Cass. civ., SS.UU., sentenza 20/06/2012, n. 10143
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L'art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 - secondo cui gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all'atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l'autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria adita - trova applicazione in ogni caso di esercizio dell'attività forense fuori del circondario di assegnazione dell'avvocato, come derivante dall'iscrizione al relativo ordine professionale, e, quindi, anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla corte d'appello e l'avvocato risulti essere iscritto all'ordine di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della corte d'appello, ancorché appartenente allo stesso distretto di quest'ultima. Tuttavia, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 cod. proc. civ., apportate dall'art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, esigenze di coerenza sistematica e d'interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione "ex lege" presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi dell'art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all'obbligo prescritto dall'art. 125 cod. proc. civ. per gli atti di parte e dall'art. 366 cod. proc. civ. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo - Primo Presidente f.f. -
Dott. PREDEN Roberto - Presidente Sezione -
Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere -
Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere -
Dott. BUCCIANTE Ettore - Consigliere -
Dott. AMOROSO Giovanni - rel. Consigliere -
Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere -
Dott. NAPOLETANO Giuseppe - Consigliere -
Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6269-2009 proposto da:
HAPIMAG ITALIA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 151, presso lo studio dell'avvocato ROSATI ANGELO, rappresentata e difesa dall'avvocato NORSCIA ANTONIO per delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
IAMPIERI TIZIANA;
- intimata -
avverso la sentenza n. 1342/2008 della CORTE D'APPELLO de L'AQUILA, depositata il 08/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/05/2012 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;
udito l'Avvocato ANTONIO NORSCIA;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. CENICCOLA Raffaele che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ricorso depositato il 15 luglio 2008 la società MA Italia s.r.l. impugnava la sentenza del tribunale di Teramo del 10 - 17 dicembre 2007, che aveva dichiarato la illegittimità del licenziamento intimato a ER AN, per mancata osservanza della procedura di cui alla L. n. 223 del 1991, sul presupposto che tale recesso si inserisse nell'ambito di un licenziamento collettivo. Negava di essere soggetta alla disciplina sui licenziamenti collettivi, sia perché svolgeva un'attività stagionale che, come tale, era esclusa, per espressa previsione della L. n. 223 del 1991, art. 24, comma 4, da tale disciplina, sia perché non aveva una
consistenza occupazionale superiore a 15 dipendenti, comunque richiesta per l'applicabilità della legge stessa. Ribadiva poi l'esistenza del giustificato motivo oggettivo, giacché la decisione di non tenere inoperosi lavoratori con contratto a tempo indeterminato per alcuni mesi l'anno e, quindi, di darsi un diverso assetto economico-produttivo, rientrava nel potere dell'imprenditore, insindacabile da parte del giudice.
Sosteneva, infine, di aver fatto richiesta al Centro per l'impiego e all'Agenzia delle entrate per conoscere i redditi dell'appellata dal 2005, e se la stessa si fosse iscritta alle liste di collocamento, riservandosi di produrre la relativa documentazione fino all'udienza. Resisteva la ER, contestando che l'attività svolta dall'appellante fosse stagionale, giacché, anche dopo la richiesta della relativa licenza, nel 2004, essa aveva continuato a svolgere la propria attività per tutto l'anno solare e con lo stesso numero di dipendenti, mentre all'indomani del licenziamento di tutti i lavoratori con contratto a tempo indeterminato, aveva riassunto una dipendente sempre a tempo indeterminato. Rilevava che, ai fini della consistenza occupazionale, andavano computati anche i dipendenti con contratto a termine, che non fossero stati assunti per sopperire ad esigenze contingenti ed eccezionali. Quanto poi all'esistenza del giustificato motivo oggettivo, rinviava alla difesa spiegata sul punto in primo grado.
2. La corte d'appello dell'Aquila con sentenza del 18 settembre 2008 - 8 ottobre 2008 rigettava l'appello e condannava l'appellante al pagamento delle spese del grado. In particolare la corte d'appello riteneva che il licenziamento non potesse che qualificarsi come individuale, essendo stato intimato come tale dalla società datrice di lavoro. Riteneva inoltre che la trasformazione in stagionale dell'attività della società, che in precedenza si svolgeva nel corso di tutto l'anno, non costituiva giustificato motivo oggettivo dell'intimato licenziamento per mancanza di nesso di causalità con la determinazione datoriale di risolvere il rapporto di lavoro. Non teneva conto delle deduzioni della società quanto al requisito numerico perché fatte in riferimento alla prospettazione del licenziamento collettivo. Nulla poi la società aveva provato quanto all'aliunde perceptum.
3. Avverso questa pronuncia la società propone ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.
L'intimata non ha svolto difesa alcuna.
4. La Sezione Lavoro di questa corte, con ordinanza interlocutoria del 15 novembre 2011 - 18 gennaio 2012, n. 702, ha disposto la trasmissione del ricorso al Primo Presidente per l'assegnazione alle Sezioni Unite ravvisando un contrasto di giurisprudenza in ordine all'interpretazione dell'art. 82 regio decreto 22 gennaio 1934 n. 37. In tale ordinanza la Sezione Lavoro pone in rilievo che la società MA Italia s.p.a. ha notificato il ricorso per cassazione a ER AN presso il procuratore domiciliatario costituito in secondo grado, non presso il suo studio (secondo l'indicazione del domicilio data dalla parte nella procura alle liti), ma nella cancelleria della Corte d'appello dell'Aquila. Trattandosi di procuratore esercente fuori della circoscrizione del tribunale cui era assegnato (il giudizio di appello si è svolto dinanzi alla Corte d'appello dell'Aquila, il procuratore domiciliatario era residente in Atri, circondario di Teramo), deve valutarsi se alla fattispecie trovi applicazione, o no, il R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82, per il quale il procuratore che esercita il suo ministero fuori della circoscrizione del tribunale cui è assegnato deve eleggere domicilio, all'atto di costituirsi in giudizio, nel luogo dove ha sede l'ufficio giudiziario presso il quale è in corso il processo, intendendosi in difetto che egli abbia eletto domicilio presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria.
Ricorda l'ordinanza citata che fino ad epoca recente la giurisprudenza (Cass., sez. un., 5 ottobre 2007, n. 20845) ha ritenuto che tale elezione di domicilio ex lege assume rilievo tanto ai fini della notifica della sentenza per il decorso del termine breve per l'impugnazione, che per la notifica dell'atto di impugnazione, rimanendo di contro irrilevante l'indicazione della residenza o anche la elezione del domicilio fatta dalla parte stessa nella procura alle liti, senza che il principio incontri deroghe per il rito del lavoro (Cass., sez. lav., 2 settembre 2010, n. 19001). In prospettiva diversa si pone Cass., sez. lav., 11 giugno 2009, n. 13587, che, partendo da un'interpretazione letterale del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, ritiene che la disposizione da esso denunziata si
applica al giudizio di primo grado (come si evince dal riferimento alla "circoscrizione del tribunale") e trova applicazione al giudizio d'appello solo se trattasi di procuratore esercente fuori del distretto, attesa la ratio della disposizione, volta ad evitare di imporre alla controparte l'onere di una notifica più complessa e costosa se svolta al di fuori della circoscrizione dell'autorità giudiziaria procedente e ad escludere un maggiore aggravio della notifica ove il procuratore sia assegnato al medesimo distretto ove si svolge il giudizio di impugnazione.
5. Fissata la causa all'odierna udienza pubblica innanzi a queste Sezioni Unite, la ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. in cui sostiene la ritualità della notifica del ricorso per cassazione fatta presso la cancelleria della Corte d'appello dell'Aquila essendo il difensore della parte intimata domiciliato ex lege presso la cancelleria di quella corte in quanto iscritto nell'albo professionale del tribunale di Teramo e quindi in una circoscrizione diversa da quella in cui aveva sede la corte d'appello.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è articolato in quattro motivi.
Con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione della L. n. 604 del 1966, art.
3. In particolare contesta la ritenuta assenza di nesso causale tra la scelta per la riduzione dell'attività da annuale a stagionate ed il licenziamento intimato. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione dell'art.2909 c.c. e della L. n. 108 del 1990, art.
2. Sostiene la
deducibilità di un giudicato esterno formatosi in altra controversia con altri due dipendenti licenziati nelle stesse circostanze. Il giudicato secondo la ricorrente concernerebbe la consistenza occupazionale inferiore a 15 dipendenti con conseguente applicabilità della cosiddetta tutela obbligatoria. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione della L. n.108 del 1990, art.
1. La sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto
che il motivo d'appello sulla consistenza occupazionale riguardasse solo l'applicabilità della L. n. 223 del 1991 e non anche il licenziamento individuale.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ancora violazione della L. n. 108 del 1990, art. 1 con riferimento alla deducibilità dell'aliunde perceptum.
2. Preliminare all'esame del merito del ricorso è la verifica della sua ammissibilità in ragione della ritualità, o no, della sua notifica alla parte intimata presso il suo procuratore in appello, domiciliato ex lege presso la cancelleria della corte d'appello dell'Aquila in applicazione dell'art. 82 cit.. Tale verifica implica l'esame della questione di diritto posta nella richiamata ordinanza interlocutoria della sezione lavoro (ord., 15 novembre 2011 - 18 gennaio 2012, n. 702) e che ha ad oggetto l'interpretazione di tale disposizione;
questione sulla quale si è radicato il denunciato contrasto di giurisprudenza della cui composizione sono state investite queste sezioni unite.
3. Il R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82 recante norme integrative e di attuazione del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito nella L. 22 gennaio 1934, n. 36, sull'ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore - disposizione questa che, pur essendo risalente nel tempo, è rimasta immutata e tuttora vigente anche dopo l'entrata in vigore del codice di procedura civile del 1940 e delle varie leggi di riforma che si sono succedute nel tempo - prevede che gli avvocati - e, prima