Cass. civ., sez. II, sentenza 21/06/2022, n. 19929
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to la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: M A, A E e A E, rappresentate e difese per procura alle liti in calce al ricorso dall'Avvocato D G, elettivamente domiciliate presso il suo studio in Roma, via degli Scipioni n. 286A. Ricorrenti contro Ministero della Giustizia, in persona del Ministro, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia ex lege. 1Controrkorrente avverso il decreto n. 3667 della Corte di appello dì Catanzaro, depositato il 21. 7. 2018. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5. 5. 2022 dal consigliere relatore dott. M B;viste le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. M F, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.R.G. N. 6286/2019. Fatti di causa Con decreto n. 3667 del 21. 7. 2018 la Corte di appello di Catanzaro rigettò l'opposizione proposta da M A, A E e A E avverso il provvedimento del consigliere designato che aveva liquidato in loro favore la somma di euro 700,00 a titolo di equo indennizzo ai sensi della legge n. 89 del 2001 in relazione ad un giudizio di risarcimento dei danni instaurato nel 1998 nei confronti di A G, deceduto il 17. 2. 2002, a cui i ricorrenti, quali suoi eredi, erano subentrati con atto di costituzione del 27. 2. 2003, giudizio conclusosi in primo grado con sentenza del 28. 8. 2008 ed in appello con sentenza del 30. 10. 2015. La Corte distrettuale motivò l'accoglimento solo in parte della domanda affermando che i ricorrenti avevano agito non iure proprio, ma iure hereditatis, sicché la durata del processo doveva determinarsi fino all'intervenuto decesso del loro de cuius e che, rispetto ad essa, l'eccedenza dello stesso rispetto alla sua durata ragionevole era pari ad un anno e quattro mesi. Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 13. 2. 2019, hanno proposto ricorso M A, A E e Angotti Emanuele, affidandosi a quattro motivi. Il Ministero della Giustizia ha notificato controricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria. Con ordinanza del 20. 10. 2021 la causa, trattata in adunanza camerale ai sensi dell'art. 380 bis 1 cod. proc. civ., è stata rimessa alla pubblica udienza. In vista della udienza parte ricorrente ha depositato ulteriore memoria. La trattazione del ricorso si è svolta, ai sensi dell'art. 2:3, comma 8 bis, d.l. 28. 10. 2010, n. 137, convertito con la legge 18. 12. 2010, n.176, in camera di consiglio senza l'intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, non essendo stata presentata richiesta di discussione orale. Il Procuratore generale ha deposito le conclusioni scritte indicate in epigrafe. Ragioni della decisione Il primo motivo del ricorso denunzia omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, lamentando che la Corte di appello abbia respinto la domanda dei ricorrenti per il periodo successivo alla morte — R.G. N. 6286/2019. del loro de cuius sulla base dell'erroneo presupposto che essi avessero agito solo nella qualità di eredi, senza considerare che avevano chiesto la liquidazione dell'equo indennizzo in relazione all'intero processo, anche con riferimento al giudizio di appello e che la precisazione da parte loro di essere eredi dell'originario convenuto non valeva ad escludere che essi avessero agito anche iure proprio. Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., assumendo che, interpretando erroneamente la domanda, la Corte di appello è incorsa nel vizio di omessa pronuncìa, non avendo esaminato e deciso la domanda dei ricorrenti di liquidazione dell'equa riparazione per il periodo di durata del giudizio successivo alla loro costituzione in giudizio quali successori della parte.. I primi due motivi di ricorso, che possono esaminarsi congiuntamente, sono fondati. La Corte di appello ha confermato il provvedimento opposto affermando che la domanda di equo indennizzo era stata proposta dai ricorrenti solo nella loro qualità di eredi e non iure proprio, sicché essi non potevano vantare alcun diritto per la durata del giudizio protrattasi dopo la morte del loro de cuius, originario convenuto. Tanto precisato, appare in particolare fondata la censura di omessa pronuncia. L'acceso diretto agli atti del giudizio, consentito a questa Corte in ragione della natura processuale della nullità denunziata dal motivo per violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato ( Cass. n. 11103 del 2010;Cass. n. 20322 del 2005;Cass. n. 2148 del 2004 ), rivela la sussistenza del vizio denunziato. Dal contenuto del ricorso introduttivo e dell'atto opposizione, infatti, emerge chiaramente che le parti private avevano lamentato l'eccessiva durata dell'intero giudizio, anche quindi delle fasi che sì erano svolte dopo la morte del convenuto ed in cui si erano costituiti, chiedendo la liquidazione di un ammontare che comprendeva tali fasi, come dimostra il riferimento nella domanda alla durata del giudizio di appello, celebratosi dopo l'apertura in loro favore della successione. La considerazione dei fatti dedotti dai ricorrenti a sostegno della loro domanda avrebbe dovuto R.G. N. 6286/2019. per l'effetto prevalere e rendere non decisiva in senso contrario e preclusivo la precisazione fatta dai ricorrenti della loro qualità di eredi del convenuto originario, che era comunque necessaria nel momento in cui essi chiedevano l'equo indennizzo in relazione all'intera durata del giudizio, quindi anche per il periodo antecedente la morte del loro de cuius. In tema di qualificazione ed interpretazione della domanda giudiziale questa Corte ha avuto d'altra parte in più occasioni precisato che il giudice di merito, nell'esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, non è condizionato dalle espressioni adoperate dalla parte ma deve accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa, quale desumibile non esclusivamente dal tenore letterale degli atti ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla medesima parte e dalle precisazioni da essa fornite nel corso del giudizio, nonché dal provvedimento in concreto richiesto ( Cass. n. 13602 del 2019;Cass. n. 19435 del 2018;Cass. n. 17991 del 2018). Il terzo e quarto motivo del ricorso, che denunziano, rispettivamente, violazione e falsa applicazione degli artt. 470 e 490 cod. civ. e dell'art. 92 cod. proc. civ. in tema di regolamentazione delle spese, si dichiarano assorbiti. Il decreto impugnato va pertanto cassato in relazione al primo e secondo motivo e la causa rinviata alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese di giudizio.
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