Cass. pen., sez. V, sentenza 09/06/2023, n. 25098
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: LOPARCO LEONARDO nato a BARI il 09/06/1945 avverso l'ordinanza del 15/09/2022 del TRIB. LIBERTA' di BARI udita la relazione svolta dal Consigliere RENATA SESSA;lette/sentite le conclusioni del PG KATE TASSONE Il Proc. Gen. conclude per il rigetto come da requisitoria in atti. udito il difensore L'avvocato G insiste affinché la Corte annulli l'ordinanza impugnata. RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale di Bari, in funzione di giudice di appello ex art. 322-bis - 310, cod. proc. pen., rigettava l'istanza avanzata da L L avverso l'ordinanza emessa in data 17.05. 2022 del Tribunale di Bari, nella parte in cui aveva rigettato la richiesta di revoca del decreto di sequestro preventivo emesso in data 16.06.2014 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari nel procedimento in cui il ricorrente era orginariamente indagato del reato di appropriazione indebita di cui agli artt. 81, 110, 646 cod. pen., ed è ora imputato del reato di bancarotta fraudolenta, in concorso ex artt. 110 cod. pen., di cui agli artt. 216 co. 1, prima parte, 216 comma 3 e 219 commi 1 e 2. n. 1), 223 co. 1 e 2 R.D. 16 marzo 1942 n.267. In particolare, il vincolo reale, per quanto concerne la posizione del suddetto ricorrente, ha riguardato, nella forma del sequestro preventivo impeditivo, le quote sociali della Court Estate S.r.l., appartenenti a Lparco ed alla L2 Costruzioni Lparco S.r.l., riconducibili al predetto Lparco, e, nella forma del sequestro preventivo finalizzato alla confisca del denaro, titoli, conti correnti, sottratto alla società e al fisco per euro 2.351.000,00, nonché nella forma del sequestro per equivalente, ai sensi dell'art. 1 comma 143 della legge n. 244 del 24 dicembre 2007. 2. Avverso l'indicata ordinanza ricorre per cassazione L L, a mezzo del proprio difensore di fiducia, lamentando, con l'unico ed articolato motivo di ricorso ;violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, 546 lett. e), 178 lett, b) e c), 321 co. 1 e 3-ter, 322, 322-bis e segg., 649 cod. proc. pen., 646 cod. pen., 216, 223 R.D. 16.03.1942 n. 267 e art. 4 D.Igs. n. 74/2000, art. 40 cpv. cod.p. La difesa anzitutto rappresenta che, in sede di gravame, non deduceva un motivo attinente alla rivisitazione del quadro di giudizio corrispondente al fumus commissi delicti, lamentando piuttosto l'insussistenza di un valido ed autonomo titolo cautelare idoneo a coprire di per sé la nuova imputazione di bancarotta fraudolenta, così come modificata dal Pubblico ministero, una volta caducatasi l'originaria imputazione di appropriazione indebita a cui era funzionalmente collegato il provvedimento genetico di sequestro;il sequestro preventivo è quindi relativo ad una fattispecie di reato non più contestata all'imputato che non può considerarsi assorbita nella nuova ipotesi di bancarotta distrattiva, per la cui configurabilità sono richiesti ulteriori e specifici requisiti, sicché il decreto di sequestro non può che ritenersi caducato, potendo al più essere riemesso nuovo provvedimento di sequestro in relazione alla nuova fattispecie di reato, implicante rinnovato, necessario, vaglio quanto ai presupposti che lo legittimano.Richiamando la giurisprudenza di legittimità in ordine al potere del Giudice di applicazione della misura cautelare reale in questione, si ritiene che, nel momento in cui nello scenario processuale, come nel caso di specie, il fatto di reato sulla cui base viene applicata la misura cautelare in questione scompare, si caduca automaticamente il sequestro preventivo che su di esso si fonda. Non può dunque condividersi la motivazione contenuta nel provvedimento impugnato secondo cui il Pubblico Ministero si sarebbe limitato a mutare la qualificazione giuridica del fatto senza intaccare l'identità ed il contenuto della condotta storica così come inquadrata nel decreto originario di sequestro, avendo egli, contestando la nuova fattispecie, piuttosto sconvolto l'originaria fisionomia ed identità contenutistica del provvedimento impositivo della misura reale. In sostanza, il Tribunale ha errato nel ritenere sussistente una coincidenza e sovrapponibilità naturalistica e giuridica tra le due fattispecie di reato tanto da giustificare la sopravvivenza del decreto di sequestro una volta mutata la fattispecie di reato nella diversa previsione di cui agli artt. 216 e 233 Legge fall.;indi si passano in rassegna gli elementi fattuali che si assumono differenzianti le due fattispecie. Tra gli errori di diritto in cui è incorso il Tribunale, vi è anche quello che non ha considerato che il ricorrente non rivesta neppure una delle qualità funzionali tipiche di cui "all'art. 2 (y Legge fallimentare, essendo amministratore della diversa società Court Estate sz.l. e semplice socio della Kentron s.r.l. e quindi privo di effettivi poteri di gestione. Da ultimo, si rappresenta, altresì, che il Tribunale è incorso nell'ulteriore errore di diritto, rinvenibile nelle pagine 6 e 7 dell'ordinanza impugnata relativamente ai principi, presupposti e limiti che regolano il sequestro preventivo e la confisca per equivalente. Invero, i reati a cui accede la confisca per equivalente ed il relativo sequestro per equivalente, costituiscono un numero chiuso, insuscettibile di interpretazione estensiva ed analogica, nel quale non rientra la condotta distrattiva di cui agli artt. 216 e 223 Legge fallimentare. Né potrebbe sopperirsi diversamente all'errore, essendo macroscopicamente viziata la motivazione del provvedimento impugnata nella parte in cui collega il mantenimento del vincolo alla imputazione di carattere fiscale, relativa all'omesso versamento dell'IVA: difatti, in sede di rinvio a giudizio, e dunque al momento della modifica del capo di imputazione, il Pubblico ministero non ha riproposto il reato di omesso versamento dell'IVA;trattasi dunque di fattispecie che esorbita dal perimetro della nuova imputazione e che non è atta a sorreggere il sequestro per equivalente. In ogni caso, pur accedendo alla diversa ricostruzione del giudice di merito, rimane indiscutibile che il reato ex art. 4 D.Igs.74/200 - consumato nell'anno 2010 - si è già prescritto e non potrebbe comunque giustificare la protrazione del vincolo reale cautelare.
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