Cass. civ., SS.UU., sentenza 01/08/2012, n. 13797

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La riassunzione del giudizio disciplinare davanti al Consiglio Nazionale Forense, a seguito di cassazione con rinvio, deve essere compiuta secondo il disposto dell'art. 392 cod. proc. civ., attesi l'assenza, nell'ambito della legge speciale forense, di una specifica disposizione regolante le modalità di proposizione del giudizio di riassunzione e la vigenza del principio secondo cui, in mancanza di disposizioni specifiche della legge professionale, si applicano quelle del codice di procedura civile. Ne consegue che sono inapplicabili nel giudizio di rinvio le disposizioni relative all'originario giudizio di impugnazione le quali prevedono il deposito dell'atto presso la segreteria del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati ed assolvono ad esigenze proprie di tale fase processuale.

Ai sensi di quanto disposto, in via generale, dall'art. 44 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 sull'ordinamento della professione di avvocato e, con riferimento alle deliberazioni in materia disciplinare, dagli artt. 51 e 64 dello stesso decreto, norme aventi carattere speciale rispetto alla disposizione dell'art. 132, ultimo comma, cod. proc. civ., le deliberazioni del Consiglio Nazionale Forense sono sempre sottoscritte dal solo presidente e segretario, non anche dal relatore, senza che ciò determini alcun contrasto con gli artt. 24 e 101 Cost.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 01/08/2012, n. 13797
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13797
Data del deposito : 1 agosto 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. L M G - Primo Presidente f.f. -
Dott. P L - rel. Consigliere -
Dott. R R - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. A A - Consigliere -
Dott. P C - Consigliere -
Dott. M L - Consigliere -
Dott. M V - Consigliere -
Dott. D C V - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 2252/2012 proposto da:
V M, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

AUGUSTO AUBRY

5, presso lo studio dell'avvocato T M, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato V M, per delega a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA, CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI PER LA CIRCOSCRIZIONE DEL TRIBUNALE DI VERONA;



- intimati -


avverso la decisione n. 55/2011 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 21/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/06/2012 dal Consigliere Dott. L P;

udito l'Avvocato Massimo TORRE;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott.

CENICCOLA

Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Verona, a conclusione del procedimento disciplinare avviato a seguito di esposto dell'avv. Margherita Grigolini a carico dell'avvocato Massimo V, con provvedimento del 19.11-18.12.07, irrogò a quest'ultimo la sanzione disciplinare dell'avvertimento, "per aver violato il dovere di colleganza avendo in data 15 settembre 2003-19 settembre 2003 notificato alla società Patuzzo Costruzioni Generali S.r.l. - difesa dall'Avv. Margherita Grigolini - la sentenza del Giudice di Pace depositata l'1 settembre 2003, a cui in data 10 settembre 2003 aveva fatto apporre la formula esecutiva, senza che il dispositivo della sentenza fosse stato ancora comunicalo alle parti e senza curarsi di accertare se il legale di controparte avesse ricevuto notizia del dispositivo stesso, ne' rendendo la stessa edotta dell'intervenuto deposito di detta sentenza, ne' chiedendo all'Avv. Grigolini quali fossero le intenzioni della sua cliente in ordine al pagamento della sentenza onde evitare alla società Patuzzo Generali Costruzioni S.r.l. l'aggravio delle competenze di precetto: con ciò violando l'art. 38 L.P. in riferimento all'art. 49 ed all'art. 22 del Codice Deontologico Forense approvato dal C.N.F. nella seduta del 17.04.1997 e successive modifiche. Fatti Commessi in Verona il 15.9.2003- 17.9.2003".
All'esito del tempestivo ricorso dell'incolpato, non resistito dall'intimato C.O.A. con decisione del 26.2.09, depositata il 18.5.09, il Consiglio Nazionale Forense accolse l'impugnazione ritenendo l'insussistenza di alcun obbligo deontologico nei sensi di cui alla riportata contestazione.
Ma a seguito del ricorso del C.O.A., cui aveva resistito il V. questa Corte a Sezioni Unite, con sentenza n. 27214 pubblicata il 23.12.2009, in accoglimento del secondo motivo, cassò con rinvio la sentenza impugnata, affermando il seguente principio, "viola l'art. 22 del Codice deontologico Forense l'avvocato che sulla base di sentenza favorevole al proprio cliente, nonostante la modestia - in relazione alle condizioni economiche del debitore del credito accertato nella pronunzia giurisdizionale e pur in assenza di un rifiuto esplicito di dare spontanea esecuzione alla sentenza, notifichi al debitore atto di precetto (così aggravando la posizione debitoria di questo), senza previamente informare l'avvocato dell'avversario della propria intenzione di dare corso alla procedura esecutiva".
Riassunto il processo dal C.O.A. di Verona con ricorso depositato il 7.5.2010, nella resistenza dell'avv. V, il Consiglio Nazionale Forense, con decisione dell'11.11.2010, depositata il 21.4.2011 confermava la responsabilità disciplinare ascritta all'incolpato e la conseguente sanzione dell'avvertimento.
Disattese le preliminari eccezioni deducenti la tardività della proposizione del ricorso, l'erroneità delle relative modalità di presentazione e la carenza al riguardo di legittimazione e costituzione del C.O.A. il suddetto giudice di rinvio, preso atto della pronunzia di questa Corte e ritenuta la natura vincolante non solo del principio in essa affermatola anche delle relative premesse logico-giuridiche e, dunque, degli "accertamenti già compresi nell'ambito di tale enunciazione", osservava che non potevano essere diversamente rivalutati i fatti oggetto del procedimento disciplinare, in ordine ai quali risultava vincolante il giudizio espresso in sede di legittimità;
sicché non avrebbe potuto che "affermarsi la responsabilità disciplinare dell'avv. V Massimo in ordine ai fatti oggetto dell'incolpazione...ed applicarsi al medesimo la sanzione dell'avvertimento, ritenuta congrua e rapportata alla gravità dei fatti contestati, come del resto ritenuto dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Verona....". Avverso tale decisione l'avvocato V ha proposto tempestivo ricorso a queste Sezioni Unite, deducendo sette motivi. L'intimato C.O.A. non ha svolto in questa sede ulteriori attività. MOTIVI DELLA DECISIONE
p.

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia "violazione dell'art.360 c.p.c., n. 4, in relazione al R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art.64, e art. 132 c.p.c.", deducendo la nullità della sentenza per
mancanza della sottoscrizione del giudice relatore, firma che, sebbene non espressamente prevista nella norma speciale citata, sarebbe necessaria, sia al fine di consentire la verificazione dell'osservanza della stessa, nella parte imponente che la redazione della sentenza sia affidata a detto componente del collegio, sia in virtù dell'applicazione analogica dell'art. 132 c.p.c., e art. 546 c.p.p., tanto più in considerazione dell'applicabilità al
procedimento speciale in questione, più volte affermata nella giurisprudenza di legittimità, delle norme processuali, ove non in contrasto, del codice di rito civile.
Il motivo non merita accoglimento, alla luce del principio già enunciato da queste Sezioni Unite, secondo cui "ai sensi di quanto disposto, in via generale, dal R.D. 22 gennaio 1934, n. 3, art. 44, sull'ordinamento della professione di avvocato e con riferimento alle deliberazioni in materia disciplinare, dagli artt. 51 e 64 dello stesso decreto, norme aventi carattere speciale rispetto alla disposizione dell'art. 132 c.p.c., u.c., le deliberazioni del Consiglio nazionale forense sono sempre sottoscritte dal solo presidente e segretario, non anche del relatore, senza che ciò determini alcun contrasto con gli artt. 24 e 101 Cost." (sent. n. 11750 del 24.6.2004). Da tale indirizzo il collegio non ravvisa motivi per doversi discostare, considerato che il proposto procedimento di applicazione analogica delle norme codicistiche, peraltro contrastante con il principio generale di tassatività delle nullità, presupporrebbe una lacuna normativa, nella specie insussistente, tenuto conto della presenza nella legge speciale delle citate norme ad hoc, che il legislatore ha ritenuto sufficienti a garantire sia mediante la sottoscrizione da parte del presidente, la conformità della decisione alla volontà del collegio, sia, mediante quella del segretario, la provenienza della stessa dall'organo decidente. p.

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