Cass. civ., sez. V trib., sentenza 02/07/2003, n. 10447
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Per l'applicazione dell'imposta di registro ad un atto di regolarizzazione di una societa' di fatto (in una societa' di persone o di capitali), e' necessario che questa sia stata validamente costituita, vuoi formalmente, attraverso un negozio giuridico espresso, vuoi per effetto di un comportamento concludente. In ambedue i casi, occorre che via sia una pluralita' di soggetti capaci di agire e di porre in essere il negozio associativo, nonche' una pluralita' di centri di interessi (Fattispecie relativa ad un'impresa individuale caduta in successione, in relazione alla quale la Corte di cassazione ha negato l'esistenza di una societa' di fatto per il difetto dei presupposti in quanto due dei tre eredi, i figli minorenni del defunto imprenditore, erano stati rappresentati dall'altro coerede (il coniuge superstite e genitore dei figli minori) nell'atto di regolarizzazione della pretesa societa' di fatto, posto in essere a seguito della successione, e ha affermato che dalla semplice intestazione dell'atto non si puo' desumere alcun elemento interpretativo decisivo per l'affermazione dell'esistenza di una tale societa'). Massima tratta dal CED della Cassazione.
Sul provvedimento
Testo completo
Fatto - La controversia ha ad oggetto l'applicazione delle imposte di
registro, ipotecarie e catastali sull'atto con il quale e' stata costituita
la societa' P. C. S.a.s. di Santa Cristina Valgardena (BZ), tra gli eredi
del precedente titolare della stessa pensione signor A. S..
L'atto veniva tassato come regolarizzazione di societa' di fatto e la
societa' chiedeva il rimborso delle imposte versate.
Il ricorso, peraltro, veniva disatteso dalle Commissioni tributarie di
primo e di secondo grado.
La Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano con sentenza, in
data 13 novembre/20 dicembre 1997, riteneva che si fosse trattato di una
regolarizzazione di societa' di fatto, e che fosse stata richiesta oltre il
termine previsto per l'esenzione da imposta.
Con atto notificato il 31 gennaio 1999 propongono ricorso per
cassazione, con cinque motivi di impugnazione, la societa' P. C. S.a.s., in
persona della socia accomandataria legale rappresentante signora L.A. P.,
nonche' in proprio la stessa signora L.A. P. ed i signori D. S. e O. S.
Parte ricorrente fa pervenire successiva memoria.
Diritto - 1. Il ricorso e' fondato, e merita accoglimento.
In particolare sono fondati, e vanno accolti, i primi tre motivi da
trattare congiuntamente, mentre rimangono assorbiti i successivi due.
2. Con il primo motivo la societa' lamenta l'illegittimita' della
sentenza per aver considerato applicabile il regime della regolarizzazione
di una societa' di fatto ad un negozio che aveva invece ad oggetto la
costituzione di una nuova societa' in accomandita semplice, nonche' la
violazione degli artt. 20 e 22 del testo unico sull'imposta di registro, e
dell'art. 4, lettera a), della Tariffa allegata, e la falsa applicazione
della lettera e) del medesimo art. 4, e della nota V allo stesso.
La Commissione avrebbe deciso sulla base della convinzione che si
trattasse di una regolarizzazione di una societa' di fatto, ed avrebbe
tratto questa convinzione dalla presunta inevitabilita' della costituzione
di una societa' di fatto tra la signora L.A. P. e gli altri coeredi (allora
minorenni).
La tassazione della costituzione di una societa' di fatto era legittima
solamente se il rapporto societario veniva enunciato in un atto scritto, non
essendo sufficienti la semplice menzione e neppure presunzioni. E
l'enunciazione richiedeva l'indicazione di tutti gli elementi essenziali
della societa'.
La sentenza aveva ritenuto che in caso di continuazione dell'attivita'
imprenditoriale del defunto la comunione di godimento tra coeredi si
trasformasse inevitabilmente in societa' di fatto, mentre secondo la
ricorrente erano ammissibili altre eventualita'.
Ne' la circostanza che l'atto fosse intitolato come di costituzione di
societa' di fatto poteva servire a dimostrare l'esistenza di questa entita',
perche' il titolo era stato apposto erroneamente e non corrispondeva
all'effettivo contenuto dei negozio.
3. Con il secondo motivo di impugnazione la societa' eccepisce
l'illegittimita' della sentenza per aver considerato applicabile il regime
fiscale della regolarizzazione di una societa' di fatto, e la violazione e
falsa applicazione delle stesse norme gia' citate a proposito del primo
motivo, nonche' degli artt. 2247 e 2294 del codice civile (relativi,
rispettivamente, al contenuto del contratto di societa' ed alla
partecipazione degli incapaci alle societa' commerciali).
Sottolinea in proposito che l'attivita' economica non era affatto
esercitata in comune, ma, nell'interesse dell'intera societa', dall'unico
soggetto maggiorenne, dotato della necessaria competenza.
Sarebbe mancata l'affectio societatis.
La sentenza invece aveva confuso con essa la contitolarita' dell'azienda.
Ne' questo