto 1 della rubrica), perché il fatto non sussiste, e ha condannato B per il delitto di appropriazione indebita aggravata della somma di euro 340.369,16, così diversamente qualificando il fatto di cui al punto 2 dell'imputazione e ritenendo insussistente il fatto di cui al punto 1 della stessa rubrica. Nel dettaglio, il giudice di primo grado non ha ritenuto sussistente, al di là di ogni ragionevole dubbio, il furto in concorso di 570.000,00 euro (punto 1 dell'imputazione) e ha condannato B (con riferimento al punto 2 dell'imputazione) riqualificando il contestato furto aggravato in appropriazione indebita aggravata dal danno di rilevante gravità e dall'abuso di prestazione d'opera limitatamente alla minor somma di euro 340.369,16, in quanto prelevata dal conto corrente di cui alla procura conferita all'imputato ma senza titoli giustificativi.
4. La Corte territoriale, invece, in accoglimento del solo appello proposto dal Pubblico Ministero e in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato gli imputati per furto aggravato oltre che, in solido, al risarcimento dei danni in favore della persona offesa, costituitasi parte civile, con provvisionale di euro 575.000,00.La statuizione d'appello, anche all'esito di rinnovazione dell'istruttoria e conseguente acquisizione della documentazione inerente l'«audit interno a Banca Intesa e relativo alla condotta della dipendente C», si è sostanzialmente to- fondaisulla diversa qualificazione dei fatti accertati. La Corte territoriale li ha sussunti nella fattispecie di furto aggravato in concorso, dando esplicitamente una diversa lettura della condotta «predatoria» globale e tale da ricomprendervi anche quella di cui al punto 1 dell'imputazione, relativa allo storno di liquidità in gran parte già investita in prodotti finanziari fatti transitare su conto corrente riferibile al correntista e poi trasferiti su altro conto corrente intestato alla persona offesa ma presso altra banca.
5. Avverso la prefata sentenza gli imputati B e C hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, tramite i propri difensori di fiducia, articolando, rispettivamente, sette e due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att./coord./trans. cod. proc. pen.
5.1. Con il primo motivo di ricorso la difesa di B deduce la mancanza della motivazione in punto di commisurazione giudiziale della pena, con particolare riferimento all'aggravante del mezzo fraudolento che, per la contestazione, sarebbe consistito nell'utilizzo della procura ma del quale non vi sarebbe traccia in sentenza. Per il caso in cui, invece, si ritenesse di leggere la sentenza impugnata nel senso dell'esclusione della detta circostanza aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 2, cod. pen., il motivo di ricorso conclude nel senso della manifesta incongruità della
udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO A;
lette le conclusioni della Procura generale presso la Suprema Corte, in persona del Sostituto Procuratore L O, che ha chiesto, riqualificata la fattispecie in termini di appropriazione indebita aggravata, per C, kannullamento senza rinvio, per non aver commesso il fatto, e, per B, nel kannullamento senza rinvio, per le condotte realizzate fino a metà novembre 2014 (in quanto oggetto di intervenuta prescrizione), e kannullamento con rinvio in merito alle condotte successive al novembre 2014;
lette le conclusioni della difesa di parte civile, che ha chiesto il rigetto dei ricorso (con deposito anche di nota spese);
lette le conclusioni della difesa dell'imputato B S, che ha insistito nell'accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di Firenze con la statuizione indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza emessa all'esito di giudizio abbreviato dal Tribunale di Firenze il 10 luglio 2018, ha condannato Stefano B e Maria Grazia C per l'ascritto delitto di furto oltre che al risarcimento dei danni cagionati alla persona offesa, costituitasi parte civile, F A C A K (di seguito anche: «K»), con provvisionale pari a 575.000,00 euro.
2. Gli imputati sono stati tratti a giudizio per rispondere di furto aggravato, in concorso, commesso, con le modalità di seguito sintetizzate, in offesa di Hetti Arachchige Chaminda Atula K ed avente a oggetto parte dei beni da questi ricevuti quale erede universale di Zupo Renato (deceduto il 2 novembre 2009). Secondo l'impostazione accusatoria, l'Avvocato B avrebbe agito quale difensore di K nel procedimento a suo carico per l'omicidio di due connazionali del 4 aprile 2010, all'esito del quale il suo assistito è stato successivamente giudicato non imputabile ex art. 85 cod. pen. (ma ritenuto in grado di partecipare coscientemente al processo). L'imputato avrebbe agito anche quale procuratore speciale della persona offesa (per atto notarile del 10 aprile 2010) e in concorso con C, dipendente della Banca Intesa. La citata funzionaria, ricevuta la dichiarazione di successione di Zupo in favore di K, avrebbe predisposto e poi lei stessa sottoscritto, ancorché non autorizzata, il nulla osta a che il conto corrente e il deposito titoli intestati al defunto Zupo venissero estinti e il ricavato girato sul conto corrente intestato a K (nulla osta rinvenuto nell'abitazione di C e sottoposto a sequestro). Fatto firmare per quietanza il :3 giugno 2011, a cura di B, il nulla osta di cui innanzi da Kunnara, ristretto in O.P.G. per i fatti di cui al duplice omicidio, e liquidati i titoli, i due imputati il 30 maggio 2013, tramite bonifico predisposto da C, avrebbero trasferito il complessivo importo (pari a 575.000 euro), senza autorizzazione da parte di Kunnara, dal conto corrente intestato a Zupo (deceduto nel 2010) al conto corrente intestato alla stessa persona offesa K presso l'istituto Monte Paschi di Siena (così «svuotando totalmente» il conto corrente intestato al defunto). Con tale condotta, secondo la prospettazione accusatoria, C avrebbe dunque concorso con l'avvocato B nell'attività d'impossessamento di 575.000,00 euro di Kunnara, somma della quale B si sarebbe impossessato con successive condotte e avvalendosi della procura speciale conferitagli da K, il 10 aprile 2010 e per atto notarile redatto presso il carcere il Sollicciano (punto 1 del capo d'imputazione). Trattasi in particolare di procura in forza della quale B avrebbe avuto accesso al citato conto corrente acceso da K presso la Banca Monte dei Paschi di Siena nonché ai rapporti contrattuali intrattenuti con il suddetto istituto di credito al fine del compimento di atti di ordinaria amministrazione tra cui pagamenti di bollette, imposte, tributi in genere, debiti nascenti da atti aventi data certa e comunque documentati, notule a professionisti di qualsiasi genere (legali, notarili, tecniche, mediche, peritali et similia) il tutto dietro presentazione del titolo giustificativo (notula, fattura, bolletta, contratto), e con previsione non solo di esonero da responsabilità per gli istituti di credito ma anche con promessa di retribuzione per l'attività svolta. L'avvocato B, nel dettaglio, avrebbe però utilizzato la detta procura non solo per il compimento di atti documentati e rientranti nell'oggetto di essa e per il pagamento di professionisti ma anche per impossessarsi, nel tempo, sottraendoli a K, di circa 623.171,08 euro (anche sottoforma di parcelle per proprie prestazioni gonfiate) con operazioni non documentate (con condotte specificate nel punto 2 del capo d'imputazione).
3. Con sentenza del 10 luglio 2018, resa all'esito di giudizio abbreviato, il Tribunale di Firenze ha assolto Maria Grazia C dal reato alla stessa ascritto in concorso con B (descritto dal puto 1 della rubrica), perché il fatto non sussiste, e ha condannato B per il delitto di appropriazione indebita aggravata della somma di euro 340.369,16, così diversamente qualificando il fatto di cui al punto 2 dell'imputazione e ritenendo insussistente il fatto di cui al punto 1 della stessa rubrica. Nel dettaglio, il giudice di primo grado non ha ritenuto sussistente, al di là di ogni ragionevole dubbio, il furto in concorso di 570.000,00 euro (punto 1 dell'imputazione) e ha condannato B (con riferimento al punto 2 dell'imputazione) riqualificando il contestato furto aggravato in appropriazione indebita aggravata dal danno di rilevante gravità e dall'abuso di prestazione d'opera limitatamente alla minor somma di euro 340.369,16, in quanto prelevata dal conto corrente di cui alla procura conferita all'imputato ma senza titoli giustificativi.
4. La Corte territoriale, invece, in accoglimento del solo appello proposto dal Pubblico Ministero e in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato gli imputati per furto aggravato oltre che, in solido, al risarcimento dei danni in favore della persona offesa, costituitasi parte civile, con provvisionale di euro 575.000,00.La statuizione d'appello, anche all'esito di rinnovazione dell'istruttoria e conseguente acquisizione della documentazione inerente l'«audit interno a Banca Intesa e relativo alla condotta della dipendente C», si è sostanzialmente to- fondaisulla diversa qualificazione dei fatti accertati. La Corte territoriale li ha sussunti nella fattispecie di furto aggravato in concorso, dando esplicitamente una diversa lettura della condotta «predatoria» globale e tale da ricomprendervi anche quella di cui al punto 1 dell'imputazione, relativa allo storno di liquidità in gran parte già investita in prodotti finanziari fatti transitare su conto corrente riferibile al correntista e poi trasferiti su altro conto corrente intestato alla persona offesa ma presso altra banca.
5. Avverso la prefata sentenza gli imputati B e C hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, tramite i propri difensori di fiducia, articolando, rispettivamente, sette e due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att./coord./trans. cod. proc. pen.
5.1. Con il primo motivo di ricorso la difesa di B deduce la mancanza della motivazione in punto di commisurazione giudiziale della pena, con particolare riferimento all'aggravante del mezzo fraudolento che, per la contestazione, sarebbe consistito nell'utilizzo della procura ma del quale non vi sarebbe traccia in sentenza. Per il caso in cui, invece, si ritenesse di leggere la sentenza impugnata nel senso dell'esclusione della detta circostanza aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 2, cod. pen., il motivo di ricorso conclude nel senso della manifesta incongruità della
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