Cass. civ., sez. V trib., sentenza 07/12/2022, n. 35920
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o la seguente SENTENIZA sul ricorso iscritto al n. 27688 del ruolo generale dell'anno 2021 proposto da: Romagna Giochi s.r.I., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'Avv. P S per procura speciale allegata al ricorso, presso il cui studio in Roma, via Ferdinando Galiani, n. 68, è elettivamente domiciliata;- ricorrente -contro Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi„ n. 12, è domiciliata;- controricorrente - per la revocazione della sentenza della Corte di cassazione n. 16953/2021, depositata in data 16 giugno 2021;udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 29 settembre 2022 dal Consigliere G T;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R M, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità J o l'infondatezza del ricorso;uditi per la ricorrente l'Avv. M I e per l'Agenzia delle entrate l'Avv. G G. Fatti di causa Con sentenza 16 giugno 2021, n. 16953, questa Corte ha pronunciato sul ricorso proposto dall'Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell'Emilia- Romagna n. 54/12/2012, depositata 1'11 luglio 201.2, ed ha accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, e, decidendo nel merito, ha rigettato il ricorso originario della società Romagna Giochi s.r.l. e compensato le spese di lite. Dal contenuto della suddetta pronuncia di questa Corte si evince che: la controversia aveva origine dalla notifica di un avvilso di irrogazione delle sanzioni alla suddetta società, quale gestore di apparecchi da gioco, per omessa regolarizzazione di fatture relative ai compensi corrisposti ai titolari degli esercizi presso i quali erano state installate le macchine da gioco, in quanto erroneamente tali compensi erano stati considerati esenti da iva;il giudice del gravame, confermando la decisione del giudice di primo grado, aveva rigettato l'appello dell'amministrazione finanziaria, avendo evidenziato che le attività svolte dall'esercente erano riconducibili a quelle di raccolta delle giocate che godevano dell'esenzione dall'iva, diversamente da quanto prospettato dall'amministrazione finanziaria con l'avviso impugnato, anche in considerazione del ruolo imprescindibile svolto da tali soggetti nella "filiera del gioco". Con la citata pronuncia, questa Corte ha accolto il ricorso per cassazione proposto dall'Agenzia delle entrate, in particolare: ha disatteso l'eccezione di giudicato esterno prospettato dalla società;inoltre, accogliendo il primo motivo di ricorso, ha precisato che, stante la riserva della gestione del gioco in capo ai concessionari, cui è consentito di affidare a terzi l'attività di raccolta delle giocate, solamente alle operazioni relative a tale attività andava riconosciuta l'esenzione dall'imposta che, dunque, trovava applicazione solo nell'ambito dei rapporti tra concessionario ed esercente e tra concessionario e gestore, non essendo configurabile un'attività di raccolta delle giocate posta in essere da soggetti privi di affidamento diretto da parte del concessionario, non potendo il soggetto cui sia stato affidato tale compito dal concessionario affidarlo, a sua volta, a terzi. Avverso la suddetta pronuncia la società ha quindi proposto ricorso per la revocazione affidato a due motivi di censura, cui ha resistito l'Agenzia delle entrate depositando controricorso. Ragioni della decisione Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza per errore di fatto, ai sensi dell'art. 395, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., per avere omesso di rinviare al giudice del merito per l'esame delle questioni prospettate dinanzi al giudice del gravame e da questo ritenute assorbite. In particolare, evidenzia parte ricorrente che sia nel primo che nel secondo grado di giudizio era stata da essa prospettata l'illegittimità della sanzione irrogata non solo sotto il profilo della applicabilità, anche nei rapporti tra gestore ed esercente, dell'esenzione di cui all'art. 10, comma 1, n. 6), d.P.R. n. 633/1972, ma anche per due ulteriori profili: l'erronea determinazione del quantum debeatur;la sussistenza dei presupposti per la disapplicazione della sanzione, attesa la situazione di oggettiva incertezza della norma tributaria. Evidenzia, inoltre, che, mentre il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso della società sulla sola base della considerazione della mancanza di motivazione dell'atto di irrogazione delle sanzioni in ordine alla ripartizione del totale delle operazioni tra operazioni soggette ad Iva e operazioni esenti, il giudice del gravame aveva risolto la questione, in modo pur sempre favorevole alla società, sulla sola base della diversa considerazione della unitarietà complessiva e necessaria delle attività poste in essere dal concessionario, dal gestore e dall'esercente, ed aveva, quindi, espressamente ritenute assorbite le ulteriori questioni. Lamenta, pertanto, parte ricorrente che la pronuncia oggetto di revocazione sarebbe incorsa nel vizio revocatorio di cui all'art. 395, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., avendo accolto il ricorso dell'Agenzia delle entrate e deciso nel merito la controversia, rigettando il ricorso originario, nonostante l'errore percettivo, risultante dagli atti, della necessità di rinviare al giudice del merito per l'esame delle ulteriori questioni rimaste assorbite. Il motivo è fondato. In termini generali, va osservato che la previsione di cui all'art. 395, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., cui fa espresso richiamo l'art. 391bis, comma primo, cod. proc. civ. (che ha introdotto la possibilità di proporre ricorso per revocazione anche avverso Me sentenze della Corte di cassazione) circoscrive la rilevanza e decisività dell'errore di fatto al solo caso in cui la decisione sia fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa ovvero sull'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, sempre che il fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale il giudice si sia poi pronunciato (Cass. civ. 28 settembre 2018, n. 23502), risolvendosi esclusivamente in un vizio di assunzione del "fatto", che può anche consistere nel contenuto degli atti processuali oggetto di cognizione del giudice (quali la sentenza impugnata o gli atti di parte), e non può, quindi, concernere il contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti (Cass. Sez. U, nn. 13181/2013;2008/26022;Cass. civ., n. 22569/2013).Si è, peraltro, precisato che l'errore di fatto, idoneo a costituire motivo di revocazione, si configura come una falsa percezione della realtà, e pertanto consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolge l'attività valutativa del giudice per situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività, e deve, inoltre, avere i caratteri dell'assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza e gli atti o documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche ed essere essenziale e decisivo. Si è anche ritenuto che l'errore revocatorio sia configurabile nell'ipotesi di omessa percezione dell'esistenza di un motivo di ricorso, così come delle questioni sulle quali il giudice d'appello abbia mancato di pronunciarsi perchè assorbite, anche implicitamente, dalla decisione di altri motivi (Cass. civ., n. 11937/2002;Cass. civ., n. 22373/ 2014;Cass. civ., n. 23833/2015). In questo specifico ambito, relativo alla mancata pronuncia su questioni assorbite nel giudizio di merito, è stato precisato che la eventuale mancata riproposizione della questione in sede di legittimità non incide negativamente sulla "decisività" del detto errore di fatto, posto che sulle questioni sollevate nel giudizio di merito e non riproposte in sede di legittimità all'esito della declaratoria di assorbimento pronunciata dal giudice d'appello (anche implicitamente), non si forma giudicato implicito (Cass. Sez. U, n. 23833/2015;Cass. civ., n. 7988/2018;Cass. civ., n. 26479/2016). Con riferimento al caso di specie, si evince dalla sentenza della Commissione tributaria regionale dell'Emilia-Romagna n. 54/12/2012, oggetto di successivo ricorso per la cessazione dinanzi a questa Corte, che il giudizio di primo grado si era concluso con l'accoglimento del ricorso introduttivo sulla base della "mancata quantificazione e ripartizione del totale delle operazioni tra operazioni soggette Iva ed operazioni esenti" mentre il giudice del gravame, procedendo ad una diversa ricostruzione in diritto della questione, aveva ritenuto di confermare la pronuncia di accoglimento, ma per una motivazione differente, non essendo "pregiudiziale, come affermato dai giudici di prime cure, la questione relativa ai compensi Gestore-Esercente tra raccolta delle giocate e prestazione di servizi strumentali o non strumentali alla raccolta delle giocate, poiché tutti i compensi gestore-esercente riconducibili alle giocate sono esenti IVA", dichiarando espressamente che: "tale esenzione è assorbente di qualsiasi altra questione'''. In sostanza, risulta in atti che il giudice del gravame aveva ritenuto di potere definire la controversia in senso favorevole alla società sulla base di una valutazione, a monte, della non assoggettabilità ad Iva delle prestazioni di servizi rese dall'esercente, essendo questo parte necessaria dell'attività di raccolta delle giocate, ed aveva evidenziato espressamente la valenza assorbente di tale valutazione in diritto rispetto a "qualsiasi altra questione'. È certo, dunque, poiché risulta dalla stessa sentenza del giudice del gravame, che la società aveva prospettato ulteriori questioni, non esaminate atteso il valore assorbente della pronuncia in diritto, e che su queste era stato espresso un giudizio di assorbimento. Pertanto, la prospettazione di parte ricorrente è fondata, essendo evidente, in quanto risulta dalla stessa sentenza del giudice del gravame, l'erronea statuizione della pronuncia di questa Corte di decisione nel merito, non consentendo, in tal modo, di esaminare le ulteriori questioni non decise dal giudice del merito che, non essendo coperte da giudicato, avrebbero dovuto costituire materia di decisione da parte del giudice del rinvio. La sentenza deve essere pertanto revocata nella parte in cui, dopo aver cassato la sentenza impugnata, ha ritenuto di potere decidere nel merito, piuttosto che disporre il rinvio al giudic:e del merito per l'esame delle ulteriori questioni rimaste assorbite. Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza per errore di fatto, ai sensi dell'art. 395, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., per mancata valutazione di un precedente giudicato esterno.Evidenzia parte ricorrente che la pronuncia di questa Corte aveva disatteso l'eccezione di giudicato esterno in base all'errore presupposto che i giudicati si riferivano a giudizi instaurati dagli esercenti, ma tale considerazione non sarebbe corretta, in quanto fondata sulla negazione di un fatto incontestabile, cioè la coincidenza tra le operazioni e l'oggetto del precedente giudicato e quelle sottostanti alla pretesa sanzionatoria avanzata nell'atto di irrogazione delle sanzioni oggetto del giudizio. Il motivo è inammissibile. Questa Corte ha precisato che l'errore di fatto non cleve cadere su di un punto controverso, sul quale il giudice si sia pronunciato, e deve avere il carattere di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza la necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche (Cass. civ., n.6388/1999;9120/1999;1552272002;23592/2004;2713/2007), con la conseguenza che l'errore di fatto, quale errore meramente percettivo (Cass. civ., 5075/2008), non può concernere l'attività valutativa, da parte del giudice, di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività (Cass. civ., 9979/1994;314/2000;6198/2005;14766/2006) e quindi l'erroneo apprezzamento di risultanze processuali (Cass. civ., 14840/2000;15466/2003;10807/2006), o il vizio di ragionamento sui fatti assunti, ricorrendo in tali ipotesi errore di giudizio (Cass. civ., 075/2008), qualora i fatti segnalati abbiano formato oggetto di esatta rappresentazione e poi di discussa valutazione (Cass. civ., 4859/1998;4145/1999;4196/1999;2478/2006). Pertanto, l'attribuzione ad una sentenza di efficacia di giudicato in un giudizio diverso da quello in cui la stessa è stata emanata, presuppone, per un verso, una interpretazione complessiva dell'intero contenuto della sentenza e, per altro verso, l'apprezzamento e la valutazione in diritto di tale contenuto. Con il presente motivo parte ricorrente denuncia un erroneo apprezzamento delle risultanze processuali e dell'asserito giudicato esterno formatosi in seguito alle sentenze di altre Commissione tributarie regionali e, quindi, un errore di valutazione e di giudizio, e non di percezione, inidoneo a confiqurare nella specie un'ipotesi di errore di fatto revocatorio. D'altro lato, il motivo non tiene conto della ratio decidendi della pronuncia revocanda. La Corte, pronunciando sulla questione dell'eccezione di giudicato esterno, ha precisato, in diritto, che, nel processo tributario, l'efficacia di giudicato esterno presuppone necessariamente l'identità delle parti, del petitum e della causa petendi e, correlativamente, ha evidenziato che, nel caso di specie, mancavano i presupposti, in quanto i giudizi erano stati instaurati dagli esercenti: dunque, proprio la mancata partecipazione, in quei giudizi, della società ricorrente, quale soggetto gestore, ha costituito il motivo per escludere che vi fosse identità di parti, avendo i giudizi in comune "i- solo elemento di affrontare la medesima questione", sicchè nessun rilievo ha, invero, come invece sostenuto dalla ricorrente, l'identità del rapporto. In conclusione, è fondato il primo motivo, inammissibile il secondo, con conseguente revocazione della sentenza 16 giugno 2021§, n. 16953 di questa Corte nella parte in cui, dopo aver cassato la sentenza impugnata, ha deciso nel merito anziché disporre il rinvio per l'esame delle questioni assorbite e non ancora decise e, di conseguenza, la causa va rinviata alla Corte di Giustizia di secondo grado dell'Emilia-Romagna per l'esame delle suddette questioni e per la liquidazione delle spese di questo giudizio.
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