Cass. pen., sez. III, sentenza 09/02/2023, n. 05582
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da B F, nata a Sarnico il 26-05-1978, avverso la sentenza del 09-11-2021 della Corte di appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere F Z;
lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa F C, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 9 novembre 2021, la Corte di appello di Brescia confermava la decisione emessa dal G.U.P. del Tribunale di Bergamo il 16 luglio 2020, con la quale F B era stata condannata alla pena, condizionalmente sospesa, di 8 mesi di reclusione, in quanto ritenuta colpevole del reato di cui all'art. 5 del d. Igs. n. 74 del 2000, a lei contestato per avere omesso, quale titolare della ditta "B.G. di B F", di presentare la dichiarazione iva dovuta per l'anno 2011, così evadendo le imposte indirette nella misura di 157.962 euro;
fatto integrato in Sarnico il 30 dicembre 2012. 2. Avverso la sentenza della Corte di appello lombarda, la B, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi. Con il primo, sono stati dedotti la violazione degli art. 187 e 192 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione in ordine al difetto di prova;
in particolare, la difesa osserva che l'imputata non ha contestato la verifica fiscale operata dagli accertatori, che ha condotto alla determinazione di acquisti intervenuti per 311.824 euro, né ha contestato la propria precedente dichiarazione fiscale, in cui sono state annotate rimanenze per 270.105 euro, ma ha censurato che fosse stata raggiunta la prova circa l'avvenuta vendita delle rimanenze e degli acquisti, costituendo tale circostanza il presupposto per ricavare il dato reddituale. Né era onere dell'imputata fornire la dimostrazione, a distanza di nove anni, della presenza attuale delle rimanenze, ricadendo tale onere sugli accertatori, passando l'accertamento del reato dalla verifica empirica delle eventuali vendite, che non può essere provata dalla sola assenza delle dichiarazioni fiscali, non potendo del resto trovare ingresso nel processo penale le presunzioni tributarie, valide per altro tipo di contenzioso, ma non ai fini del giudizio di colpevolezza. Per lo stesso motivo, rispetto a vendite non effettuate, non possono presumersi applicati ricarichi su base statistica, prendendo cioè come punto di riferimento valori medi desumibili dalle precedenti
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere F Z;
lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa F C, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 9 novembre 2021, la Corte di appello di Brescia confermava la decisione emessa dal G.U.P. del Tribunale di Bergamo il 16 luglio 2020, con la quale F B era stata condannata alla pena, condizionalmente sospesa, di 8 mesi di reclusione, in quanto ritenuta colpevole del reato di cui all'art. 5 del d. Igs. n. 74 del 2000, a lei contestato per avere omesso, quale titolare della ditta "B.G. di B F", di presentare la dichiarazione iva dovuta per l'anno 2011, così evadendo le imposte indirette nella misura di 157.962 euro;
fatto integrato in Sarnico il 30 dicembre 2012. 2. Avverso la sentenza della Corte di appello lombarda, la B, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi. Con il primo, sono stati dedotti la violazione degli art. 187 e 192 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione in ordine al difetto di prova;
in particolare, la difesa osserva che l'imputata non ha contestato la verifica fiscale operata dagli accertatori, che ha condotto alla determinazione di acquisti intervenuti per 311.824 euro, né ha contestato la propria precedente dichiarazione fiscale, in cui sono state annotate rimanenze per 270.105 euro, ma ha censurato che fosse stata raggiunta la prova circa l'avvenuta vendita delle rimanenze e degli acquisti, costituendo tale circostanza il presupposto per ricavare il dato reddituale. Né era onere dell'imputata fornire la dimostrazione, a distanza di nove anni, della presenza attuale delle rimanenze, ricadendo tale onere sugli accertatori, passando l'accertamento del reato dalla verifica empirica delle eventuali vendite, che non può essere provata dalla sola assenza delle dichiarazioni fiscali, non potendo del resto trovare ingresso nel processo penale le presunzioni tributarie, valide per altro tipo di contenzioso, ma non ai fini del giudizio di colpevolezza. Per lo stesso motivo, rispetto a vendite non effettuate, non possono presumersi applicati ricarichi su base statistica, prendendo cioè come punto di riferimento valori medi desumibili dalle precedenti
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