Cass. pen., sez. VI, sentenza 16/11/2021, n. 41750

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 16/11/2021, n. 41750
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 41750
Data del deposito : 16 novembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Messina avverso la sentenza emessa dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Messina il 06/11/2020 nel procedimento penale nei confronti di C G, nato a Siracusa il 14/08/1979 udita la relazione svolta dal Consigliere, P S;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, che ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata;
lette le conclusioni dell'avv. N R, difensore della parte civile- Ordine degli Avvocati di Siracusa, che ha chiesto che sia dichiarato inammissibile il ricorso degli imputati;
lette le conclusioni degli avv.ti M F e A G, difensori di G C, che hanno concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, rigettato, e, in subordine, che la sentenza sia annullata solo limitatamente al capo C);

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Messina, riconosciuta la continuazione tra i reati oggetto del presente procedimento e quelli già giudicati con sentenza n. 342 del 2019 emessa dal Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Roma, ha applicato a C G la complessiva pena di tre anni e otto mesi di reclusione. G C è imputato, in concorso con P A, di molteplici fatti di corruzione in atti giudiziari nei riguardi di G L, magistrato in servizio presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Siracusa, e di M G, magistrato in servizio presso il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia, nonché di numerosi reati di falso in atto pubblico, di corruzione di associazione per delinquere, di tentata concussione, di rivelazione di segreti d'ufficio, di accesso abusivo a sistema telematico, di tentata induzione indebita a dare o premettere utilità, di violenza o minaccia a pubblico ufficiale e illecito finanziamento al gruppo politico denominato ALA. In particolare, quanto a quest'ultimo reato, a C si contesta, in concorso con P A, di aver corrisposto all'allora Parlamentare della Repubblica Denis V, coordinatore del gruppo politico ALA, la somma di 300.000 euro;
tale dazione, secondo l'imputazione, sarebbe stata eseguita "predisponendo in tal modo un canale di comunicazione tra A e V, utilizzato dal primo al fine di sollecitare un interessamento di V per la nomina di M G quale componente del Consiglio di Stato, che il V poneva in essere, intervenendo in una procedura in atto che portava alla indicazione in sede di consiglio del Ministri dello stesso M, che non veniva nominato a causa di rilievi disciplinari mossi nei suoi riguardi in sede di valutazione della proposta di nomina da parte del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, nonché al fine di sollecitare un intervento di V sul C.G.A. nel contenzioso amministrativo che coinvolgeva la società Open Land s.r.l." (così l'imputazione;
il capo è quello C) del procedimento n. 2932/18 RGNR).

2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Messina che, evidenziata l'incongruità della pena applicata, ha articolato un unico motivo con cui deduce la violazione dell'art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen. quanto alla qualificazione giuridica del fatto oggetto del capo di imputazione relativo all'illecito finanziamento, di cui si è detto. Dalla stessa struttura del capo di imputazione, argomenta il Procuratore ricorrente, emergerebbe come le somme corrisposte non siano state versate per finanziare il partito che a V faceva riferimento, ma per ottenere in cambio l'intervento del parlamentare in favore di M e, quindi, per compiere atti contrari a suoi doveri di parlamentare;
dunque, una corruzione propria o una corruzione per l'esercizio della funzione.

3. Sono stati depositati motivi nuovi con cui si ripercorrono i fatti al fine di evidenziare il nesso di corrispettività tra la dazione dei 300.000 euro e l'attività favoritrice di V. 4. È stata depositata una memoria nell'interesse dell'imputato. Il Tribunale avrebbe "rispettato" il giudicato formatosi sul "patteggiamento" richiesto e ottenuto dal coimputato A, in cui si era convenuto sulla qualificazione giuridica del reato contestato al capo di imputazione in esame;
si evidenzia come la Sesta Sezione della Corte, con la sentenza n. 9930 del 4.2.2020, ha rigettato il ricorso proposto da A avente ad oggetto lo stesso fatto per cui è stato proposto il ricorso in esame. Si assume che il giudicato formatosi sulla posizione del coimputato sarebbe intangibile ed il Giudice per l'udienza preliminare, che ne era al corrente, non avrebbe potuto discostarsene;
la stessa Procura della Repubblica, con riguardo alla posizione processuale di A, non aveva proposto impugnazione avverso la sentenza emessa nei confronti di questi. Sotto altro profilo il ricorso sarebbe inammissibile per non avere il Procuratore Generale contestato la illegalità della pena ma la sua "entità morale". Sotto ulteriore profilo si deduce l'inammissibilità del ricorso perché, in ragione della giurisprudenza secondo cui il ricorso per cassazione avverso una sentenza di applicazione di pena è ammissibile per erronea qualificazione del fatto solo in caso di errore manifesto, nel caso di specie il dedotto errore non sarebbe manifesto. Si ripercorre il testo della imputazione e si evidenzia come in essa non sarebbe descritto un rapporto sinallagmatico tra la dazione illecita del privato e l'atto del pubblico agente;
si tratterebbe dunque di un fatto la cui qualificazione sarebbe al più opinabile. Si aggiunge che la condotta di corruzione di cui il Procuratore ricorrente si duole sarebbe in sostanza quella contestata al capo A), per il quale pure la pena è stata patteggiata. Con il capo A), in particolare, si è contestato il reato di corruzione in atti giudiziari;
M, per compiere una serie di atti, si sarebbe fatto corrispondere da A e C la somma di 115.039 euro e avrebbe fatto proporre al Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa la propria nomina a Consigliere di Stato da parte di Denis V per il tramite dello stesso A. Dunque, un fatto corruttivo che, secondo l'imputato, comprenderebbe anche il segmento relativo al finanziamento illecito in favore di V;
si afferma inoltre che se il Procuratore avesse contestato per il capo C) il reato di corruzione, questa sarebbe stata assorbita nel reato più grave di cui all'art. 319 ter cod. pen. contestato al capo a);
né V avrebbe potuto essere chiamato a rispondere di concorso nella corruzione di cui al capo A) perché la sua partecipazione all'accordo corruttivo non è stata ipotizzata e se il Pubblico Ministero avesse ipotizzato un concorso di V nel fatto corruttivo in questione avrebbe dovuto impugnare detto capo. Sotto ulteriore profilo si assume che l'eventuale annullamento della sentenza per il capo C), non potrebbe comunque produrre effetti sugli altri capi di imputazione e dunque la sentenza dovrebbe al più essere annullata solo per il Capo in questione.
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