Cass. pen., sez. II, sentenza 12/07/2019, n. 30669
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: ARCONTE PIERFRANCESCO N. IL 28/10/1968 avverso l'ordinanza n. 182/2018 TRIB. LIBERTA' di REGGIO CALABRIA, del 24/03/2018 sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. L I;latrsentite le conclusioni del PG Dott. g i*: 3 n */ ( ILDL I C - Udit difensorAvv. ?n &-(urk;t;-Kii.) CAk .tg cikA-1-•\ c.),) -7--;5n1 RITENUTO IN FATTO 1. Con unico atto Arconte Pierfrancesco ha proposto ricorso per cassazione avverso due ordinanze del Tribunale del riesame di Reggio Calabria che, rispettivamente il 24/3/2018 ed il 3/4/2018 hanno confermato, la prima l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della stessa città che aveva disposto l'applicazione nei suoi confronti la misura coercitiva degli arresti domiciliari in relazione ai reati di concorso in esercizio abusivo del credito nei confronti del pubblico ex art. 132 del D.L.vo 385/1993, con esclusione dell'aggravante di cui all'art. 7 I. 203/1991, negli anni 2014 e 2015, e di impiego di denaro di provenienza illecita ai sensi dell'art. 648 ter cod. pen., nell'ottobre 2014, e la seconda il decreto del pubblico ministero presso il Tribunale di Reggio Calabria. di convalida del sequestro probatorio disposto in relazione ai medesimi i reati. A sostegno del ricorso avverso l'ordinanza in tema di libertà personale in data 24/3/2018, oggetto della presente sentenza, l'Arconte ha articolato i seguenti motivi di impugnazione: 1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione, per essersi limitato il Tribunale del riesame a trasporre - sia in ordine alla gravità indiziaria che alle esigenze cautelari - le valutazioni del Giudice per le indagini preliminari che, a sua volta, aveva riportato nell'ordinanza cautelare quanto risultante dall'informativa di reato, con la discutibile tecnica del "copia-incolla". 1.2. Vizio di motivazione e violazione di legge con riferimento all'art. 132 D.L.vo 385/1993: ha dedotto il ricorrente che l'ordinanza impugnata avrebbe seguito l'orientamento giurisprudenziale secondo cui il delitto di cui all'art. 132 cit. si configura come eventualmente abituale, strutturato in una condotta unica della quale la ripetizione di una o più delle attività previste dall'art. 106 TUB costituisce requisito essenziale. Il ricorso richiama, invece, una dottrina che configura il reato come abituale e deduce l'assenza, nel caso di specie, di tale requisito, avendo il provvedimento impugnato richiamato uno stretto rapporto commerciale tra il ricorrente Arconte ed il coindagato M - non contestato dalla difesa - poi invocando ripetutamente non precisati "torbidi" rapporti di natura illecita, così incorrendo nel vizio di mera apparenza della motivazione. 1.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta gravità degli indizi in ordine ad entrambi i reati contestati. 1.4. Omessa motivazione con riferimento alla produzione difensiva, unitamente alle registrazioni non integralmente trascritte dalla P.G. delle conversazioni intercettate. In proposito l'Arconte ha dedotto anche il vizio di travisamento della prova evidenziando che la difesa con l'istanza di riesame aveva anche rinunciato all'eccezione di inutilizzabilità di un colloquio difensivo captato negli uffici del M in presenza dell'avv. Crapanzano, perché favorevole allo stesso ricorrente, perché la stessa trascrizione operata dalla P.G. aveva dato atto che si stava discorrendo dell'acquisto di una partita di IPhone, sicché era stato richiesto l'ascolto del nastro, ed invece l'ordinanza impugnata si è limitata ad affermare che la versione alternativa offerta sul punto dalla difesa non sarebbe suffragata da elementi di riscontro concreti, così dando con affermazione che si assume apodittica e congetturale una veste illecita ad un negozio giuridico perfettamente lecito. A dire del ricorrente, invece, nessuna delle conversazioni indicate nell'ordinanza darebbe contezza di attività inquadrabili nella fattispecie di reato enucleata, e la difesa avrebbe documentato i rapporti tra la M Elettronica e la sdr Trade SRL, di cui l'Arconte era amministratore, attraverso i libri contabili delle imprese, i mastrini di sottoconto e le visure camerali;ha dedotto in proposito il ricorrente che dai mastrini dì sottoconto sarebbe risultato un debito della prima nei confronti della seconda pari ad C 89.178,39, debito poi ridotto ad C 68.622,63 come capita tra fornitore e cliente abituale che soffre un momento di crisi: si tratterebbe, pertanto, di rapporti che accrediterebbero la versione dell'Arconte secondo cui il M gli prospettava continue problematiche di tipo economico sicché il primo, intuendo il guadagno per il prezzo propostogli, ma non potendo proporre questo ai propri soci per la grossa esposizione del M, lo finanziava personalmente. L'Arconte deduce che tale prospettazione non sarebbe stata in alcun modo vagliata dal Tribunale del riesame, che non aveva tenuto conto della lecita provenienza della somma utilizzata per il finanziamento da parte del ricorrente (al quale la Corte di Assise aveva restituito 268.557,59 euro, riconoscendone la lecita provenienza), né aveva motivato in alcun modo sulla movimentazione bancaria documentata dall'Arconte ma, ad avviso di questo, si sarebbe limitata ad apodittici giudizi di illiceità dei rapporti tra i due, non ancorati a circostanze fattuali specifiche bensì a mere clausole di stile. Nella prospettazione difensiva, in definitiva, le diverse conversazioni intercettate si presterebbero a ben diverse letture, avendo l'Arconte finanziato esclusivamente il M, al quale era legato da un datato rapporto amicale e commerciale. Trattandosi, pertantolpertantoldi conversazioni dalla lettura che si assume non univoca, il ricorrente ha dedotto la nullità dell'ordinanza impugnata per violazione degli artt. 291 e 292 comma 2 ter cod. pen. , non essendo dato comprendere la sussistenza di dati sintomatici di un rapporto tra l'Arconte ed i soggetti ai quali solo presuntivamente ed in maniera continuativa avrebbe elargito il credito.Il reimpiego di un assegno di euro 2900, di cui al capo L), che il ricorrente aveva ricevuto dall'Argirò, che non conosceva, su indicazione del M, è stato giustificato nel ricorso con l'assunto secondo cui quest'ultimo doveva rientrare del proprio debito con l'Arconte, mentre il Tribunale del riesame, adagiandosi sulle argomentazioni dell'ordinanza cautelare, avrebbe fondato su una mera congettura il riconoscimento dell'illecita provenienza della somma, pur mancando anche la prova della conoscenza, da parte dell'Arconte, di tale supposta illecita provenienza, argomentata sempre sulla base di illazioni circa torbide relazioni di affari tra i due. Analogamente, è stata dedotta l'assenza di elementi in ordine all'elemento psicologico della finalizzazione a far perdere le tracce dell'illecita provenienza.
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